Caso Bellolampo, nuovo caos rifiuti | Camion verso Catania e Siculiana - Live Sicilia

Caso Bellolampo, nuovo caos rifiuti | Camion verso Catania e Siculiana

La discarica di Bellolampo

I 57 Comuni che fino a oggi conferivano nella discarica palermitana, dal primo ottobre per due settimane dovranno utilizzare altri impianti. E' solo l'ultimo capitolo di una storia di emergenze, ritardi, veti incrociati, sospetti e veleni: quella del sistema rifiuti in Sicilia. Finita oggi in commissione Antimafia.

PALERMO – Dal primo al 15 ottobre i Comuni di Termini Imerese, Cefalù, Trabia e Bagheria conferiranno i rifiuti non a Bellolampo ma a Catania. Gli altri 53 Comuni che per lo stesso periodo non potranno conferire nella discarica palermitana, utilizzeranno quella di Siculiana. Lo dispone un’ordinanza del dirigente generale del dipartimento Rifiuti Domenico Armenio firmata oggi pomeriggio.

La notizia dello stop al conferimento nella discarica palermitana per 57 Comuni era arrivata ieri. Quella di Bellolampo è la classica bomba a orologeria. Nella discarica palermitana cinque vasche sono sature. La sesta viene ancora utilizzata. Non solo da Palermo ma anche da 57 comuni dell’hinterland, che da domani in base all’ordinanza, dovranno scaricare altrove, almeno per le prossime due settimane. Prima di riaprire Bellolampo agli altri comuni, infatti, bisognerà realizzare i lavori di “capping”, una copertura che evita che con la pioggia si formi il percolato. “I lavori di capping nella discarica di Bellolampo si concluderanno entro la metà di ottobre e pertanto potrà riprendere il conferimento regolare”, ha fatto sapere ieri la Rap. La Regione, pertanto, è dovuta correre ai ripari, smistando altrove i rifiuti dei comuni della provincia. Intanto, proprio oggi il dipartimento Rifiuti ha consegnato a Bellolampo l’impianto di “tmb” (trattamento meccanico biologico): costato 22 milioni serve a mandare in discarica rifiuti meno inquinanti. “La Regione – commenta l’assessore Vania Contrafatto – ancora una volta si è dimostrata all’altezza del compito, adesso tocca ai Comuni fare la propria parte fino in fondo operandosi per rendere la raccolta differenziata una realtà e non solo un obiettivo”.

Alla base, infatti, a Bellolampo come altrove, c’è il problema dei problemi. In Sicilia va tutto o quasi in discarica. E il ritmo del conferimento è tale che i rifiuti molto presto non si saprà più dove metterli. La raccolta differenziata nell’Isola viaggia su percentuali del 10 per cento. Siamo lontani anni luce dall’obiettivo del 65 per cento. Il professore Aurelio Angelini, docente di sociologia dell’ambiente all’Università di Palermo, ha calcolato un tasso annuo medio di crescita della differenziata pari allo 0,7%. Il che, scriveva qualche mesa fa La Sicilia, vuol dire che a questi ritmi si raggiungerebbe l’obiettivo di legge del 65% di raccolta differenziata tra circa 100 anni. Il collasso delle discariche, purtroppo, arriverà molto prima.

Per accelerare sulla raccolta differenziata più volte si è discusso di introdurre un sistema che incentivi i Comuni. Sistema che al momento non c’è. E questo malgrado qualsiasi politico, elencando le fantomatiche riforme da approvare, inserisca sempre la parola rifiuti nell’elenco. Ma di rifiuti si parla, si sparla, senza mai decidere. Come per i termovalorizzatori. Roma propone di realizzarne due grandi nell’Isola, la Regione rilancia con la controproposta di farne sei con impatto ambientale minore. Gli impianti brucerebbero la parte del rifiuto non riciclabile, alleggerendo quindi le discariche. Il confronto con la capitale è aperto, i 5 Stelle sono già sul piede di guerra – la parola inceneritore mette da sola i brividi a un certo ambientalismo -, e intanto il tempo passa.

Il caso Bellolampo è solo l’ultimo capitolo della tragedia a puntate dei rifiuti in Sicilia. Un sistema fatto di ritardi, disastri e veleni. Una perenne emergenza figlia di scelte, o meglio di non scelte, scellerate. Di veti e sospetti incrociati. E di interessi, grassi come la mole di denaro che gira attorno alla munnizza siciliana.

L’unica certezza è che le (poche) discariche continuano a ingrassare e fagocitare rifiuti. Quasi seimila tonnellate al giorno. Un grande business per i privati, con un inevitabile fiume di veleni e sospetti e anche con l’ombra della criminalità organizzata a gravare sul sistema. Proprio oggi l’assessore regionale Vania Contrafatto è stata ascoltata per due ore dalla commissione Antimafia dell’Ars. “Abbiamo discusso – ha dichiarato il presidente dell’Antimafia Nello Musumeci – di un sistema privo di regole, in assenza di qualsiasi pianificazione, e perciò vulnerabile alle infiltrazioni di aziende vicine ad ambienti malavitosi. Alle pesanti responsabilità dei governi regionali si aggiungono quelle di alcuni sindaci, piegatisi a logiche di clientela e di spregiudicato affarismo”. Sindaci conniventi ma anche sindaci minacciati, in questo scenario inquietante, raccolto nei mesi scorsi anche dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che a Catania sei mesi fa ha sentito gli amministratori vittime di minacce o indebite pressioni, che hanno raccontato il clima intimidatorio che vivono in alcuni territori della provincia di Catania. Anche all’Ars si vorrebbe istituire una commissione d’indagine, ma oggi la mozione non si è potuta discutere in Aula (non c’era il governo). Un tale groviglio di sospetti, veleni, interessi e battaglie ideologiche ha partorito negli anni un monumentale immobilismo. Il cui conto salatissimo grava, lo ha ricordato di recente la Corte dei conti, sulle tasche dei siciliani.

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