Fa discutere la vicenda del Castello di Falconara, pubblicato da LiveSicilia alcuni giorni fa. L’articolo in questione, dal titolo Manlio Mele (Pd): “Si fermi lo scempio del Castello di Falconara”, è stato contestato in alcune parti da Giuseppina Incorvaia che, in qualità di proprietaria della maggior parte dell’area su cui sorgeva il Lido Sorriso, ci ha scritto per fornire i suoi chiarimenti su alcune affermazioni ritenute errate.
“La struttura non era abusiva”
La prima parte di testo è la seguente: “…Il budget del capitolo servirà all’Assessorato BB. CC. per bandire l’unica gara d’appalto, forse mai fatta in precedenza, per abbattere un “ecomostro” come recita il documento redatto dall’Assessorato, posto lungo la spettacolare costa di Butera all’interno del Parco dei Principi di Butera e all’interno del giardino trecentesco del meraviglioso Castello di Falconara.”
Desidero chiarire quanto segue: Mele definisce “ecomostro” – un termine che indica un manufatto per lo più abusivo che deturpa l’ambiente – una struttura (“Lido Sorriso” era il suo nome) che, nella realtà documentata, non era abusiva e che, per motivi estranei alla volontà e alla responsabilità dei legittimi proprietari, aveva subito un degrado su cui gli stessi potevano benissimo intervenire con opere di ristrutturazione. Per motivi sui quali non è la sede opportuna addurre da parte mia alcuna valutazione, ai proprietari non fu possibile iniziare e portare a termine un progetto di ristrutturazione, programmato e “finanziato”, per la costruzione di un Hotel a cinque stelle che intendeva offrire al territorio opportunità di ricezione turistica, di occupazione e di sviluppo.
“Non è un atavico scempio”
Il Lido Sorriso non era “posto” … “all’interno del Parco dei Principi di Butera e all’interno del giardino trecentesco del meraviglioso Castello di Falconara”, ma edificato, in piccola parte, su una porzione del demanio, per la rimanente parte, su proprietà privata, entrambe non erano all’interno di alcun parco o giardino. La seconda parte di testo è la seguente: “La Regione Siciliana volle porre fine ad un atavico scempio che perdurava nei decenni”.
Desidero chiarire quanto segue: il termine “atavico scempio” è errato e improprio poiché riferito a un posto che, regolarmente edificato nel 1957 e dotato di tutte le regolari licenze (bar, albergo, ristorante) per ben tre decenni, fino agli anni ’90 è stato legalmente funzionante, meta turistica di rispettabilissime famiglie dell’agrigentino, del nisseno e dell’ennese, ha dato lavoro a centinaia di persone. Forse sarebbe bene definirlo “storico”, visto che a inaugurarlo furono autorità del mondo istituzionale e politico della Regione Sicilia, che ospitò personaggi famosi del mondo dello spettacolo e del cinema, che ha dato lustro al turismo di due province e le cui foto – forse fatto meno importante ma certo significativo – apparivano in cartoline che hanno fatto storia.
La proprietà del suolo
La terza parte di testo è la seguente: “Nel 2019 infatti l’Arta, tramite opportuno bando, dispone l’assegnazione in concessione dei beni immobili di proprietà della Regione Siciliana. Incredibile ma vero tra questi beni l’Arta metterà a bando con il Lotto 2 il bene dichiarato praticamente abusivo ed ‘ecomostro’ sostanzialmente da abbattere”.
Desidero chiarire quanto segue: in qualità di legittima proprietaria del suolo su cui sorgeva gran parte del Lido Sorriso, compresa la via di accesso che dalla strada provinciale porta alla struttura, ritengo errata e impropria l’affermazione “beni immobili di proprietà della Regione Siciliana … tra questi … il bene dichiarato praticamente abusivo ed ‘ecomostro’ sostanzialmente da abbattere”. Il bene, a cui si riferisce Mele, non appartiene alla Regione siciliana, la cui proprietà ricade soltanto su una piccola parte dell’intera struttura, per la quale i proprietari avevano sempre pagato regolare concessione demaniale.
Come proprietaria dell’area dove sorgeva il Lido Sorriso, con esclusione di una piccola parte per la quale veniva regolarmente pagata la concessione demaniale, sono direttamente coinvolta nella vicenda a cui fanno riferimento le affermazioni riportate nell’articolo. Per correttezza, chiedo cortesemente che venga pubblicato questo mio comunicato a chiarimento dell’articolo in questione.