Catania, Antimafia: cinque anni di inchieste - Live Sicilia

“Abbiamo lasciato una traccia, stufi delle liturgie del dolore”

Il confronto tra Claudio Fava e Nicola D'Agostino
COMMISSIONE ANTIMAFIA
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Non hanno rimpianti Claudio Fava e Nicola D’Agostino. Le dodici relazioni dell’Antimafia regionale sono una “traccia” – anzi un’eredità – che resta a disposizione “di chi arriverà dopo”.  È tempo di fare il bilancio dei “cinque anni di inchieste” a cui la Commissione ha lavorato da quando si è insediata. Dallo scandalo Montante, all’attentato Antoci, al doppio lavoro sul depistaggio di Via D’Amelio, al sistema dei rifiuti e della sanità, alle devianze minorili alla gestione dei beni confiscati. Oggi sono state approvate a Palermo le relazioni sull’Ast e sugli incendi dolosi. L’ultimo atto per il presidente Claudio Fava che ha poi rimesso si è dimesso per poter (serenamente) affrontare il nodo primarie del centrosinistra in vista della candidatura a governatore siciliano.

Ad Aci Castello, alla Baia Verde, si è svolto un confronto tra Fava e D’Agostino moderato dal giornalista Mario Barresi: “Ci sono due esponenti politici che giocheranno la partita delle regionali in due squadre diverse, D’Agostino è stato l’ispiratore materiale di almeno un paio di relazioni, quella sui beni confiscati, sull’attentato ad Antoci e chi ha lavorato con questa Commissione sa che non è stato facile entrare in argomenti sensibili”. I temi affrontati dall’Antimafia regionale in alcune occasioni hanno fatto storcere il muso anche alla magistratura (l’inchiesta sull’attentato Antoci). “Rischi calcolati”, riconosce Fava pungolato da Barresi. “Non avrei mai potuto fare un resoconto del lavoro di questa Commissione senza Claudio Fava. Abbiamo svolto questo lavoro insieme, con fiducia reciproca e condividendo le nostre competenze. Questa è una pagina di buona politica”, ha detto D’Agostino glissando ogni tentativo di rompere l’idillio quasi “da libro cuore”. 

Il dibattito, con qualche parentesi quasi obbligata alle scadenze elettorali (con Palermo e la questione morale in prima linea), si è concentrato sui risultati delle inchieste. “I casi Montante e Antoci hanno svelato “le ipocrisie dell’antimafia militante”; quelle su Borsellino hanno evidenziato “i depistaggi e i comportamenti ingiusticabili di apparati statali”; sulla Sanità e sul Ciclo dei rifiuti sono state rivelate” le debolezze della politica e degli apparati amministrativi”; su Scicli, comune sciolto per mafia, è emerso “un quadro desolante e superficiale che ha condotto ad un ingiusto scioglimento del Comune con i protagonisti dichiarati tutti innocenti”; sui Beni confiscati è stata registrata “l’esistenza di un ingente patrimonio abbandonato a se stesso a causa dei limiti della legge, delle fragilità organizzative e della farraginosità di alcune procedure”. 

La Commissione regionale Antimafia ha potuto “indagare” senza gli stretti corridoi dell’autorità giudiziaria. L’obiettivo non è quello di configurare reati, ma sollevare domande e cercare di dare verità. “Noi abbiamo lavorato per lasciare un’impronta”, hanno detto Fava e D’Agostino. E (l’ormai ex) presidente ha aggiunto: “Sono stufo di affidare la memoria alle messe cantate. Io non voglio più prestare la mia anima e alla mia faccia alle liturgie del dolore. Noi abbiamo lasciato una traccia”

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