Catania, l'Etna e i suoi gioielli: la Grotta del gelo - Live Sicilia

L’Etna e i suoi gioielli: la leggendaria Grotta del gelo

Il racconto di Enzo Crimi già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio. (Foto di Tony Carmeni)
UN AFFASCINANTE E INCONSUETO VIAGGIO
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8 min di lettura

CATANIA. La Grotta del Gelo è sicuramente la cavità di origine vulcanica più conosciuta dell’Etna, si è formata a circa 2040 metri sul livello del mare, sul versante nord-occidentale dell’Etna, in territorio di Randazzo, ed ha uno sviluppo di circa 125 metri e un dislivello di metri 30 circa. La sua formazione avvenne verosimilmente verso la prima metà del XVII secolo, cioè qualche decina di anni dopo la fine dell’eruzione che in diverse fasi e per 10 anni circa (1614-1624) interessò il versante settentrionale dell’Etna e creò l’immensa spianata lavica a corde dei “Dammusi”, che costituisce lo straordinario prodotto di questo evento che ha modellato l’orografia di questo immenso territorio etneo, in perenne movimento e mutamento. La grotta si formò a monte e si apre precisamente nella parte iniziale di questa famosa colata lavica, dunque, essa rappresenta un caratteristico esempio di cavità ipogea originata da meccanismi eruttivi, essendo stata prodotta dal parziale svuotamento di una colata lavica, ed è abbastanza singolare per la notevole ampiezza che supera quella media delle comuni grotte laviche. Si tratta di una grotta di scorrimento lavico che segue un processo evolutivo che ha origine dalle colate laviche, le quali scorrendo lungo le pendici del vulcano, alle volte si creano dei percorsi per così dire paralleli. La parte esterna, in quanto a contatto con l’atmosfera, tende a raffreddarsi e a solidificarsi prima, mentre il flusso lavico all’interno della colata mantiene il suo calore e continua a scorrere come in una galleria, sino a quando viene alimentato. Quando la colata incomincia ad estinguersi e pertanto il flusso non riceve più propulsione, la condotta si svuota e appunto, lascia il posto ad una grotta di scorrimento lavico.

Seppur non possiamo considerarla molto antica, sin dalla sua formazione, la Grotta del Gelo ha rappresentato un intrecciato motivo di studio antropico, storico ed anche geologico, dell’intrigante mondo ipogeo e del suo lento ed incessante scorrere del tempo. Un affascinante ed inconsueto viaggio all’interno delle recondite profondità, immersi in un silenzio magico, laddove in piena estate il ghiaccio cede il posto ad incantate ombre che si incontrano e si confondono in un gioco sempre nuovo ma occulto, che profuma di misterioso e arcano, ma che ogni piccola disattenzione può trasformarsi in rischiosa trappola. Il suo nome è la sua notorietà, sono dovuti alla sua caratteristica di mantenere, se le condizioni climatiche sono propizie, una gran massa di ghiaccio al suo interno per quasi tutto il periodo dell’anno, ciò dovuto alla neve che viene spinta dal vento al suo interno facilitata dalla lieve inclinazione del suolo, alle infiltrazioni dell’acqua che si congela per le temperature fredde e al difficile scambio termico con l’ambiente esterno. Con queste condizioni climatiche, la massa glaciale, trovando condizioni di temperatura più favorevoli, ha eseguito una traslazione sul fondo della grotta dove mantiene il suo spessore, rendendo a periodi impraticabile il cunicolo finale. Per visitarla in primavera, si procede con l’utilizzo di attrezzatura alpinistica tra cumuli di neve presenti sin dall’inizio della galleria e attraverso stallatiti di ghiaccio pendenti dalla volta e un scivoloso strato di ghiaccio, si arriva ad un piccolo ambiente pianeggiante coperto da uno tappeto di ghiaccio cristallino, dal quale traspaiono grossi massi incastonati al suo interno. Da questo si dipartono due gallerie “rivestite” dal ghiaccio invernale: la prima diventa quasi subito impraticabile a causa della gran massa di ghiaccio, la seconda, più ampia, si sviluppa interamente all’interno del ghiacciaio direzione sud e verso l’uscita. Attualmente la Grotta del Gelo non gode di ottima salute. Infatti, mentre all’inizio della sua formazione il ghiaccio della cavità raggiungeva uno spessore di circa 2 metri, in questi ultimi anni il ghiaccio al suo interno si assottiglia sempre di più, tanto che a estate inoltrata ne rimane pochissimo e pertanto, essa perde un pò del suo fascino. Ciò è dovuto probabilmente alle variazioni climatiche che stanno interessando il nostro pianeta, alle temperature meno rigide e nevicate sempre meno abbondanti, ai numerosi movimenti sismici del terreno che creano infiltrazioni d’aria che indeboliscono le proprietà coibenti della grotta e non ultimo, al disordinato afflusso dei visitatori che ovviamente non andrebbe vietato ma certamente regolamentato. 

Anticamente utilizzata dai pastori per abbeverare il gregge, la Grotta del Gelo oggi è meta ambita dell’escursionismo etneo. Infatti, l’affascinante spettacolo offerto dalla visione di un piccolo ghiacciaio rappresentato da un consistente deposito naturale perenne di neve ghiacciata, ha stimolato da sempre la curiosità degli escursionisti che ritengono la grotta, certamente una delle più note delle circa 300 presenti sull’Etna. Sono tantissimi gli itinerari più agevoli per giungere alla grotta, tuttavia, penso che il più suggestivo sia partendo dall’incantevole casermetta forestale di Pirao, che si può raggiungere con l’auto, per proseguire a piedi per qualche chilometro attraverso la pista della “bottoniera” eruttiva del 1981, alla quale fanno da cornice delle bellissime formazioni di specie caducifoglie e ginestra dell’Etna. In lontananza, a valle, le luminose forme stilizzate di Randazzo, fuse con il placido corso del fiume Alcantara e l’estrema propaggine dei Nebrodi. Una sosta in questo luogo è importante, affinché l’escursionista possa rendersi conto della palese minaccia per Randazzo, rappresentata dalle fluidissime emissioni laviche del 1981. In questo maestoso scenario della storia, detentore di suggestive reliquie composte da piccoli crateri, hornitos e nere scie di scorrimento lavico, il viaggiatore dotato di un discreto senso contemplativo può percepire straordinarie e profonde sensazioni di misticismo naturalistico di grande impatto, frutto e testimonianza della potenza e della forza eruttiva del vulcano. Proseguendo lungo la pista forestale verso occidente e superata questa suggestiva e seducente opera architettonica vulcanica della natura, improvvisamente ci si accorge di trovarsi immersi nella rigogliosa faggeta, un ambiente quasi magico, ricco di componenti naturali che soltanto la “Madre Natura” poteva esprimere. Ci si addentra, quasi in punta di piedi e con rispettosa garbatezza, all’interno di un santuario vegetale e dopo qualche centinaio di metri, tra imponenti piante di faggio e qualche esemplare di conifera allogena, si scorge il rifugio di Monte Spagnolo, visita obbligata per tutti i gitanti conoscitori di questo territorio. Una volta ripreso fiato presso il rifugio di Monte Spagnolo, via per un’intrigante lunga e faticosa marcia, infatti, prima di giungere al rifugio, si apre un sentiero verso monte, evidenziato da un cartello indicatore, esso é un pratico imbocco per le passeggiate che portano alla Grotta del Gelo e verso l’estremo limite di vegetazione arborea. Un percorso attraverso un tratto di faggeta naturale pura e i lunari e aspri deserti lavici di alta quota: sono le “Sciare del Follone”, immense colate laviche di diverse epoche. Il percorso é certamente riservato agli escursionisti più esperti, che hanno esperienza con i sentieri lavici dell’Etna. Infatti, non basta amare l’Etna per affrontare questi itinerari, bisogna essere preparati ed esperti camminatori. 

Sin dall’alba del mondo, sappiamo che le grotte, siano esse di origini carsiche, laviche o di altra tipologia, hanno sempre rappresentato dei veri e propri misteri e la storia antica e recente dell’uomo è ricca di fatti inspiegabili e non comuni legati alle grotte. Forme di paure ancestrali dell’irreale collettivo, rappresentate da demoni e spiriti maligni, abitanti delle viscere della terra, si sono intrecciate con le fantasiose storie leggendarie di maghi, divinità, esseri demoniaci, tesori nascosti (truvature) e briganti, i quali, sono stati i veri soggetti di fantastiche vicende. Nelle leggende a sfondo religioso, le grotte divengono teatro di eventi prodigiosi o straordinario ricettacolo che protegge manufatti e sacre immagini, preziose apportatrici di grazia divina. Quindi, nelle menti arcaiche e meno evolute, le grotte erano considerate luoghi sacri e al loro interno poteva avvenire una crescita sia contemplativa e spirituale che fisica o anche la maturazione della saggezza e della consapevolezza. Gli uomini primitivi, al loro interno, alla luce delle torce e, ancora prima, sperimentando e approfondendo il loro rapporto sacro e liturgico con il fuoco, trascorrevano la loro esistenza ed organizzavano la loro vita sociale, in particolare nelle ore notturne, quando praticavano i loro riti tribali e i loro banchetti. Le grotte sono anche delle aperture misteriose in un mondo oscuro e silenzioso e per l’uomo del neolitico, esse rappresentavano una porta d’accesso all’aldilà, ma non era un’aldilà come lo intendiamo oggi, era un mondo spirituale incastonato ed influente nel tessuto della realtà quotidiana. Quando si entrava in questo aldilà, si incontravano strani esseri, si vivevano esperienze particolari e mistiche, era un luogo che ispirava una potente energia, ecco perché spesso le grotte venivano usate anche come luoghi di preghiera arcaica e non di rado, al loro interno si celebravano rituali di sepoltura. Le grotte, quindi, non soltanto sono luogo di ricovero per animali selvatici o ispiratori di miti e leggende, esse sono anche permanenti e gelose guardiane della cultura e delle tradizioni popolari degli uomini antichi. Insomma, la Grotta del Gelo, ampiamente conosciuta dal grande pubblico della montagna, per le sue caratteristiche geomorfologiche ed ambientali, ha rappresentato sempre e raffigura tuttora, quasi un punto di riferimento, per le escursioni  d’alta quota che portano verso la cima del vulcano più alto d’Europa.


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