Ex Italcementi, Di Sarcina: "Qui non si fanno favori ai privati"

Ex Italcementi, Di Sarcina: “Qui non si fanno favori ai privati”

Il presidente dell'Autorità portuale della Sicilia orientale interviene a LiveSicilia sui progetti della cementeria di via Domenico Tempio.

CATANIA – Che l’ex Italcementi di via Domenico Tempio possa avere, potenzialmente, un impatto enorme sulla città di Catania lo sanno tutte le parti coinvolte. Lo sanno gli imprenditori privati che l’hanno acquistato, la famiglia Caruso di Paternò. Lo sanno gli enti pubblici che si sono visti presentare questo progetto. Il cui sbocco economico principale, al di là delle attività ricettive, arriverebbe dall’area retroportuale: un polo logistico intermodale a disposizione del porto di Catania. Un’idea proposta dai privati all’Autorità di sistema portuale della Sicilia Orientale, pochi mesi dopo l’insediamento del nuovo presidente Francesco Di Sarcina. “Ho ricevuto le persone che propongono questo progetto e le ho ascoltate”, dichiara in un’intervista a LiveSicilia. E aggiunge: “Non può diventare un’operazione a beneficio privato, ma vestita come se fosse un beneficio pubblico“.

Chi ha ricevuto, esattamente?
“Sono venute delle persone mandate dai Caruso. Loro, personalmente, non sono venuti a parlarne con me. E poi ricordo il dottore Antonio Pogliese. Io ho detto loro quello che dico anche a lei: io non ho niente in contrario a fare nulla”.

Il progetto del “distripark”, cioè dell’area retroportuale destinata a camion e tir nell’ex cementificio, appare per la prima volta in un documento di programmazione firmato dal suo predecessore, Andrea Annunziata. Le date sono importanti: approvato a marzo 2022, ma redatto nel 2020.
“Era stato redatto nel 2020 poi, a quanto ne so, tra Covid e cambio di normativa, la procedura di approvazione è stata rifatta e si è arrivati al 2022. Il contenuto del documento, però, non è stato cambiato”.

Quindi il ragionamento su quell’area, di fatto, è del 2020.
“Esatto”.

Lei, poi, riprende quel documento di programmazione e dice che l’Autorità portuale sta facendo, in questo momento, delle valutazioni. Lei è d’accordo con quanto fatto dal suo predecessore?
“Nel documento di programmazione quelle aree sono già perimetrate. Aggiungo: l’intermodalità e la logistica sono il futuro dei porti. Non c’è dubbio che anche Catania ne abbia bisogno, come ne ha bisogno Augusta. I poli intermodali e logistici sono necessari. Il problema non è se farli, è come farli”.

E a Catania come vogliono farli?
“Faccio una premessa: io non sono prevenuto nei confronti dell’ipotesi di annessione dell’ex cementificio al porto. Però l’ho subordinata a due condizioni. La prima condizione è che ci sia una condivisione con l’amministrazione comunale perché, al contrario di quello che accade normalmente, sarebbe il porto a entrare nella città anziché la città a entrare nel porto. È una cosa che ha un suo riflesso sulla viabilità e sull’intera organizzazione urbanistica dell’area. Ho bisogno che il nuovo sindaco dica la sua idea, perché io la questione del polo logistico la posso risolvere anche in un altro modo”.

Su questo torniamo dopo. Qual è la seconda condizione?
“Se da una verifica tecnico-economica si scopre che qui non ci sono problemi particolari che rendano l’operazione illogica sul piano economico rispetto a una soluzione alternativa, io la considero una opzione perseguibile. Per questo abbiamo scritto che ci stiamo ragionando. Però non è un ragionamento che può essere chiuso in questa stanza, ma richiede invece una posizione da parte dell’amministrazione comunale. I candidati scriveranno i loro programmi e vedremo come vedranno, se vedranno in qualche modo, l’operazione cementificio”.

E se il nuovo sindaco dirà che sì, l’operazione cementificio è interessante e si deve fare? Come la agganciamo al porto?
“Se dice di sì, andiamo alla fase due. Se io parcheggio lì dei semirimorchi e poi questi semirimorchi per andarsi a imbarcare si devono reintrodurre nella viabilità pubblica, andare alla rotonda, rimanere bloccati dal traffico, costituire essi stessi traffico per la città, rimettersi nel porto e andarsi a imbarcare… Questa roba per me non ha nessun senso. Piuttosto mi amplio il porto, come prioritariamente farei, dal lato della Playa”.

Anche su questo torniamo dopo. Visto che reimmettere i tir nella viabilità urbana non ha senso, a che serve il retroporto senza un legame diretto con il porto?
“La cosa più semplice è quella di fare un collegamento abbastanza largo, almeno quattro corsie di strada, e passare sotto la via Domenico Tempio. A quel punto, però, la recinzione del porto si dovrebbe necessariamente allargare al polo logistico. Non può restare un’isola separata”.

Poniamo che il nuovo sindaco sia d’accordo, che voglia fortemente l’operazione cementificio, e che si possa realizzare una strada sotterranea, il polo logistico con quali soldi si dovrebbe fare?
“E questo è un altro punto. Se io per fare un’area nuova, in mare, dal lato della Playa, devo spendere 15/20 milioni di euro, e invece per realizzare tutto questo con l’ex Italcementi mi tocca spenderne 80… Sa che c’è?”.

Perché i soldi dovrebbe spenderli l’Autorità portuale? Io qui non ho capito un punto di base: un project financing si basa sul fatto che le aree siano pubbliche e i privati ci investono per averne l’uso per un dato numero di anni. Ma quest’area, quella dell’ex Italcementi, è privata.
“Bisognerebbe comprarla. O meglio, espropriarla”.

È quello che le è stato chiesto? Le sono stati proposti l’acquisto o l’esproprio?
“No, non siamo entrati così nel merito. Io sto solo dicendo che se questa cosa va fatta dall’Autorità portuale allora le aree devono essere pubbliche. E la prima cosa che si fa, quando si fanno opere pubbliche, è espropriare ciò che serve. Per me è irrilevante scegliere tra comprare ed espropriare solo a condizione che il prezzo sia uguale. La soluzione alternativa potrebbe essere, eventualmente, di lasciare fuori l’Autorità portuale dall’operazione. Ma magari farci entrare un soggetto che possa volere fornire servizi al porto e che voglia compiere l’investimento a cui gli operatori portuali potrebbero essere interessati”.

Immaginiamo, quindi, una grande società che si occupa di logistica e trasporti su gomma che voglia fare il polo intermodale nell’ex cementificio e poi bussare alla porta degli operatori dei trasporti navali per offrire la sua organizzazione dei tir pronti all’imbarco.
“Esattamente”

Ma così non si potrebbe fare un collegamento diretto, perché un privato non potrebbe avere un suo accesso al porto. E quindi non si risolverebbe il problema del traffico degli autoarticolati che si mischiano con il traffico della città.
“Assolutamente no. Anzi, si complica. Perché se tutta questa massa di mezzi deve andarsi a infilare… Il nuovo sindaco deve capirlo…. Quando sono venuti mi hanno mostrato un progetto, mi hanno proposto anche una opzione di viabilità interna, che passa dall’interno dell’ex cementificio e va fino alla rotonda. Ma non è che sono cose che l’Autorità portuale può sostenere con facilità, perché entriamo nel tessuto urbano e lo modifichiamo radicalmente. E poi non so nemmeno se possiamo metterci i soldi noi in una viabilità che non sia dedicata, bensì mista”.

Mi pare di capire che lei non sia convintissimo di volere mettere soldi da qualche parte che riguardi quell’area.
“Se io devo spendere centomila miliardi di lire (ride, ndr) tra bonifiche, acquisto di terreno, realizzazione di un bypass, strada, tunnel, recinzioni, asfalto, celle frigorifere… Per guadagnare uno spazio che con la metà della metà della metà magari lo faccio direttamente in porto, ecco, francamente ci rifletterei. E, soprattutto, farei sì che il sindaco ci riflettesse. Non c’è nessuna posizione preconcetta, però non può diventare un’operazione a beneficio privato vestita come se fosse un beneficio pubblico. Deve essere un’operazione che ha un reale beneficio pubblico, sennò non è interessante, per me”.

Perché allora, nel Piano operativo triennale, lei dice che le valutazioni non sono concluse?
“Perché sono pronto a rimangiarmi tutto quello che le ho detto dopo avere parlato con il futuro sindaco. Se il futuro sindaco mi dirà che per lui è talmente importante che quell’area si recuperi e che è disponibile a fare una joint venture con l’Autorità portuale, senza che siamo noi soli a metterci i soldi, allora non lo escludo. Capito? Ripeto, la nostra non è una opposizione preconcetta. Abbiamo una posizione interlocutoria. Ma il nostro presupposto non è fare operazioni immobiliari: è fare il bene della città e del porto”.

Torniamo a quello che avevamo lasciato in sospeso. Cioè il fatto che ci sono delle soluzioni alternative, allargando il porto verso la Playa. Come si fa visto che c’è il torrente Acquicella con la sua foce?
“Una delle opzioni potrebbe essere quella, sì. La serpentina con cui l’Acquicella arriva al mare, attraversando la sabbia, è una serpentina voluta. Quello che vorrei fare io è allargare le banchine già esistenti e, superato il sovrappasso della strada, spostare quella famosa serpentina, occupando un altro pezzettino di mare”.

Occhio che su una cosa del genere c’è già stato un processo.
“Io non sto dicendo di passare sopra l’Acquicella, eh. Sto dicendo semplicemente di spostare, magari migliorare, la parte di fitodepurazione che porta il torrente fino al mare. La città ne guadagnerebbe anche un intervento di ambientalizzazione e di miglioramento della condizione attuale. Dobbiamo uscire dalla logica del non si può fare. E comunque l’allargamento vero lo realizzerei in acqua”.

Quella che guarda alla Playa è l’unica opzione che sostituisca l’ex cementificio?
“No. Sarebbe interessante anche fare un ragionamento sui flussi: attualmente i camion arrivano al porto e, magari, i carichi stazionano qui per giorni prima di essere imbarcati. Se si ottimizzassero questi flussi si potrebbe anche pensare di trovare un’area, che non necessariamente deve essere nelle immediate vicinanze del porto, in cui questi carichi vengono stoccati. Pronti poi per essere trasferiti al porto, di notte, subito prima dell’imbarco. Di spazi per fare questo ce ne sono parecchi, forse di soluzioni anche migliori di quella del cementificio ce ne sono molte altre”.

Senta, ma in tutto questo com’è che si libera il porto di Catania dai camion commerciali?
“Si è detto che da quando è stato fatto il sistema portuale con Augusta, Augusta avrebbe mantenuto le parti commerciali e Catania sarebbe rimasto turistico. Chi ha detto queste cose le ha dette in mala fede. Il porto di Catania è classificato come porto commerciale e per questo è sede di Autorità portuale. Cosa possiamo fare? Possiamo ottimizzare le attività commerciali tra i due porti e lo stiamo facendo. Con i container, non con i traghetti. Col il commissario Zes stiamo progettando una viabilità di deflusso dal porto verso l’autostrada che sia indipendente dalla viabilità ordinaria. Se si facesse una cosa del genere, ed è stato chiesto un finanziamento per la progettazione, tutti i camion destinati al porto di Catania non entrerebbero in città. E quindi la città non se ne accorgerebbe. E si potrebbero creare dei polmoni di stoccaggio provvisori anche a cinque chilometri di distanza dal porto”.

E torniamo al punto di partenza sul polo Ex Cem. Mi ricorda quando scade il suo mandato?
“Tra tre anni. Pensa che me ne andrò prima?”.


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