CATANIA – Arriva il momento della verità al processo per la morte di Agata Scuto. Ventiduenne disabile, è scomparsa nel nulla il 4 giugno del 2012. Da quel giorno, salvo un paio di teorici avvistamenti, non se n’è saputo più nulla. Ora arriva l’ora della sentenza, in programma la prossima settimana. Il caso ha fatto il giro delle cronache nazionali. Ha suscitato clamore e inorridito mezza Italia.
Il caso
Da una parte lei, una ragazzina indifesa. Dall’altra il suo patrigno, l’anziano Rosario Palermo. Un uomo definito “rozzo” dal suo stesso legale, l’avvocato Marco Tringali, in aula durante l’arringa e che è stato coinvolto in diverse tresche amorose: padre, per sua stessa ammissione, di 8 figli. Ma ne ha riconosciuti solo sei.
L’accusa
Secondo la Procura di Catania, Palermo avrebbe avuto una relazione sessuale con la figliastra. E l’avrebbe messa incinta. Questo sarebbe stato il movente del delitto. Per non provocare uno scandalo, in pratica, Palermo avrebbe deciso di farla sparire. A tradirlo poi per l’accusa sarebbe stata la sua coscienza, dato che viene intercettato mentre parlando da solo sembra ammettere, in qualche modo, la propria responsabilità. Per questo il pm Francesco Puleio ha chiesto l’ergastolo.
La difesa
Per il suo legale, invece, non è andata affatto così. A metà dicembre l’avvocato Tringali ha preso la parola in aula per l’arringa. Dinanzi ai giudici si è pronunciato per la non colpevolezza del suo assistito chiedendo l’assoluzione del suo assistito. La difesa ha contestato tutte le accuse, a cominciare dal movente. Palermo, in pratica, non avrebbe avuto nulla da temere da un eventuale scandalo. E quelle intercettazioni per la difesa non proverebbero nulla.
La sentenza
Il corpo della povera Agata inoltre non è stato mai trovato. La difesa inoltre ha ipotizzato in aula possibili moventi alternativi. Ma il verdetto, ovviamente, spetterà alla Corte d’assise catanese, che si pronuncerà la prossima settimana. Prima però è in programma una replica dei pubblici ministeri all’arringa del difensore. Se l’accusa rinunciasse, la Corte entrerebbe immediatamente in camera di consiglio.