Catania, una città sospesa

Catania, una città sospesa

La data odierna segna una scadenza nel corto circuito politico-istituzionale che non conosce cronologia. In una città che urla un dolore che nessuno sa più vedere.

CATANIA. Le cinque giornate di Catania. Ma da raccontare (per fortuna) non c’è di alcun colpo di mortaio o di allestimenti di barricate.
Più semplicemente, scadono oggi i cinque giorni che la Regione, seguendo i termini imposti dalla legge, ha concesso al Commissario straordinario di Palazzo degli elefanti, Federico Portoghese, per presentare quelle controdeduzioni necessarie a far rientrare ciò che ad oggi si prospetta essere come la revoca al mandato.

Cinque giorni oggi, dunque. Un lasso di tempo che rischia di divenire un atto (e un fatto) puramente formale con gli Uffici regionali palermitani che avrebbero già pronto il Decreto di revoca del Commissario.
I bene informati parlano di un Portoghese che avrebbe già liberato delle sue cose l’ufficio di Palazzo degli Elefanti: tuttavia, lo stesso Commissario rimarrebbe al timone del Comune di Catania per tutti quegli atti indifferibili e urgenti. Insomma: l’ordinarietà. Senza poter sottoscrivere atti che impegnino chi verrà dopo per i mesi successivi.


Ed il prologo vero e proprio della questione sta proprio qua. Qualora giungesse la revoca dell’incarico, sarebbe quantomai opportuno che arrivasse anche la contestuale nomina di un nuovo Commissario per non paralizzare ulteriormente una città già nel limbo.
Una città che vive una fase di stallo che non conosce cronologia e precedenti. Incastrata nel vortice di una pericolosissima incertezza.


Tutto questo lo diciamo non solo (e non tanto) perchè si è nel calderone delle celebrazioni di Sant’Agata – che, certo, è pur sempre la terza festa religiosa più importante al mondo – e che vedrebbe l’anomalia ulteriore del non avere una rappresentanza legale del Comune in pieni poteri.
In un cortocircuito politico-burocratico (in questo frangente andiamo oltre anche la vicenda legata al Segretario comunale) che ha visto saltare il banco, occorrerebbe intervenire subito. Immediatamente.
Perchè c’è un vuoto che va colmato senza stare ad attendere il voto di primavera.


C’è una Catania che urla un dolore che nessuno sa più vedere. Nessuno che si china più ad ascoltare e farsi carico della sua agonia.
Nessuno che riesca più a lenire una sofferenza che è legata all’oggi mentre buona parte della classe politica appare impegnata a declinare la città al domani.
In tutto questo contesto non c’è alcun dito da puntare: c’è semmai da recuperare una voglia di riscatto che pare essere stata lacerata dagli antipatici e inconcludenti interessi di bottega. A tutti i livelli. E in tutti i ruoli.


C’è una rinascita che sembra essere davvero lontana. In quella che appare essere sempre di più una città sospesa.


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