CATANIA – “All’interno della famiglia ogni musulmano realizza la legge di Dio”. A spiegarlo è l’imam Kheit Abdelhafid, presidente della comunità islamica di Sicilia, che ha aperto ieri i lavori del convegno svolto al centro fieristico le Ciminiere dal titolo “La famiglia musulmana, la famiglia cristiana: sfide e speranze”. Un evento a suo modo storico, organizzato con il contributo fondamentale del movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Un incontro animato da un clima di fratellanza e concordia più che palpabile. Le premesse erano già tutte nel canto dell’inno di Mameli che ha aperto l’incontro. È stato, infatti, un coro formato per l’occasione, con all’interno bambini provenienti da entrambe le comunità, a scandire quel “l’Iddio la creò” che sorregge l’unità nazionale. Questo prima della lettura di un passo del Corano e la proclamazione del vangelo di Giovanni apostolo. Il tutto nel segno dell’amicizia.
“Il dialogo è un’ascesi assai esigente”. Lo ha spiegato il vescovo di Catania, Salvatore Gristina. Che ha voluto porgere personalmente una preghiera ai presenti: “Chiedo al Padre di concedere a tutti di poter pensare in termini di pace, ma anche agli amministratori – ha aggiunto- di salvaguardare la famiglia, l’asse centrale di ogni società”. Ha portato il suo saluto anche il neo rettore dell’Ateneo catanese, Giacomo Pignataro, che ha esordito: “La religione, oggi, con questo evento, mostra la sua straordinaria potenza”.
“In questa società il senso della famiglia sta andando in frantumi”. Lo ha riferito a LiveSiciliaCatania la focolarina Giusi Brogna, organizzatrice dell’incontro: “Cattolici e musulmani sentono l’esigenza di salvaguardarla. Su questo tema – ha aggiunto- sono tanti i punti in comune tra le due comunità: solidarietà, dovere nell’educazione anche spirituale dei figli, l’idea che la famiglia sia allargata anche alla cerchia dei parenti, il rispetto per gli anziani”. La Brogna non nega però che nella fase di preparazione all’evento siano emerse pure delle differenze tra le due vedute di famiglia: “Sì, è vero. Ma la volontà di comprenderci reciprocamente è stata più forte”.
“C’è anche un aspetto civile che affiora in questo tipo di dialogo”. Lo ha voluto sottolineare Roberto Mazzarella, giornalista e autore del saggio L’uomo d’onore non paga il pizzo: “Un dibattito interreligioso serio, fatto di reciproco rispetto, è sicuramente in favore del vivere civile. Anche in termini di legalità. Cantare assieme – ha spiegato- l’inno d’Italia, deve rappresentare lo sforzo di riconoscersi in una unità che comprende al suo interno le diversità. La legalità – ha concluso- deve cementificare questo processo.”