C'eravamo tanto odiati - Live Sicilia

C’eravamo tanto odiati

Crocetta evita la sfiducia e incassa anche il sostegno di quei deputati del Partito  democratico con cui, in un passato non troppo lontano, era stato ai ferri corti. Ecco cosa si erano detti a vicenda in questi mesi

PALERMO – Un tempo era la nomina di un assessore elevata al rango di “colpo di Stato”, un tempo era “l’autonomia” del Pd che “separa” i propri destini da quelli di un governatore dedito a “giochini trasformistici”, un tempo era la Sicilia che “non ne può più di questo governo”. C’era l’odio e non c’è più. L’imperfetto è il ‘tempo’ perfetto per descrivere la metamorfosi dei rapporti tra il Partito democratico e Rosario Crocetta. Quanta strada c’è tra il rischio di “finire nel baratro insieme” con il presidente della Regione e la “speranza nuova” caratterizzata da un governo guidato dalla stessa persona? La risposta è semplice: lo spazio di un rimpasto, parolina a lungo inseguita dalle parti di via Bentivegna e alla fine concessa dal presidente della Regione sotto la minaccia di una sfiducia che diversamente avrebbe rischiato di coniugare all’imperfetto anche i verbi di Palazzo d’Orleans. La contropartita è stata la fiducia, o meglio il no alla sfiducia, concessa dagli stessi deputati che un tempo erano stati protagonisti di lunghi scontri con il governatore.

Ma il tempo passa e, per dirla alla Panepinto, “in 48 ore è cambiato il mondo”. Il deputato dei ‘giovani turchi’ prende la parola in una Sala d’Ercole assolutamente conscia dell’impossibilità di sfiduciare Crocetta e sotterra l’ascia di guerra che lo aveva visto fermo oppositore di Nelli Scilabra sul terreno minato della formazione professionale: “C’è un nuovo governo che ci riporta alla mission iniziale”, quindi no alla sfiducia. Imperfetto in soffitta, così come i fulmini che il presidente della Regione, dal palco dell’hotel Capo dei Greci di Taormina, lanciava contro chiunque osasse parlare di commissariamento della Sicilia: “Nessun rimpasto”, era il ritornello ‘megafoniano’. Era il tempo degli annunciati dossier e degli sbandierati viaggi in procura. Ogni voce contraria era ostacolo “alla rivoluzione e al cambiamento”. Era, in poche parole, il tempo del “Raciti chi?”. L’esercizio linguistico è riuscito bene anche al segretario regionale del Pd. Era il 15 settembre e nel giorno in cui Matteo Renzi planava su Palermo per ricordare don Pino Puglisi il segretario, in un’intervista a Livesicilia, ritirava il sostegno a un governo a cui veniva impossibile “rivendicare un solo risultato positivo”. Tutto dimenticato, ora Raciti brinda al “governo della svolta, che dovrà affrontare uno dei momenti più difficili della storia dell’autonomia siciliana”.

Ripensamenti e grandi sorrisi anche in casa Marziano. Tutto dimenticato, o quasi, tra Crocetta e il deputato siracusano, che all’indomani della nomina di Piergiorgio Gerratana all’assessorato al Territorio e ambiente aveva denunciato il governatore ipotizzando anche il reato di “voto di scambio”. Il teorema, sostenuto da molti, vedeva la nomina come il jolly in grado di spostare l’ago della bilancia a favore del candidato concorrente di Marziano nella stessa lista del Pd alle elezioni suppletive che di lì a poco si sarebbero celebrate a Rosolini e Pachino per via del ‘caso Gennuso’. Acqua passata per Marziano: assente al momento del voto, non ha colto l’occasione per consumare la ‘vendetta’. La premessa, però, era stata chiara: “Voterò a favore di Crocetta nonostante Crocetta, le mie valutazioni personali restano tali”.

Sulla strada del pentimento, vero o presunto, c’è Antonello Cracolici, in realtà ‘ri-pentito’, o pentito di essersi pentito. In una infuocata seduta di Sala d’Ercole del 24 settembre, il presidente della commissione Affari istituzionali recitava il mea culpa: “Ho sostenuto l’elezione di Crocetta. Ma questo non significa che io debba pagare questa scelta col suicidio. Non ho alcuna intenzione di finire nel baratro insieme a lui”. Ma soltanto gli sciocchi non cambiano idea, e dal momento che ora si è davanti “a un nuovo governo”, la sfiducia è stata superata dagli eventi. Eppure le cronache narrano di dichiarazioni di fuoco e tweet al veleno contro il presidente della Regione. Uno su tutti rimbalzava dalla rete il 12 settembre, con il governo in piena tempesta per il caso della piscina di Mariarita Sgarlata: “Il governo Crocetta è una farsa, meglio chiuderla qui”, sentenziava un Cracolici pronto a rincarare la dose dopo quattro giorni: “Se i renziani vogliono seguire Crocetta nel baratro lo facciano pure”. L’ex capogruppo Pd oggi dice no alla sfiducia, anche se ricorda di aver espresso “giudizi critici sul Crocetta-bis”.

Disciplina di partito rispettata anche per il crisafulliano Mario Alloro, firmatario della mozione di censura nei confronti dell’assessore alle Attività produttive, Linda Vancheri. Il rimpasto ha convinto il deputato di Enna a dare la sua fiducia al Crocetta-ter. Nella galleria dei ripensamenti c’è poi spazio anche per Franco Rinaldi, più volte ai ferri corti con Palazzo d’Orleans per le uscite del governatore contro il vecchio sistema della formazione professionale e anche lui firmatario della mozione di censura a Linda Vancheri. “Una cosa è la critica, anche aspra un’altra è la sfiducia”, è il pensiero odierno di Rinaldi che comunque non ha partecipato alla votazione. Lo stesso Rinaldi oggetto degli strali di Crocetta, che a marzo dichiarava orgogliosamente di aver detto no alla proposta del Pd di inserire il deputato messinese, recordman delle preferenze, in giunta. L’improvvisa voglia di ritentare per la terza volta la strada della rivoluzione ha convinto anche Pippo Digiacomo, entrato in rotta di collisione con Crocetta sulla nomina dei direttori generali di Catania e sulla gara da 126 milioni di euro per l’efficientamento energetico all’Asp di Palermo. Il presidente della commissione Sanità è stato il più restio e ha ricordato “il livello cialtronesco degli attacchi di Crocetta” nei suoi confronti. Una telefonata fatta da Crocetta nei minuti che precedevano l’aula ha contribuito a distendere i rapporti e a far rientrare i propositi di guerra del deputato ragusano.

Retromarcia, cambi di posizione, legittimi ripensamenti. Tutto fa brodo nella Sicilia della rivoluzione atto terzo, che almeno per una sera mette da parte l’imperfetto e battezza con il presente il nuovo governo Crocetta e la ritrovata pax.


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