Chi salverà la signora della cassa? - Live Sicilia

Chi salverà la signora della cassa?

Siamo tutti merce in scadenza, come le mozzarelline di bufala. Per fatto personale.

La signora che sta alla cassa del supermercato, ieri mattina, era triste. O forse è parsa così a me, perché – quando l’ho incontrata – conoscevo già la tristissima notizia comunicata dai sindacati: quel marchio sta per licenziare parecchi lavoratori. Una tragedia normale.

Mi piace il supermercato. Cosa c’è di più spettacolare di un uomo che compulsa – mentre fa la spesa – il fogliettino preparato da una donna? Ai pisellini surgelati ci arriviamo tutti. Siamo buoni tutti con i pisellini. Ma dovremmo sostenere progetti mensili sulla candeggina delicata, sul detersivo raffinato. Per tacere del rimmel.

Tra gli scaffali di questa economia di guerra, la gente si industria pur di non sforare il magro capitale destinato alla compravendita (dai soldi, in cambio forniscono una scatoletta di pelati che non vale tanto in sé, vale di più, finché puoi comprarla, per la sensazione di tranquillità e benessere che regala). Siamo diventati liberi docenti di prezzo comparato. Non è raro scorgere casalinghe espertissime in bilico tra due confezioni di pasta che solo a un occhio profano potrebbero apparire uguali. In realtà, bisogna sapere a memoria le quotazioni in borsa, prima di azzardare la scelta ultimativa: cosa diavolo metto nel carrello?

Differente è il senso degli uomini e delle donne, rispetto a un supermercato. Le signore hanno un approccio tecnico-scientifico. Tengono presente la casa e le sue necessità, conoscono e ripassano gli anfratti del frigorifero. Non stanno semplicemente facendo la spesa, riordinano pragmaticamente e filosoficamente il mondo. I signori si dividono in tre categorie. Ci sono gli addetti al carrello. Sono lì per fungere da conducenti del mezzo di trasporto, operazione che eseguono con una faccia improntata alla mestizia. Ci sono i telecomandati. Procedono baldanzosi tra le merci, eppure – a guardarli bene – si scopre l’auricolare all’orecchio. C’è una moglie a guidare i passi degli eterodiretti, con comandi irrefutabili. C’è lo spensierato in libera uscita. La generosa compagna di viaggio che lo sopporta gli ha concesso libertà di manovra; alle cose serie ci penserà lei. Ed eccolo – lo spensierato – che si tuffa a testa in giù tra gli scaffali. Fa le fusa davanti alla bustina del gatto. Si struscia con i wrustel. Palpa gioiosamente i cuboni di prosciutto cotto. Paga a caro prezzo la sua ebbrezza, col sorriso di un bambino.

Ieri, la signora della cassa era triste (me ne sono accorto, mentre osservavo con tenerezza un salamino di ultima generazione, finito furtivamente nel carrello, accanto alla carta igienica). Era surgelata e impotente come un pisellino. Come un prodotto della crisi. Come una vita che può scadere come se fosse una mozzarellina di bufala. Ho pagato. La signora della cassa mi ha dato due buoni per la prossima volta; io le avrei dato il mio cuore, anche in lattina, per compensarla di tutto con poco. Chissà se ci sarà, la prossima volta.


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