PALERMO – Una bambina di nove anni abusata dal padre ogni maledettissimo pomeriggio nel retrobottega della macelleria di famiglia. Un ragazzino dello Sri Lanka, costretto a lavorare di notte e poi venduto dai genitori ad un ricco signore che, invece, lo costringeva a dormire nel suo stesso letto. E poi la storia atroce di quattro fratellini, due maschi e due femmine tutti tra i sei e i nove anni, che i genitori costringevano ad avere rapporti sessuali tra loro. Tragedie familiari, scampoli di orrore quotidiano nascosti nell’ombra delle periferie palermitane.
Sono solo alcuni dei casi di cui si è occupato negli ultimi anni il Goiam, acronimo di “gruppo operativo inter istituzionale per gli abusi e i maltrattamenti”. Una specie di task force specializzata nei casi di abusi sui minori, nata alla fine degli anni ’90 dopo l’operazione “Solletico”, quando gli agenti della squadra mobile scoprirono un giro di prostituzione minorile nel quartiere palermitano dell’Albergheria. Nell’ operazione rimasero coinvolti più di 50 ragazzini tra i 4 e i 14 anni, vittime di violenze e abusi sessuali in cambio di poche lire. È per questo che naque il Goiam: un gruppo scelto di assistenti sociali che monitora i casi limite di abusi sui minori, proponendo le idonee misure di tutela di concerto con le forze dell’ordine. Compiti difficili dato che spesso includono la sospensione dell’affidamento ai genitori.
Nel 2012 però sulle operazione del Goiam cala il sipario. Il piano di riordino dell’Asp decide di puntare sui territori smobilitando l’unità specializzata negli abusi, di fatto inattiva da alcuni mesi. Il 4 settembre l’assessorato ai diritti di cittadinanza emette una circolare in cui si individua “la comunità territoriale come luogo privilegiato dove possa avvenire il raccordo e la funzionale interazione tra il cittadino e l’amministrazione stessa”. Si procede quindi alla soppressione immediata del Goiam e alla conseguente distribuzione del personale e delle competenze al servizio sociale territoriale. In pratica, dopo il riordino dell’Asp l’amministrazione comunale non può che prendere atto della soppressione del Goiam trasferendo trasferendo i sei assistenti sociali nei vari uffici delle otto circoscrizioni cittadine.
“Per la verità il Goiama aveva già esigue risorse e la scelta di smobilitarlo è stata presa in seguito alla riorganizzazione dell’Asp su scala territoriale”, spiega l’assessore ai Diritti di cittadinanza Agnese Ciulla. “Cercheremo di essere più presenti sui territori periferici – continua l’assessore – dove avvengono tutti quei maltrattamenti di cui si è occupato il Goiam, cercando di essere più presenti e più incisivi”. Di segno contrario è invece la dichiarazione di Massimo Lo Vetere, responsabile di due comunità alloggio che negli anni ha lavorato a stretto contatto con le assistenti sociali del Goiam. “La scelta dell’amministrazione è comprensibile, ma creerà qualche problema di relazione, di coordinamento – racconta Lo Vetere – le colleghe del Goiam avevano sviluppato una competenza specifica che adesso rischia di essere diluita, visto che dei casi più gravi si occuperanno adesso anche assistenti sociali che non conoscono i fascicoli specifici”.
Ma non solo. Secondo Lo Vetere il problema è proprio la presenza delle stesse assistenti sociali nei territori interessati. “Dobbiamo pensare che togliere i bambini dal contesto familiare è un’azione delicata, e diventa estremamente difficoltosa quando sono gli stessi genitori gli autori degli abusi: se le assistenti sociali opereranno nella stessa zona di provenienza dei ragazzi maltrattati, e quindi anche delle famiglie, come potranno lavorare in maniera serena? Il Goiam non andava smobilitato. Andava potenziato”.
In dieci anni il Goiam si è occupato di centinaia di casi, diventando presto un punto di riferimento per gli investigatori specializzati in abusi sui minori. Cinque assistenti sociali e un coordinatore gestiscono nel 2012 quasi 400 casi di ragazzini maltrattati. Fascicoli dell’orrore che vengono raccolti nell’archivio centrale, a beneficio delle varie case famiglia in cui i ragazzini vengono accolti dopo essere stati “salvati” dall’agghiacciante contesto familiare.