PALERMO – “Non sono individuabili evidenze per ritenere che il fatto non sussiste o che l’imputato non l’abbia commesso”. Anche per i giudici di appello Massimo Ciancimino ha mentito.
Ecco perché il figlio di don Vito non è stato assolto in appello dall’accusa di calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, ma il reato è stato dichiarato prescritto.
La Corte presieduta da Angelo Pellino, la stessa davanti a cui si celebra il processo sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia, ha depositato le motivazioni della decisione.
In primo grado, il figlio del sindaco mafioso di Palermo, aveva avuto 8 anni per calunnia, mentre era già stato dichiarato prescritto il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
I giudici di secondo grado su istanza degli avvocati Roberto D’Agostino e Claudia La Barbera avevano stralciato la posizione dell’imputato e testimone dell’accusa chiedendo l’assoluzione nel merito e in subordine l’estinzione per prescrizione. Ed è questa seconda ipotesi che è stata accolta.
La prescrizione, oltre ad annullare la condanna, determina la revoca delle statuizioni civili accessorie.
Al collegio presieduto da Pellino e composto dal consigliere Vittorio Anania e dai giudici popolari non rimaneva “che valutare se risulti dagli atti una prova evidente dell’innocenza di Ciancimino”.
Ciancimino jr ad un certo punto tirò fuori un documento, attribuito al padre, in cui il nome di De Gennaro veniva inserito tra i soggetti del “quarto livello” in combutta con la mafia.
Poi spiegò che a consegnargli il biglietto, risultato taroccato perché il nome De Gennaro fu inserito a posteriori, era stato un tale Carlo Rossetti o Giancarlo Rosselli, una delle tante figure misteriose e impalpabili che hanno popolato i racconti del supertestimone dei pm della Procura di Palermo.
Secondo la difesa, la presenza del personaggio misterioso escludeva il dolo di Ciancimino. Sul punto la motivazione della Corte di appello è tranciante: “Non solo infatti non è stata provata la reale esistenza del signor Rosselli ma l’imputato Massimo Ciancimino pure a distanza di tanto tempo dagli accadimenti si è sempre astenuto dal fornire il benché minimo concreto elemento idoneo a supportare la reale esistenza di questo soggetto, trincerandosi dietro la dichiarata sua persistente paura secondo una linea che tuttavia non appare invero credibile”.
In appello il processo prosegue per gli altri imputati: i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, gli ex carabinieri del Ros Mario Mori Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Tutti condannati a pene pesantissime in primo grado.