Giuseppe Di Lello di cose di raccontare su mafia e politica, stragi e pentiti, ne ha davvero tante. Molte di queste vicende le ha vissute direttamente, al fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a partire dal 1983, quando l’allora capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, Antonino Caponnetto, lo scelse, insieme ai due giudici assassinati da Cosa Nostra e a Leonardo Guarnotta, come componente del pool antimafia incaricato di occuparsi a tempo pieno dei processi di Cosa nostra. Con Di Lello Livesicilia ha parlato di passato e presente, di lotta alla mafia e delle ultime proposte di legge in materia di giustizia.
Dottore Di Lello, in questi giorni a tenere banco sono state le deposizioni di Massimo Ciancimino rese ai magistrati di Palermo. Giudica credibili le sue dichiarazioni? E come valuta il personaggio Ciancimino jr?
“Onestamente che la lotta alla mafia ricominci col figlio del defunto sindaco mafioso di Palermo non mi entusiasma, anzi mi sembra pericoloso. Ha negato le responsabilità del padre nel sacco di Palermo e in demolizioni di cui era lui, invece, l’artefice. Inoltre, Massimo Ciancimino conosce i fatti de relato. E’ da prendere con le “pinze”, sarebbe pericoloso credere a tutto quello che dice. I magistrati dovranno svolgere un difficile lavoro di accertamento e riscontro”.
Le altre testimonianze che potrebbero contribuire a riscrivere la storia delle stragi mafiose e dei rapporti mafia-politica, sono quelle del pentito Gaspare Spatuzza nell’ambito del processo a Dell’Utri. Cosa ne pensa?
“Penso che tutta la storia delle stragi sia ancora da indagare. Si tratta di un periodo da rileggere, con nuove indagini. Il processo Borsellino ha dipinto uno scenario che adesso non esiste più. E’ stata un’invenzione, frutto delle indagini di allora della polizia. Credo che bisogna rifare tutto, soprattutto in relazione alla dichiarazione di Spatuzza, secondo il quale l’esplosivo per via D’Amelio era pronto già prima della strage di Capaci. Sull’attendibilità di Spatuzza, mi sento di affermare che sia credibile, il problema è cosa gli hanno detto i Graviano, la cui posizione non è molto chiara, visto che uno parla e dice cose diverse da Spatuzza, mentre l’altro per il momento tace. Ritengo sia stato un errore della Procura far entrare Spatuzza e i Graviano dentro il processo Dell’Utri. Queste cose le ho già dette, attraendomi in questo modo le ire dell’antimafia ufficiale”.
Dopo le ultime catture eccellenti, Cosa Nostra appare indebolita, ma è già arrivato il momento di cantare vittoria?
“No. Non c’è dubbio che la mafia sia indebolita sul piano militare. Altro aspetto positivo è la sempre più frequente collaborazione di mafiosi anche di alto livello, tuttavia la mafia è ancora attiva e in grado di esercitare una forte pressione sul territorio, basti pensare al racket del pizzo o agli appalti pubblici che subiscono sovente infiltrazioni mafiose”.
Riguardo proprio ai pentiti, qualche giorno fa il procuratore aggiunto Ingroia ha definito la proposta di legge del senatore del Pdl Valentino “colpo di grazia ai processi su Cosa Nostra”, parlando di ripercussioni anche per i processi istruiti da Falcone e Borsellino. Lei che ne pensa?
“Penso che il senatore Valentino non sia uno sprovveduto, è un fine giurista, ma il ddl anti-pentiti che porta la sua firma è una vera aberrazione, e sarebbe dannoso non solo per i processi di mafia. Il nostro sistema legale si basa sul libero e logico convincimento del giudice, mentre questa norma introdurrebbe la prova legale, direbbe al giudice come interpretare la prova. Non esiste niente del genere nei sistemi giudiziari occidentali”.
E del processo breve, invece, cosa pensa?
“Sono d’accordo con la ragionevole durata dei processi, ma con questa norma i processi muoiono d’infarto. Una tagliola inaccettabile, dopo la già negativa norma Cirielli, anche se la cosa più grave consiste nella norma transitoria che si applica ai processi in corso. Così come aberrante è il legittimo impedimento, che sarà giudicato incostituzionale dalla Consulta. E’ una norma che serve a bloccare e ritardare i processi a Berlusconi”.
Cosa pensa della condanna a sette anni inflitta dalla Corte d’Appello di Palermo all’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro?
“La prima sentenza mi sembrava illogica, mentre quella di appello mi appare come più ragionevole. Rilevo, però, che molti esponenti del centrodestra, e perfino qualcuno del centrosinistra, hanno difeso Cuffaro. Lo ha fatto per esempio tutto, o quasi, il centrodestra siciliano, e anche a livello nazionale non sono state chieste le sue dimissioni finché non c’è stata questa seconda condanna. Hanno fatto lo stesso con Cosentino o Dell’Utri”.
A proposito di mafia e politica, cosa è che alimenta questo rapporto: convenienza, paura, interesse…
“Si tratta di una miscela di queste cose. Esiste un po’ di paura, perche la mafia può sempre tornare a sparare, c’è l’interesse, per esempio in periodo elettorale, perchè i voti della mafia fanno sempre comodo, ma si tratta soprattutto di convenienza, spesso reciproca. Pensiamo agli appalti o al controllo del territorio”.
Un’ultima domanda: come ricorda Paolo Borsellino e Giovanni Falcone?
“Come due grandi amici. Penso che la cosa migliore per onorarli è fare il proprio dovere, così come fa la magistratura siciliana. E poi lasciamoli riposare in pace, senza tirarli in ballo in congetture che riguardano l’attualità”.