"Diceva una cosa e poi smentiva"| Viviano "demolisce" Ciancimino jr - Live Sicilia

“Diceva una cosa e poi smentiva”| Viviano “demolisce” Ciancimino jr

Massimo Ciancimino

Il cronista di Repubblica testimone al processo su Trattativa Stato-mafia

PALERMO – “Non mi fidavo di Massimo Ciancimino. Mi diceva una cosa e poi la smentiva. Anche sull’identificazione del signor Franco in Gianni De Gennaro ritrattava spesso”. È stato il cronista di Repubblica Franco Viviano a smontare, in udienza, la credibilità di Ciancimino jr, testimone e imputato del processo sulla Trattativa Stato-mafia.

Viviano nel corso degli anni ha ricevuto le confidenze della “quasi icona dell’antimafia”. Quelle confidenze che sarebbero poi divenute materia giudiziaria, confluite nei verbali resi ai magistrati di Palermo, e non solo: “Non prendevo mai per oro colato quello che mi diceva. Non avevo riscontri e poi mi raccontava che lo potevano uccidere. Innanzitutto, mi parlò dell’ingegner Lo Verde, che era Bernardo Provenzano; che il boss andava a trovare suo padre a Roma, chiamava spesso a casa e poi si trovavano anche nella casa di Ciancimino a Baida”.

“Era un giocherellone”, ha detto Viviano che aveva imparato a prendere con le pinze il figlio di don Vito: “Una volta lessi delle intercettazioni di una telefonata tra lui e sua sorella in cui si parlava di una cena a cui avrebbe partecipato l’onorevole Micciché. Avevano mangiato pasta al forno o con le sarde, ora non ricordo. Poi mi confessò che non era vero nulla. Quando gli domandai perché lo avesse detto, mi rispose: “Così”.

Un atteggiamento che finì per stizzire il cronista: “Mi innervosiva molto questa cosa che spesso non diceva la verità. Mi raccontava delle cose e poi mi spiegava che non era vero. Ovviamente non scrivevo nulla di quello che mi diceva, a meno che non avessi avuto altri solidi riscontri. Anche questa storia che abbiamo fatto delle vacanze assieme se l’è completamente inventata”.

Poi, arrivarono le confidenze pesanti. Il “giocherellone” gli raccontò di Gianni De Gennaro, identificato da Ciancimino jr nel signor Franco, il fantomatico personaggio dei servizi segreti, presenza costante nei verbali, dipinto come l’uomo dei misteri, cerniera fra i boss sanguinari e chissà quali menti raffinatissime appartenenti alle istituzioni. Le accuse a De Gennaro bollate come “false” dai pm di Caltanissetta sono costate a Ciancimino prima l’arresto e poi un processo per calunnia.

E poi fu la volta del papello, l‘elenco delle richieste che Totò Riina presentò allo Stato per fermare le bombe. “Massimo Ciancimino mi prometteva sempre il ‘papello’ e non me lo dava mai, una volta – ha proseguito Viviano – mi arrabbiai molto e lui per ‘riparare’ nel 2006 mi disse che nel caso gli fosse successo qualcosa avrei potuto prendere il papello e altri documenti da un avvocato, a Roma. Mi consegnò uno pseudo testamento dove c’era scritto questo. Poi lo consegnai ai magistrati quando me lo chiesero”.

Anni di confidenze, segnate dalla paura di Ciancimino di subire attentati. Paura che, ha riferito Viviano, per un periodo ebbe anche lui: “Il terrore più forte comunque lo avvertii nel 2006 quando Ciancimino partì prima dell’arresto di Provenzano. In quel periodo avevo molta paura anch’io, dopo che mi consegnò quello pseudo testamento per avere il papello nel caso gli fosse successo qualcosa”.

Ciancimino jr ha parlato spesso di intimidazioni e strane visite a casa. Anche in questo caso le accuse mosse contro lo 007 Rosario Piraino gli sono costate un rinvio a giudizio a Bologna. E poi c’è la storia della dinamite che iniziò dopo il suo arresto per calunnia il 14 aprile 2011. Inizialmente Ciancimino sostenne che i candelotti di tritolo che fece ritrovare nel giardino di casa sua, a Palermo, gli erano stati consegnati da uno sconosciuto per bloccare la sua collaborazione con i magistrati. Le telecamere, però, lo smentirono. E allora disse che il tritolo gli era stato recapitato a Bologna e se l’era portato in auto a Palermo. Per detenzione di esplosivo Ciancimino è stato condannato in primo grado e in appello a tre anni di carcere.

 


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