Cimò, i 37 indizi contro Di Grazia |"Ai domiciliari per tutto il processo" - Live Sicilia

Cimò, i 37 indizi contro Di Grazia |”Ai domiciliari per tutto il processo”

Oltre sei ore di interrogatorio per Salvatore Di Grazia (nella foto), accusato dell'omicidio della moglie Mariella Cimò, scomparsa nel 2011. E ancora non è finita, il pm Busacca ha chiesto il controesame dopo le domande dei legali delle parti civili e della difesa.

il controesame
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CATANIA – Un nuovo sopralluogo alla villa di San Gregorio e sospensione dei termini di custodia cautelare. Salvatore Di Grazia, quindi, affronterà il processo a suo carico per l’omicidio della moglie Mariella Cimò ai domiciliari, e gli investigatori dovranno tornare in via Giacomo Leopardi per nuovi rilievi. Sono queste le disposizioni della Corte d’Assise presieduta da Rosario Cuteri. Il Giudice ha aperto così, ieri, la seconda parte dell’udienza  che si è incentrata nel controesame dell’imputato da parte dei legali delle parti civili e della difesa. E se per tutta la mattina Di Grazia, che per questa occasione ha scelto un sobrio completo beige, ha avuto un’aria tranquilla la lettura dell’ordinanza sembra aver incupito un pò l’ultrasettantenne, anche se per pochi minuti.

Risposte pronte quelle di Di Grazia alle domande dell’avvocato Pappalardo e Pastore che rappresentano i nipoti di Mariella Cimò, parti civili nel processo. “Perchè non ho denunciato immediatamente la scomparsa di mia moglie? Sarebbe stato un proclamo – afferma l’imputato – mia moglie, e l’ho spiegato svariate volte, era una persona riservata”. Gli interrogativi si sono concentrati sui movimenti di Salvatore Di Grazia il 25 agosto 2011, giorno in cui si sono perse le tracce della moglie, e soprattutto sulla scelta di denunciare l’allontanamento solo 10 giorni dopo. Una “stranezza” che il marito ha sempre giustificato con il fatto di non volere creare uno scandalo inutile. E su questo punto Di Grazia si sarebbe anche consultato con il suo avvocato, Giuseppe Rapisarda che lo assiste come difensore in aula.

Minuti. Momenti precisi. Gli avvocati di parte civile hanno cercato di scandagliare i momenti che sono intercorsi tra un passaggio e l’altro della macchina dell’imputato davanti alle telecamere che cristallizzano l’orario.

Quella mattina Di Grazia è andato via alle 7.39 ed è tornato in villa alle 9.15. In quei 96 minuti il marito di Mariella Cimò avrebbe lasciato la villa dopo aver litigato con la consorte, per colpa di quell’autolavaggio, sospetta alcova di infedeltà. “Ho messo in funzione le macchine e poi ho iniziato a riflettere. Ho pensato la separazione che senso ha dopo oltre 40 anni di matrimonio e visto che ho ancora una carica affettuosa nei confronti di mia moglie. E allora ho pensato a cosa potevo portare come regalo pacificatore. E mi sono ricordato della vasca”. E Di Grazia è andato comprare il mastello (lo ha messo sul tetto dell’auto) ed è tornato a San Gregorio. Ha cercato di fare tutto con molto silenzio. Alle 9.51 è ripartito. “In quel lasso di tempo ho riempito la vasca, oltre 300 litri”. Verso mezzogiorno è tornato per ripartire dopo dopo. Sono trascorsi 7 minuti ed è tornato nuovamente, ma solo per 60 secondi . “Avevo dimenticato le chiavi e sono tornato a casa a prenderle”. In quella mattina la moglie non si è fatta sentire, sono seguite telefonate a detta di Di Grazia e la moglie non ha risposto. L’avrebbe cercata dentro e fuori dalla casa, ma non c’è mai stato un grido per chiamarla. “Perchè dovevo strillare?” E’ il commento ad una delle domande degli avvocati di parte civile. Poi sarebbe andato a cercarla a Pozzillo, nella loro casa al mare, meta di quelle vacanze vanificate dal litigio mattutino. Quella lite che avrebbe scatenato, per l’accusa, la furia omicida di Di Grazia. Ma i misteri restano: tipo come mai l’imputato va a cercare la moglie a Pozzillo se la sua auto era parcheggiata a casa e se – come lui stesso conferma – “mia moglie si muoveva solo con la sua macchina, a guidare era da Formula 1”.

Quella macchina dopo qualche giorno Di Grazia l’ha prestata a Giuseppina Grasso, la colf processata per favoreggiamento. “Tra di noi c’era un rapporto affettuoso, l’ho aiutata in certi frangenti”. E un dubbio è sorto all’avvocato Pastore: “Ma se sua moglie era un tipo così riservato e lei ha sempre pensato che quanto accaduto fosse solo un allontanamento, come mai ha scelto di prestare la macchina alla Grasso? Non era preoccupato che sua moglie quando sarebbe tornata poteva arrabbiarsi?”. Di Grazia non è per nulla scosso dal quesito: “Anzi era una premura a tenere la macchina efficiente”. Risposte pronte, tranne i “non posso ricordare tutto” e i tanti “ma che senso ha questa domanda, avvocato?”.

Il controesame della difesa ha puntato a frantumare i 37 indizi che compongono l’impalcatura dell’accusa. Sul movente si sono mosse alcune delle domande di Giuseppe Rapisarda: l’accusa ha determinato che a scatenare la lite e poi la furia omicida di Di Grazia sarebbe stata la volonta di Mariella Cimò a chiudere prima possibile l’autolavaggio di Aci Sant’Antonio dove l’imputato incontrava le sue presunte amanti. “Ma se l’autolavaggio fosse stato chiuso lei avrebbe avuto problemi a trovare un luogo dove appartarsi?” Di Grazia ha risposto “no” al suo avvocato.

L’imputato avrebbe una natura aggressiva? Il difensore ha snocciolato quesiti e anche materiale probatorio che smentirebbero questo lato caratteriale del suo assistito, che invece sarebbe un tipo mite. E davanti alla Corte Rapisarda ha portato un’indagine per stalking nei confronti di Cicero, nipote della Cimò e tra le parti civili, ai danni proprio dell’imputato.

La difesa ha prodotto diverse foto: come le vasce mangiate dai cani. Ma l’immagine che ha scatenato clamore, anche da parte del pm, è quella che mostra come il mastello acquistato da Di Grazia il giorno della scomparsa della moglie entra perfettamente all’interno dell’abitacolo della macchina dell’imputato. Basta abbassare i sedili. Un interrogativo da sempre serpeggiava nella mente degli inquirenti: quel mastello che fine aveva fatto? Nel corso dei sopralluoghi alla villa, infatti, non è mai stato trovato dai carabinieri e dalle immagini non era mai stato registrato un passaggio dell’auto con la vasca posta sul tettuccio, cioè con la stessa modalità con cui Di Grazia l’ha trasportata a casa quel maledetto 25 agosto 2011.

Udienza rinviata al prossimo 16 dicembre: il pm Angelo Busacca ha chiesto di poter interrogare nuovamente l’imputato su alcuni punti, a quel punto la difesa concluderà con il controesame.

 


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