Clan, droga e auto rubate tra i centri commerciali e le città

Clan, droga e auto rubate tra i centri commerciali e le città

Vere e proprie squadre si erano spartite Catania e la provincia: una mappa geografica dei furti d'auto all'ombra dei clan.

CATANIA. Parte tutto nel settembre del 2020. Al termine di un’estate devastata dalla pandemia e costellata da un cospicuo numero (54) di denunce per furti d’auto. Principalmente nel mirino finiscono i modelli d’auto Fiat 500, Fiat Panda, Lancia Y e Alfa Romeo Giulietta.
Un giro d’affari legato, anche e soprattutto, dalle estorsioni dei cosiddetti “cavalli di ritorno”: ma qualora l’imposizione della somma di denaro che variava tra i 300 e i 1500 euro non veniva corrisposta dai proprietari delle auto, si passava direttamente al mercato nero della ricettazione smantellando le vetture e rivendendo i pezzi di ricambio.

Le mani dei clan

Non c’erano persone qualunque a gestire il business illegale col quale camminava parallelamente anche un fiorente traffico di cocaina gestito da Salvatore Giuffrida ritenuto affiliato ai Cappello-Bonaccorsi, e nel quale aveva un ruolo da protagonista anche Santo Tricomi dei Cursoti milanesi.
Ruolo centrale dell’indagine ce l’ha anche Massimo Ferrera che figura essere come il vero e proprio anello di collegamento tra il filone avente ad oggetto i furti, le ricettazioni e le estorsioni e quello che ha avuto ad oggetto lo spaccio di cocaina. Era lui a coordinare lo smercio di droga a San Giorgio mentre Salvatore Giuffrida gestiva una piazza di spaccio tutta sua a Librino. 

I furti d’auto e la divisione per “batterie” d’azione

Catania e buona parte della provincia erano divise come una sorta di mappa geografica. A ciascuna zona corrispondeva un gruppo di azione. Così com’era chiamata dall’organizzazione criminale: una batteria. 
A farne parte erano persone legate da vincoli di amicizia, di quartiere o anche di parentela.

Nella fattispecie, della batteria di Monte Po facevano parte Emmanuele Falsaperla, Daniele Francesco Ventimiglia, Orazio Simone Pitterà, Santo Vittorio, Giuseppe Mirabile, Kevin Manganaro e Antonino Savoca che si occupavano di rastrellare auto principalmente nel quartiere Nesima di Catania, nei paesi etnei, tra Motta Sant’Anastasia e Belpasso.

C’era, poi, la batteria di San Giorgio/Librino. Ne facevano parte Nunzio Privitera, Christian Riccio, Fabio Riccio, Gabriele Pappalardo e Alessandro Tricomi. Erano loro che si occupavano prevalentemente della zona di Catania centro. 

Infine, la batteria di San Cristoforo. Ne facevano parte Salvatore Alberto Tropea, Jonathan Musumeci e Marco Puglia. Erano specializzati nei furti d’auto ai centri commerciali di Etnapolis, Centro Sicilia e Porte di Catania.

La tecnica di furto

In meno di un minuto si riusciva ad entrare in azione ed a portare via la vettura. Due le tecniche utilizzate: quella cosiddetta “a bottone” e quella della sostituzione della centralina.
Col primo metodo, si agiva con l’apertura della portiera e lo sblocco del quadro d’accensione con l’utilizzo di chiavi adulterine, l’avvio del motore che avveniva mediante l’inserimento di un piccolo apparato elettronico (bottone, per l’appunto) nella relativa presa “obd” che si trova nell’abitacolo di tutti i veicoli.
Nel secondo caso, invece, sempre dopo l’utilizzo delle chiavi adulterine per l’apertura del portiera e lo sblocco del quadro di accensione, l’avvio del motore avveniva attraverso sostituzione della centralina originale che si trova all’interno del vano motore con una centralina adatta allo scopo.

L’operazione condotta all’alba di oggi ha visto in tutto 88 indagati per 113 capi d’imputazione.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI