CATANIA – Sarebbero riusciti ad acquistare la cocaina a prezzi più competitivi rispetto a quelli del cartello di rifornimento controllato dalla criminalità organizzata. Grazie ai contatti diretti con i trafficanti olandesi sarebbero riusciti a far arrivare a Catania la “polvere bianca” che poi sarebbe stata smerciata da una rete di pusher organici all’organizzazione criminale tra Gravina di Catania e Mascalucia. Le direttive al gruppo criminale arrivavano dal carcere di Padova, dove è detenuto l’ergastolano Mario Pace, ex esponente dei Pillera-Cappello e condannato per omicidi e mafia. La sorella del killer, Rosa Pace (sottoposta a obbligo di firma) legata a Roberto Vitale, uno dei vertici del sodalizio criminale, sarebbe stata la “messaggera” dei pizzini che sarebbero stati consegnati durante i colloqui in carcere. In realtà però a fornire le indicazioni all’ergastolano catanese sarebbe stato un altro detenuto, al momento latitante, che sarebbe l’artefice dei contatti con i trafficanti dei Paesi Bassi. Non solo i contatti avvenivano attraverso gli incontri al carcere di Padova, ma anche attraverso un pc che Pace aveva in cella. Il computer è stato sequestrato (non dai carabinieri) e sulle “fughe in avanti” vi è una “precisa indagine parallela” – spiega Martino Della Corte, Comandante della Compagnia di Gravina di Catania.
E se la cocaina sarebbe stata acquistata in Olanda, “la marijuana invece proveniva da Librino” – afferma Francesco Gargaro, Comandante provinciale dei Carabinieri di Catania. Lo smercio della droga, che avrebbe fruttato oltre 30 mila euro a settimana, avveniva non in una piazza di spaccio ben definita ma era uno spaccio molto dinamico, con una rete anche di clienti accreditati. Poteva succedere infatti che lo scambio avveniva al volo sullo scooter o addirittura con consegna a domicilio. Uno dei punti logistici dell’organizzazione, retta da Fabio Spampinato e Vitale, avrebbe avuto il chiosco “Baly” di Gravina di Catania. Da qui il nome dell’inchiesta. Le immagini delle telecamere (VIDEO) piazzate davanti al bar i carabinieri hanno immortalato diverse “cessioni” di droga. Oltre alle modalita “singolari e quasi uniche” dello spaccio, il gruppo criminale avrebbe gestito in maniera peculiare i salari dei pusher. Gli spacciatori, infatti, non sarebbero stati pagati a turno (come è emerso in diverse inchieste antidroga) ma a percentuali sugli introiti. Questo fa ben comprendere come i “venditori” erano parte attiva nella “società di smercio” di cocaina e marijuana.
In manette sono finite 15 persone (LE FOTO), tutte accusate di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti e per i reati di spaccio. Le contestazioni della Dda (l’inchiesta è coordinata dal pm Giuseppe Sturiale) riguarda l’arco temporale dal 2011 al 2013.
Non solo lo spaccio per far accrescere la cassa del gruppo criminale, ma anche furti e rapine. Proventi che secondo gli inquirenti sarebbero stati investiti anche per l’acquisto delle partite di cocaina e marijuana. Dalle intercettazioni sarebbero emersi chiaramente i piani per alcuni sopralluoghi necessari per mettere a segno dei colpi a un portavalori e ad alcune farmacie.
Il “compagno” di carcere di Mario Pace, che avrebbe partecipato attivamente per le compravendite di cocaina dall’Albania, vive all’estero ed è irreperibile dal 2013. La caccia per la cattura è stata già avviata.
I NOMI DEGLI ARRESTATI:
Fabio Spampinato (classe 1983);
Gianluca Spampinato (1981);
Roberto Vitale (1974);
Pierpaolo Mario Monterosso (1969);
Salvatore Tomarchio (1977);
Alessandro Papa (1986);
Domenico Tosto (1968);
Gaetnao Trombino (1977);
Dino Greco (1987);
Rosa Pace (1968);
Rosario Cammaroto (1975);
Roberto Cosentino (1972);
Roberto Cerami (1973);
Daniele Buttafuoco (1988);
Mario Pace (1959)