CATANIA – Via Colomba era un vero e proprio take away dello spaccio di marijuana. Le telecamere della Narcotici della Squadra Mobile hanno immortalato ogni scambio, incasso, passaggio e vendita. Il giro d’affari dell’organizzazione nel 2011 era di migliaia di euro. Gli investigatori hanno stimato incassi giornalieri dai 10 mila ai 15 mila euro. A capo della “banda” dei pusher i fratelli Crisafullli, figli di Franco “Cacazza”. Personaggio vicino ai Cappello e condannato per l’omicidio di Nicola Lo Faro.
E’ alle fasi conclusive il processo ordinario scaturito dalla maxi inchiesta che nel 2014 portò oltre 40 indagati in manette. Il sostituto procuratore Pasquale Pacifico ha sviscerato la delicata indagine prima di formulare le richieste di pena per Francesco Anastasi, Davide Botta, Maurizio Crisafulli, Orazio Gravino, Concetto Questorino, e Mario Vinci. L’indagine parte dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (ex clan Cappello) Gaetano Musumeci, Natale Cavallaro e Gaetano D’Aquino. Quest’ultima racconta i turni di lavoro e il giro d’affari: “Si decise di dividere l’orario dello spaccio: in particolare dalle due fino alle 7 di sera e dalle sette di sera in poi [….] Negli ultimi tempi questa piazza incassava circa 20.000 euro al giorno”. Secondo D’Aquino i soldi servivano anche al mantenimento di alcuni detenuti.
Le rivelazioni dei pentiti sono state un input investigativo per le attività tecniche che sono il vero cuore del processo. I filmati inequivocabili mostrano ruolo e presenze in via Colomba. Una strada dove si spacciava anche davanti agli occhi innocenti di bimbi. L’organizzazione è di stile verticistico, con capi, contabili, pusher e vedette che presidiano il territorio per evitare l’intervento della polizia. Anche se non sempre ci sono riusciti, prova ne sono i tantissimi arresti (alcuni dei quali immortalati nei filmati).
Tutto si svolgeva tra le vie Colomba, Mirabella e Viadotto. La droga era nascosta in auto rubate, in abitazioni e garage, dopo era prelevata e messa in una busta (che conteneva circa 100 stecche) e con il “metodo del lancio” era data allo spacciatore che non appena aveva l’ok dal “cassiere” la consegnava all’acquirente, tutto in una catena di “montaggio ” perfettamente architettata. Le vedette erano a bordo degli scooter sempre movimento per controllare il territorio e allertare i “colleghi” sui possibili fastidi creati dalla presenza delle forze dell’ordine. Agli angoli erano posizionati anche i pali. Al minimo arrivo di una pattuglia, il grido: “Levati, levati, levati, i vaddia”. Le intercettazioni in carcere di alcuni spacciatori arrestati durante le indagini infine blindano il processo, che per lo stralcio abbreviato si è concluso in secondo grado con una raffica di condanne.
Al termine della requisitoria il pm ha formulato le richieste di pena. Nessuno sconto. Il magistrato ha chiesto al Tribunale la condanna a 15 anni di carcere per Maurizio Crisafulli, che avrebbe avuto un ruolo intermedio nella gerarchia organizzativa. 13 anni per Davide Botta, Mirco Orazio Gravino, Mario Vinci. Pena più lieve quella chiesta per Concetto Questorino. Per lui la richiesta è 6 anni e 6 mesi di reclusione e 15 mila euro di multa.

