A Belmonte Chiavelli la scansione temporale è diversa da tutto il resto della città. C’è solo un dopo. Il prima non esiste. I poliziotti della Squadra mobile hanno sentito decine di persone. I parenti di Giuseppe Calascibetta e tutti coloro che abitano in via Bagnera e ieri sera sono scesi in strada. Il loro racconto inizia quando notano un insolito traffico nella stradina che dopo le venti e trenta è abitualmente deserta. Ed invece le macchine sono incolonnate, fino a quando un automobilista decide di scendere e scopre il cadavere del capo mandamento di Santa Maria di Gesù riverso dentro una minicar.
Cosa sia avvenuto prima è un mistero. Nessuno ha visto qualcuno, in moto o in auto, allontanarsi in fretta e furia. Nessuno ha sentito il rumore dei colpi di pistola in una zona dove regna il silenzio della campagna. Eppure gli hanno scaricato addosso un caricatore di pistola calibro 7,65. Due colpi lo hanno raggiunto all’orecchio. Uno gli ha perforato la parte superiore del cranio. Probabilmente si è trattato del colpo di grazia, sparato dall’alto verso il basso quando ormai Calascibetta era accasciato sul sedile. Il finestrino lato guida, da dove sono entrati i proiettili, era abbassato. Non è escluso che la vittima possa averlo aperto per salutare chi lo ha ammazzato.
I parenti di Calascibetta nulla hanno aggiunto alle indagini. C’era da aspettarselo. Lo descrivono come un uomo tranquillo che per anni ha fatto l’operaio e poi, dal 2007, giorno della sua scarcerazione aveva iniziato a sbrigare le faccende burocratiche dell’impresa edile del figlio, dove risultava impiegato. Dietro questa apparente normalità si nascondeva, in realtà, il capo mafia di una zona colpita dagli arresti. Prima i Capizzi e gli Adelfio. Poi Giuseppe Lo Bocchiaro e Ino Corso. Santa Maria di Gesù annovera tra le sue fila anche uno dei recenti pentiti, Giuseppe Di Maio che di Lo Bocchiaro è genero. E’ stato lui a raccontare che Calascibetta si era fatto inizialmente da parte per motivi personali. Salvo poi rientrare, favorito dagli arresti.