Comuni, la carica dei tredicimila | Viaggio nella Sicilia dei precari - Live Sicilia

Comuni, la carica dei tredicimila | Viaggio nella Sicilia dei precari

Quanti sono, dove sono e cosa fanno. Radiografia di un esercito che spera nella stabilizzazione

Gli enti locali
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PALERMO – “Sì, possiamo vantare questo primato”. Il giovane sindaco di Alcamo Domenico Surdi sceglie la strada dell’autoironia amara. Perché il record della cittadina del Trapanese è assai singolare. È quello dei precari che prestano servizio in quell’ente locale. Il più nutrito esercito di lavoratori siciliani a tempo determinato sta lì, tra le stanze e gli uffici del Municipio e delle sue propaggini: sono 396. Un primato, appunto. Anche e soprattutto se confrontato col numero dei dipendenti “di ruolo”. Quelli che, quantomeno, nel Comune sono arrivati tramite un concorso pubblico, così come la Costituzione difesa da tre quarti degli italiani poche settimane fa imporrebbe. Sono un centinaio i lavoratori a tempo indeterminato. In pratica, quattro su cinque, al Comune di Alcamo, sono dei precari. Che adesso, dopo il via libera della legge dell’Ars e in vista dell’approvazione del decreto “milleproroghe” sperano finalmente in una stabilizzazione attesa per anni, a volte per decenni.

I quasi 400 di Alcamo, il sindaco li ha ovviamente già trovati lì. Eletto pochi mesi fa sotto il simbolo del Movimento cinque stelle, vincente sotto il cielo della Provincia di Trapani, Surdi ha dovuto prendere atto di quei numeri, “frutto della possibilità, assai diffusa negli anni ’90 – racconta – di ‘imbarcare’ questi lavoratori senza un concorso. Adesso siamo al paradosso: senza di loro non potremmo garantire i servizi del Comune”. Intanto, solo nel 2016 questi lavoratori sono costati oltre 5 milioni di euro.

Ti sposti di pochi chilometri, e non cambia molto. “Qui i precari sono 228 e arrivano a 270 se aggiungiamo gli Asu. I dipendenti di ruolo, invece, sono meno di cento”. Due su tre, insomma, sono “contrattisti” anche a Castelvetrano, dove il sindaco Felice Errante non va molto per il sottile: “Se è vero che senza 150-170 di questi lavoratori non potrei garantire i servizi essenziali del Comune, è anche vero che di un centinaio di questi potremmo tranquillamente fare a meno, visto che non sono affatto utili per l’ente”. E del resto, anche questi il sindaco li ha trovati già. “Molti sono arrivati negli anni ’90 – racconta – tramite le cooperative sociali ai quali veniva consentito di ‘entrare’ nei Comuni per svolgere attività di pubblica utilità. Ma quelle persone non sono più uscite”. E adesso molte di queste sono necessarie. “Solo per fare un esempio – racconta Errante – il mio staff è composto interamente da precari. Un giovane vigile urbano, anche lui precario, è addetto alla mia sicurezza”. Il sindaco ha infatti recentemente subìto delle intimidazioni, in quella città “difficile” anche dal punto mediatico, visto che è la patria del latitante più famoso d’Italia, Matteo Messina Denaro. “Ma questa città ha anche tante cose buone di cui si dovrebbe parlare”. Insieme a queste e quelle altre, anche un “posto d’onore” nella immaginaria graduatoria del precariato siciliano.

In buona, ottima compagnia, anche tra i vicini di casa: sempre nel Trapanese, infatti, ecco il “caso” di Marsala. Lì i precari del Comune sono 244 e solo nel 2016 sono costati tre milioni e mezzo. Eppure, nella Sicilia orientale non è che cambi molto. Anzi, ad Acireale i precari sono anche di più: 278, in un Comune che prevede una dotazione organica di 275 persone a tempo indeterminato. E ancora, sono 200 i precari del Comune di Messina e 170 quelli della vicina Milazzo (anche se questi ultimi costano di più di quelli del capoluogo, oltre 2,8 milioni di euro l’anno), 184 a Catania e 166 ad Agrigento.

Se si escludono questi ultimi casi, il “regno” dei precari siciliani è disseminato lungo le strade che portano a cittadine di medie dimensioni. Se ad esempio a Palermo questi lavoratori sono appena 55, ecco spiccare Partinico (sempre nel Palermitano) con 241 precari, Favara (in provincia di Agrigento) con 205 lavoratori a tempo determinato e un costo per i loro stipendi pari a due milioni e mezzo. E ancora, ecco i 145 precari di Barcellona Pozzo di Gotto, i 131 di Capo d’Orlando, i 136 di Licata, i 173 di Mazara del Vallo. Tutti entrati senza concorso. E tutti ormai prossimi a una stabilizzazione per la quale governo e parlamento hanno brindato platealmente nei giorni scorsi.

Come se la presenza delle pattuglie dei precari nelle città siciliane fosse un destino inevitabile. Ovviamente non è così. Stando agli ultimi dati dell’assessorato alla Funzione pubblica questi sono 13.636 e sono costati nel 2016 quasi 181 milioni. Ma non sono pochi i Comuni che oggi possono vantare (questo sì) un personale completamente stabilizzato: nessun precario, insomma. Oltre al capoluogo Ragusa, sono quaranta i Comuni siciliani nei cui organici non sono presenti lavoratori a tempo determinato. I precari, ad esempio, non sono sbarcati sulle isole: nessuno di loro è nei Comuni di Favignana, Lampedusa e Linosa, Ustica, Pantelleria oltre ai comuni “quasi isolani” di Lipari e Isola delle Femmine. Nessun precario anche in Comuni di medie dimensioni o come Canicattì e Misilmeri, Misterbianco e Niscemi o votati al Turismo come Noto e Taormina. E chissà come si sentirà l’unico precario presente a Lentini, Aci Castello o in un’altra dozzina di Comuni. Quelli no, non appartengono al regno tutto siciliano dei numerosi, insostituibili precari.


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