Concorso esterno, Salvatore Aleo: | “Ricostruzione debole del gip” - Live Sicilia

Concorso esterno, Salvatore Aleo: | “Ricostruzione debole del gip”

Intervista a Salvatore Aleo che commenta le motivazioni della sentenza del gip su Mario Ciancio Sanfilippo.

CATANIA. Continuano i riverberi della sentenza che ha deciso il “non luogo a procedere” nei confronti di Mario Ciancio Sanfilippo, imprenditore ed editore del giornale “La Sicilia”. Le centosettanta pagine scritte dalla gip Gaetana Bernabò Di Stefano sono destinate a far discutere ancora: dopo le dichiarazioni del presidente dell’ufficio Gip Nunzio Sarpietro – il quale ha ribadito l’ipotizzabilità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa in accordo con gli indirizzi più recenti della Cassazione – è arrivata la levata di scudi della Camera Penale di Catania che legge nelle parole di Sarpietro un rischio “emarginazione”, invocando l’intervento degli organi di autogoverno della magistratura. Salvatore Aleo – ordinario di Diritto Penale al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania – si inserisce nel dibattito, su richiesta di LiveSiciliaCatania, commentando le motivazioni della sentenza e fornendo spunti di riflessione come quelli che offre ai suoi studenti.

“Penso sia errato affermare che il concorso esterno sia il frutto di un’elaborazione giurisprudenziale, infatti è presente nel codice – e lo era pure nei codici napoleonico, sardo e Zanardelli – e direi anche nelle cose. Ha sbagliato la giurisprudenza fino agli anni Ottanta quando negava una cosa ovvia, anche tecnicamente”. La ricostruzione teorica e tecnica del reato di concorso esterno in associazione mafiosa che viene fatta nella sentenza, secondo Aleo “è culturalmente debole, e il fatto che il reato sia difficile da dimostrare – afferma il professore – non ne sminuisce l’importanza e non ne mette in discussione la legittimità: ci sono tanti delitti di prova difficile che non per questo vengono contestati, i delitti di violenza sessuale spesso hanno una prova difficile ma nessuno propone di eliminarli”.

Le parti della sentenza che destano maggiori perplessità, secondo Aleo, sono quelle in cui si esorta il legislatore a definire la fattispecie: “Tipizzare il concorso esterno è una contraddizione in termini – commenta – poiché si tratta di un contributo atipico, per definizione, che può manifestarsi sotto svariate forme, e che assume valore in base all’uso che ne vien fatto. ‘Concorre’ non è una fattispecie, ma un criterio di correlazione. Nessuno si è mai posto il problema di tipizzare la causalità. Su questo punto ho avuto diverse discussioni in ambito accademico, anche con il mio amico Giovanni Fiandaca, contestando qualunque pretesa di definizione della condotta atipica. Il problema è di prova e di argomentazione”.

Anche il riferimento alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla vicenda Contrada è fuori contesto: “La sentenza della Cedu – sottolinea Aleo – non c’entra nulla né col provvedimento in oggetto, né con la legittimità del concorso esterno: la Corte ha detto che i fatti attribuiti a Contrada erano relativi al periodo in cui la Cassazione sosteneva la non configurabilità del concorso esterno, e quindi la condanna violerebbe sostanzialmente il principio di legalità, ovvero la conoscibilità del precetto legale da parte del soggetto. Non dimostra affatto che il concorso esterno sia una nozione debole. E oltretutto quella giurisprudenza è da considerarsi errata”.

Quello che secondo Aleo è meritevole di attenzione nel provvedimento del gip è il ragionamento che sta alla base del “non luogo a procedere” relativo agli accertamenti svolti: “Quando vengono ricostruite le relazioni costitutive di un’organizzazione criminale che agisce nel tempo, i nessi di responsabilità si diluiscono, sfumano e vengono dedotti da un complesso di situazioni accumulatesi negli anni. Allora il problema è di consistenza della prova e di significatività dei fatti contestati. L’argomento di fondo del gip è che il materiale raccolto è carente dal punto di vista probatorio e non reggerebbe al vaglio dibattimentale, che gli elementi contestati nella richiesta di rinvio a giudizio non sarebbero né singolarmente consistenti né sostanzialmente dissimili da quelli in base ai quali la stessa Procura aveva già chiesto l’archiviazione”. “Nel caso di Mario Ciancio Sanfilippo – continua – stiamo parlando di quarant’anni di un ruolo importante di riferimento per una serie di attività. Ciancio viene considerato un punto di riferimento e di snodo per cose importantissime, e il gip dice ‘se fosse vera l’ipotesi accusatoria e se fosse dimostrato tutto quello che voi non avete dimostrato, non si tratterebbe del contributo di un estraneo, ma di un ruolo da protagonista dell’organizzazione’. Questo è un argomento che usa in modo paradossale per sostenere che la procura non ha raccolto elementi sufficienti da doversi svolgere il processo”.

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