Condannato per mafia ai domiciliari| "Non ci sono strutture per curarlo" - Live Sicilia

Condannato per mafia ai domiciliari| “Non ci sono strutture per curarlo”

Pietro Pollichino

Il suo avvocato: "Sta male, il Coronavirus non c'entra"

PALERMO – Concessi gli arresti domiciliari a Pietro Pollichino, 78 anni, condannato per mafia, esponente del mandamento di Corleone. Era detenuto nel carcere di Melfi. La decisione è del Tribunale di Sorveglianza di Potenza. Pollichino sta scontando una condanna a 6 anni e 8 mesi. Il fine pena è previsto all’incirca fra un anno, tenuto conto degli sconti di pena che gli spettano. 

Il suo legale, l’avvocato Giuseppe Colucci, ha presentato l’istanza di scarcerazione lo scorso dicembre e cioè prima che esplodesse l’emergenza Coronavirus. Ed è lui a frenare le polemiche dicendo che la ormai famosa circolare del Dap, quella che indicava l’elenco dei detenuti da monitorare per i rischi sanitari, nulla c’entra. Ci sono due relazioni mediche che attestano l’incompatibilità con la detenzione in carcere per patologie pregresse di tipo cardiaco. L’attuale situazione epidemiologica, però, “rende difficoltoso fare ricorso ai trattamenti sanitari presso i presidi territoriali esterni”. 

Pollichino aveva rapporti con il reggente del mandamento di Corleone Rosario Lo Bue. Non era detenuto al 41 bis, ma in regime di “alta sorveglianza”. Come sottolinea il magistrato di sorveglianza, accogliendo le indicazione dei pm di Palermo, il detenuto non si è ravveduto né ha collaborato con la giustizia. Alla luce del suo “indubbio spessore criminale” è stata rigettata la richiesta di differimento della pena ed è stata concessa la detenzione domiciliare per nove mesi, con permesso di due ore al mattino per esigenze di salute.

Nel settembre 2014 le microspie piazzate in una una masseria di Contessa Entellina registrò la conversazione fra Vincenzo Pellitteri, responsabile della famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani, il suo referente Pietro Pollichino, e il capo famiglia di Palazzo Adriano, Pietro Paolo Masaracchia: “… che questo Angelino è un porco con le persone… chi minchia glielo ha portato allora qua con i voti di tutti… degli amici… è andato a finire là… insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti… tanto che si è dimenticato a tutti che… e dalla galera, dalla galera dicono cose tinte su di lui…”.

Fosse dipeso da loro avrebbero preso rimedi estremi contro l’allora ministro Angelino Alfano: “… ed io gliel’ho detto a Vincenzo, se siamo, se c’è l’accordo… lo fottiamo a questo… lo fottiamo, gli cafuddiamo (ndr: diamo) una botta in testa… ci vuole un po’ d’impegno, gli cafuddiamo una botta in testa… però noialtri… ah? Non perdiamo la faccia, noialtri siciliani! Di questo si tratta… è un cane per tutti, per tutti i carcerati… Angelino Alfano…”. Masaracchia paragonava il comportamento di Alfano a quello del presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy: “Kennedy era allora il presidente degli Stati Uniti, perché a Kennedy chi se lo è masticato. Non ce lo siamo masticato noialtri là in America. Eh… ed ha fatto, ha fatto le stesse cose che ha fatto Angelino Alfano… che prima è salito con i voti di cosa nostra americana e poi gli ha voltato le spalle… eh… dunque se non ci difendiamo…”.

I pm di Palermo e la Procura generale hanno dato parre negativo alla scarcerazione. Che cosa è successo? Si consigliava il trasferimento di Pollichino in una struttura sanitaria carceraria per potere essere tenuto sotto osservazione h24. Di strutture così ce ne sono pochissime in Italia e sono tutte destinate ai detenuti al 41 bis, il carcere duro per i boss più pericolosi. A questo punto, visto che “non può escludersi, in caso di eventuale contagio da Coronavirus, il verificarsi di un serio peggioramento delle condizioni di salute” del detenuto –  “difficilmente fronteggiabile all’interno del carcere” – si è deciso di mandarlo ai domiciliari. E il legale ribadisce che nulla è stato regalato al suo assistito e la concessione dei domiciliari meritava di essere accolta indipendentemente dal Coronavirus


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