PALERMO – La polizia ha eseguito la confisca di beni patrimoniali, per un valore complessivo di circa 280 mila euro, riconducibili ai fratelli Graviano, boss del mandamento mafioso di Brancaccio. Le indagini sono state eseguite dagli agenti della Sezione Patrimoniale dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Questura di Palermo. Con il provvedimento, emesso dalla Corte di Appello di Palermo, diventa definitiva la confisca del “Bar Sofia” di Salvatore Perlongo con sede a Palermo in Via Mondini, della Società AZ Trasporti srl e del complesso di beni costituiti in azienda a Campobello di Mazara ed una unità locale della stessa azienda a Palermo.
La confisca rappresenta l’esito finale di un’ampia attività di indagine, iniziata nel 2009 e conclusasi il 29 novembre 2011, con l’operazione di polizia condotta dalla Squadra Mobile denominata “Araba Fenice”, nei confronti del mandamento mafioso di Brancaccio. Nel corso dell’operazione furono arrestati numerosi esponenti di spicco della mafia palermitana accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti ed altro. Nel corso delle indagini emerse una fitta rete di relazioni tra gli esponenti di vertice del mandamento di Brancaccio, taluni dei quali peraltro risultati in contatto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese e di altre famiglie mafiose.
Tra gli arrestati anche Nunzia Graviano, sorella di Filippo, Giuseppe e Benedetto Graviano, boss del quartiere Brancaccio responsabili di diversi omicidi di mafia tra cui quello del Beato padre Pino Puglisi. Nunzia, in quel periodo l’unica tra i fratelli in stato di libertà, aveva preso le redini della famiglia e retto le fila del mandamento mafioso, gestendo un imponente patrimonio finanziario. La donna, che viveva a Roma, dove gestiva un bar nel quartiere africano, si occupava infatti delle attività che in passato erano state seguite dai fratelli fino al loro arresto. Tra gli altri destinatari del provvedimento Salvatore Perlongo palermitano, 41 anni; Christian Divano nato a Bra (Cn), 33 anni; Antonino Sacco, palermitano, 61 anni; Benedetto Graviano, palermitano, 58 anni; e Cesare Lupo, palermitano, 55 anni, capo della famiglia mafiosa di Brancaccio. Lupo era formalmente, impiegato della AZ Trasporti, azienda che si occupava di spedizione e consegna merci. Gli uffici della società, oggi definitivamente confiscata, in realtà, costituivano la sua base operativa ed in quei locali sarebbe stato svolti summit di mafia. Il provvedimento definitivo ha disposto la confisca dell’AZ Trasporti, riconducibile formalmente a Christian Divano, ma sostanzialmente alla sfera patrimoniale di Cesare Lupo e Benedetto Graviano. Anche il bar Sofia, attività commerciale oggi definitivamente sequestrata, era riconducibile sostanzialmente a Cesare Lupo e Antonino Sacco e quindi agli interessi della cosca, nonostante la titolarità meramente formale fosse di Salvatore Perlongo, prestanome dei mafiosi.