CATANIA – Che ieri sera fosse la volta buona si capiva dal clima. Tuccio Tringale, l’esperto del sindaco, appariva tranquillo rispetto ai giorni scorsi. E poi c’erano pure gli assessori: Barbara Mirabella, Sergio Parisi, Michele Cristaldi, Enrico Trantino, Andrea Barresi. La giunta quasi al gran completo presidiava l’aula. Pronta al festeggiamento per la vittoria di Salvo Giuffrida e, di conseguenza, del primo cittadino Salvo Pogliese. Con 20 voti, Giuffrida viene eletto vicepresidente vicario del Consiglio comunale. Emanuele Nasca si ferma a 16 preferenze. E così finisce una soap opera che avrebbe perfino portato il primo cittadino a minacciare le dimissioni.
Il voto per il vicepresidente vicario
La sindacatura val bene una vicepresidenza vicaria, a Palazzo degli elefanti. Da quando Carmelo Nicotra ha lasciato la carica per affrontare con serenità la candidatura alle Regionali 2022, la calma apparente del municipio è stata messa in crisi dalla candidatura di Emanuele Nasca contro Giuffrida, nome del sindaco. Nasca, oggi leghista ed ex grillino, metteva d’accordo un pezzo di maggioranza e, apparentemente, tutta l’opposizione. La partita vera, però, si giocava solo nell’ala destra della sala del Consiglio. Gli autonomisti di Grande Catania, con la sponda di Lega e Catania 2.0 (due facce della stessa medaglia), hanno messo in discussione non solo l’elezione di Giuffrida ma anche la poltrona del sindaco. Mostrando tutta l’insoddisfazione di chi pretende di contare, in una giunta di centrodestra, almeno quanto i voti con i quali ha contribuito alle elezioni. Invece Grande Catania da tempo lamenta di non avere sufficiente spazio. E la Lega non dimentica la defenestrazione di Alessandro Porto, con le conseguenti dimissioni anche di Fabio Cantarella.
I presenti in aula
Ieri sera, in aula, non mancava nessuno. Qualcuno con la faccia un po’ sbattuta, qualcun altro con un occhio all’orologio. Ma 36 sono stati eletti e 36 sono i tesserini che certificano le presenze. La seduta comincia con la proposta, venuta da Enzo Bianco e sostenuta da Sara Pettinato, di leggere il solo cognome scritto a penna sulle schede elettorali. Pettinato, fresca di uscita da Fratelli d’Italia, ieri sera si è seduta dal lato sinistro dell’aula, in una scelta di campo non di poco conto. La consigliera condivide le ragioni dell’ex sindaco Bianco: leggere il solo cognome sarebbe un modo per evitare il riconoscimento dei voti e per garantire libertà di scelta ai consiglieri. Ma niente da fare: la pregiudiziale finisce pari (18 a 18) e non viene approvata. Poi comincia il voto vero.
L’analisi delle preferenze
Partendo dallo sconfitto, l’analisi di quanto scritto sulla scheda forse consegna anche un’analisi del voto: sei voti vanno a E. Nasca, plausibilmente gli autonomisti, unici in aula con sei consiglieri, coerenti fino all’ultimo. Tre voti vanno a Nasca Emanuele: Catania 2.0? Quattro voti sono, semplicemente, per Nasca: in questi è possibile che si debbano leggere in filigrana le preferenze dei due che proponevano la lettura del solo cognome. Tre preferenze, infine, sono destinate a Emanuele Nasca. Nei cinque voti di dubbia attribuzione dovrebbero stare i voti certi della Lega (lo stesso Nasca e Alessandro Messina) e quelli dei quattro del Movimento 5 stelle. I conti tornerebbero se Pettinato, nonostante la plateale uscita dalla maggioranza, avesse comunque appoggiato Giuffrida. Se invece lei avesse votato Nasca, l’opposizione avrebbe perso, complice il voto segreto, almeno una preferenza. Una oltre a Lanfranco Zappalà, che il suo voto per Giuffrida lo aveva annunciato.
Il risultato, calcolatrice alla mano, non sarebbe cambiato. Alla seconda votazione, Giuffrida per vincere aveva bisogno di solo un voto in più dell’altro candidato. E alla fine ne ha avuti due. Cioè il resto della maggioranza (i gruppi del sindaco, Diventerà bellissima e i compiacenti del gruppo Misto), e Zappalà, appunto. L’highlander del Consiglio comunale, eletto ininterrottamente dal 1993, per anni alfiere di Enzo Bianco, ieri sera ha votato Giuffrida. “Gli sono amico – dice Zappalà a LiveSicilia – E penso che in questa battaglia tra Lega e Fratelli d’Italia non voglio entrarci, anche perché penso male di entrambe”. I mugugni tra i suoi colleghi non mancano.
Le polemiche che arriveranno
Quando il presidente del Consiglio Giuseppe Castiglione certifica l’elezione di Salvo Giuffrida, il neoeletto vicepresidente vicario incassa abbracci e applausi da tutti. Lui, commosso, prende la parola. Ringrazia Pogliese e saluta un ex collega, padre di una attuale consigliera, al momento in ospedale. “La mia stima verso tutti rimane immutata – afferma Giuffrida – Le vittorie più belle sono anche quelle più sofferte“. Il tono è conciliante, l’emozione sincera. Anche il fastidio, tra chi esce dall’aula, è altrettanto trasparente. “Quindi, dopo questa, per ogni delibera si minacceranno dimissioni?“, si sente qualcuno dire. E Salvo Di Salvo rincara la dose: “Pogliese ha dovuto minacciare di dimettersi per racimolare 20 voti, ha chiamato personalmente tutti i consiglieri nonostante sia sospeso da sindaco“, attacca. Annunciando quale sarà, probabilmente, il prossimo argomento di polemica.