Consorzio Tre Fontane, dirigenti | condannati dalla Corte dei contri - Live Sicilia

Consorzio Tre Fontane, dirigenti | condannati dalla Corte dei contri

Il presidente avrebbe affidato diversi incarichi legali in modo caotico e arbitrario.

Canicattì
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PALERMO – Con sentenza numero 616/2016 del 27 luglio 2016, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia ha condannato il presidente del Consorzio Tre Sorgenti di Canicattì, Calogero Mattina, e i responsabili dell’area amministrativa, Fabrizio Lo Porto, e dell’area economico finanziaria, Gaspare Alletto, a risarcire al Consorzio 153.716,33 euro il primo, e 76.858,16 euro cadauno gli altri, oltre rivalutazione, interessi e spese del procedimento. Nel triennio 2008/2010 il presidente del Consorzio avrebbe affidato diversi incarichi legali in modo caotico e arbitrario senza che risultasse operata la necessaria valutazione di congruità sulle parcelle liquidate né acquisita la vidimazione da parte dell’ordine professionale. Inoltre, sempre nel medesimo periodo, sarebbero stati conferiti ulteriori incarichi a professionisti esterni senza una preventiva valutazione della indisponibilità di analoghe professionalità all’interno degli organici del Consorzio.

In particolare, sarebbero stati evidenziati il mancato rispetto dell’ordinamento contabile degli enti locali; l’assenza di valutazioni di congruità nella determinazione degli onorari, l’assenza di verifiche nel riconoscimento del rimborso spese e, più in generale, l’incongruenza dei contenuti degli incarichi affidati con la natura pubblicistica del Consorzio. A prescindere dalla genericità dell’oggetto degli incarichi conferiti, i convenuti in giudizio non hanno provato che l’attività sia stata effettivamente svolta dai professionisti.

“Hanno dimostrato – si legge nella motivazione – quanto meno una grave leggerezza nell’utilizzo delle risorse pubbliche prescindendo dalle regole della sana e prudente gestione finanziaria e si sono ripetutamente discostati dal parametro normativo, ponendo in essere una condotta contrastante con i canoni della buona amministrazione e con i principi di trasparenza, di efficienza e di sana e prudente gestione delle risorse pubbliche. Tale comportamento è stato connotato quanto meno dall’elemento psicologico della colpa grave, poiché gli amministratori hanno violato i principi fondamentali che presiedono all’attività amministrativa, nonché a disposizioni di facile interpretazione contenute nella normativa di rango primario e nel regolamento di organizzazione”.

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