Patto con il dirigente "corrotto" | E divenne il "rais delle spiagge" - Live Sicilia

Patto con il dirigente “corrotto” | E divenne il “rais delle spiagge”

L'assessorato regionale al Territorio

I retroscena dell'inchiesta sul dirigente Antonino Di Franco e l'imprenditore Giovanni Cimino.

CORRUZIONE ALLA REGIONE
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PALERMO – Si sentiva il “rais del demanio marittimo”. Antonino Di Franco, dirigente dell’assessorato regionale al Territorio si presentava nei lidi di Palermo e provincia o in altre strutture alberghiere e si comportava da vip. Godeva di favori e regali in cambio di “benevoli provvedimenti”. Per lui c’era sempre un posto in prima fila su un lettino di fronte al mare. Ecco perché l’inchiesta che oggi è sfociata in due arresti e due divieti di dimora non può considerarsi conclusa. I poliziotti del commissariato di Cefalù hanno ancora tanto da lavorare.

“Un vero e proprio accordo corruttivo”, lo definisce il giudice per le indagini preliminari. A stringerlo sarebbero stati Antonino Di Franco, ex dirigente del Demanio marittimo presso l’assessorato regionale al Territorio, e Giovanni Cimino, a capo di una holding di imprese del settore turistico alberghiero. Cimino avrebbe ricambiato i favori di Di Franco assumendo il figlio come bagnino presso la “Euroglobal Service Società cooperativa” gestita di fatto da Cimino.

Quando nei mesi scorsi il lido Poseidon finì sotto sequestro per una serie di irregolarità iniziò una frenetica attività per “sanare” o “regolarizzare” ogni abuso. Di Franco si sarebbe persino spinto a suggerire a Cimino la linea difensiva da adottare. Il “prezzo” di questi primi “sforzi” sarebbe stata l’assunzione del figlio di Di Franco. Il dirigente mostrava sicurezza alla moglie, dicendole che ci avrebbero pensato “loro a metterlo a posto”. E si sarebbe anche attivato per la figlia che doveva “fare l’estate”. La ragazza sarebbe stata assunta in un lido a Palermo per ovviare al fatto di non possedere una macchina.

Di Franco tramite Bartolomeo Vitale, “braccio destro” di Cimino e presidente dell’”Associazione Operatori Balneari di Cefalù”, avrebbe anche rivelato notizie coperte dal segreto d’ufficio. Ad esempio avrebbe fatto sapere all’imprenditore che gli ispettori dell’assessorato erano pronti a controllare il Maljk, altro noto stabilimento di Cefalù gestito da una società che fa capo a Cimino. Nel caso del Poseidon Di Franco, in collaborazione con il funzionario Salvatore Labruzzo, avrebbe fatto carte false affinché emergesse addirittura che erano stati i poliziotti del commissariato a commettere l’errore di sequestrate il lido. In cambio anche Labruzzo avrebbe ottenuto l’assunzione del figlio come fattorino.

Mentre i dipendenti pubblici si adoperavano per soddisfare in tempo reale ogni richiesta dell’imprenditore cefaludese, tanti esercenti di lidi balneari attendevano mesi, se non anni, per il rinnovo di una concessione o, più semplicemente, per subentrare a qualcuno. La denuncia di uno di essi, stanco di aspettare, ha “scoperchiato” il sistema. Cimino negli anni è arrivato a controllare, direttamente e non, l’80% dei lidi e degli stabilimenti di Cefalù e dintorni. Era diventato quello che il gip definisce il “padrone quasi per intero” di uno dei tratti di costa più belli, conosciuti e suggestivi del litorale palermitano.

L’estate scorsa avrebbe tentato il colpaccio: l‘assegnazione temporanea dei pochissimi tratti di spiaggia libera per organizzare una fantomatica manifestazione, denominata “Mare Luna”. L’operazione, però, finì sotto la lente di ingrandimento del commissariato di Cefalù e della Procura di Termini Imerese. Risultato: la regione blocco tutto sul nascere.


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