Corte dei Conti: “Partecipate| indebitate e senza controllo” - Live Sicilia

Corte dei Conti: “Partecipate| indebitate e senza controllo”

Critiche dei magistrati contabili alla gestione delle partecipate, all’eccessivo ricorso ai debiti fuori bilancio, alla spesa per i precari, all’elevato ammontare dei residui attivi e passivi.

PALERMO – La spesa per i precari, il “buco” delle partecipate comunali, l’elevato ammontare dei residui attivi e passivi, l’eccessivo ricorso ai debiti fuori bilancio. C’è questo e altro nell’ultima delibera della sezione di controllo della Corte dei Conti, presieduta da Maurizio Graffeo, sullo stato delle finanze del Comune di Palermo. Nel documento i magistrati contabili elencano in maniera dettagliata emergenze e criticità nella gestione finanziaria di Palazzo delle Aquile. Rilievi che per la giunta Orlando non sono certo una novità: in fase di discussione del bilancio consuntivo 2012 il collegio dei revisori dei conti ne aveva sollevati di molto simili. Va anche fatta una precisazione: le critiche della Corte riguardano un arco di tempo che va dal 2009 al 2011, con un’incursione sul previsionale 2012, ma in generale prima dell’insediamento dell’esecutivo di Leoluca Orlando.

I rilievi della Corte partono dalla materia fiscale: si registra da parte del Comune “una bassa capacità di riscossione delle entrate” con particolare riferimento “alle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni al codice della strada” e “ai proventi da recupero dell’evasione tributaria”. L’ammontare dei residui attivi e passivi “è elevato” e “il bassissimo tasso di realizzazione dei residui attivi rispetto allo smaltimento dei residui passivi” comporta “inevitabili conseguenze negative sulla disponibilità di cassa”.

La sezione di controllo bacchetta piazza Pretoria anche in materia di contenimento delle spese, focalizzando l’attenzione su due anomalie: “il mancato rispetto della legge 78 del 2010 per quanto attiene le spese di rappresentanza e le spese per missioni” e “il mancato adeguamento della stessa 78/2010 relativamente al contenimento delle spese per il personale a tempo determinato, in convenzione o con contratti di collaborazione”.

Come lo stesso Orlando ha sottolineato durante la conferenza stampa odierna, la situazione delle partecipate comunali è nota da tempo. La stessa Corte parla di “perduranti perdite di esercizio per importi rilevanti con la progressiva ed inevitabile erosione del patrimonio netto; l’elevatissima incidenza dei costi del personale rispetto al totale dei costi di produzione; la fortissima esposizione debitoria. Particolarmente critiche e in condizioni di peggioramento appaiono Amia, Gesip e Amat”. L’indebitamento dell’Amia nel 2011 ammontava a 223 milioni di euro, quello della Gesip a 14 milioni, quello dell’Amat a 117 milioni. Per la sezione la situazione di crisi delle partecipate è imputabile “al mancato rispetto dei principi e delle leggi che regolano l’esternalizzazione di funzioni e servizi pubblici”.

Ma la Corte rimprovera all’amministrazione anche “il mancato consolidamento tra il bilancio comunale e quello delle partecipate che consenta una rappresentazione unitaria contabile della situazione finanziaria”. Su questo punto le opposizioni di Sala delle Lapidi avevano già duramente attaccato la giunta Orlando chiedendo che in fase di discussione del consuntivo 2012 venissero presentati in aula anche i bilanci delle municipalizzate. I magistrati chiedono inoltre a piazza Pretoria di intervenire in maniera più strutturale per il riordino e il risanamento delle aziende, soprattutto per quanto attiene Gesip e Amia. Nella maggior parte dei casi, infatti, manca un sistema di governance, ossia di gestione, controllo e informazione contabile.

Proprio il mancato controllo “crea dei disallineamenti tra i crediti verso il Comune riportati dai bilanci delle società e il corrispondente ammontare dei residui passivi riportati dal bilancio comunale”. Tale disallineamento “è stato già denunciato nel 2008 ed è aumentato a oltre 65 milioni di euro”, che potrebbero interamente essere scaricati sulle casse comunali, provocando un vero e proprio salasso. La Corte ne ha anche per la Gesip, sollevando dubbi sul protocollo d’intesa di aprile tra Ministero del Lavoro, Regione Siciliana e Comune: “l’accollo da parte del Comune di questi oneri può essere giustificato solo se trova riscontro nella prestazione da parte dei dipendenti degli stessi servizi affidati alla società, pur nel quadro del nuovo regime discendente dall’accordo”.


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