Orlando: i cari volti di Biagio e Giuditta

Cosa ci dicono i volti di Biagio e Giuditta

Il ricordo di una Palermo grigia, immersa nella paura
L'incidente del Meli 40 anni dopo
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I quarant’anni dell’incidente del Meli. Il ricordo dell’allora sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

In via Libertà, sul muro dietro la pensilina di una fermata dell’autobus, i volti sorridenti di due giovani studenti e accanto una lapide con i nomi di Giuditta Milella e Biagio Siciliano e la data del 25 novembre 1985.

Dopo 40 anni, ogni giorno , ai passanti e a quanti attendono l’autobus, torna la memoria di una tarda mattinata di un grigio e piovoso giorno di autunno.

Palermo grigia, costretta a vivere tra vergogna e paura per la criminale violenza mafiosa, si preparava al 10 febbraio 1986, data della prima udienza del più importante maxiprocesso contro Cosa Nostra.

Biagio e Giuditta – al termine delle lezioni al Liceo Meli, in attesa di un autobus per tornare a casa – venivano uccisi da una auto della scorta di regola assegnata ai giudici del pool antimafia,Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta.

Lo sbandamento di quella auto tragicamente segna il cammino di liberazione dalla mafia e dal suo sistema di potere, un cammino segnato dal sacrificio di tanti servitori dello Stato e cittadini. Biagio morì sul colpo, Giuditta il 1 dicembre e con loro 23 feriti vennero trasportati in ospedale.

In quei giorni in città la speranza di sconfiggere Cosa nostra era insidiata da atteggiamenti e affermazioni di fastidio per le troppe sirene delle auto delle forze dell’ordine e contrastata dalle complicità di quanti criticavano il “danno” che arresti di mafiosi e sequestri di patrimoni illeciti provocavano alla economia della città. Una città in bilico tra legalità e complicità.

In quel momento la città collusa si aspettava che le sofferenze per la tragedia di via Libertà si manifestassero con attacchi all’impegno antimafia dello Stato attraverso critiche a forze dell’ordine e al pool antimafia.

Quel terribile incidente turbò profondamente i magistrati del pool e, in particolare, Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta. Ricordo la loro sofferenza quando andammo ad incontrare i feriti ricoverati in ospedale e durante i funerali. Era quella la sofferenza di tutta la città.

La sofferenza profonda e inconsolabile dei genitori di Biagio e di Giuditta fu di una straordinaria compostezza come di straordinaria compostezza fu la sofferenza dei feriti e di tutti i compagni del Liceo.

Agli uni e agli altri va rinnovata ammirazione anche da quanti si trovano e si troveranno a passare davanti a quelle foto e a quella lapide, rivolte oggi verso una Banca che ha preso il posto del Liceo Meli, non più in locali in affitto e trasferito in un nuovo edificio appositamente costruito.

Biagio, Giuditta, i feriti di quel tragico incidente vanno considerati, anche loro, tra le vittime di un sistema criminale che pretendeva di dominare con la violenza condizionando la vita di palermitane e palermitani.

Vittime civili di una guerra confermata dalla definizione di Aula “Bunker” in quegli stessi giorni di novembre in frenetica fase di costruzione in vista della apertura del maxi-processo.

Ed ieri come oggi la società civile è vittima di illegalità e violenze ma con le sue scelte responsabili e spesso difficili e con le sue sofferenze deve e può porre un argine ad una cultura della illegalità e del malaffare che si nutre di complicità’ diffuse e di ciechi egoismi.


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