Cosa succederebbe | se tornassimo alla lira? - Live Sicilia

Cosa succederebbe | se tornassimo alla lira?

Gli economisti che pontificano sull’uscita dall’euro hanno in mente un modello economico stilizzato che non tiene conto dei divari. Destinati ulteriormente ad aumentare. Quindi con prevedibili rotture di coesione sociale, trasferimenti in massa di capitale umano, spopolamento di aree pur una volta fertili.

La campagna elettorale per le votazioni dei candidati al Parlamento Europeo è in pieno svolgimento. Secondo tradizione. Forse con toni più sommessi, investimenti di propaganda non eclatanti, attenzione più ai singoli candidati che ai partiti.

Facciamo una sorta di esercizio. Cosa orienterà il consenso dei siciliani a parte ovviamente il “peso” delle personalità proposte, sia esso di tipo politico, mediatico, legato alla ormai mitica Rete? Sicuramente spirerà vento di astensione manifestato esplicitamente non recandosi al seggio o attraverso schede bianche e nulle. Astensione da leggere come disinteresse verso una pratica democratica rivolta alla composizione di un tipo di Governo sopranazionale troppo distante dai cittadini (che comunque subiscono, e molto, l’incidenza delle sue decisioni). Astensione però che traduce anche un sentimenti anti-casta, anti-sistema, anti-politica.

Ma un’altra motivazione, strettamente collegata alle prime due citate, influenzerà il voto – riteniamo – indirizzandolo verso quei partiti e movimenti che sostengono, in cima al loro programma, l’abbandono dell’euro, giudicata moneta responsabile della crisi, ed il ritorno alla lira come valuta nazionale. Soffermiamoci su questa idea forte. Ritornare alla lira, si dice, ridarebbe sovranità monetaria all’Italia sottraendola da rigidità e vincoli di bilancio imposti dall’UE e alla base della crisi che si sta vivendo quanto meno in termini di drastica riduzione della spesa pubblica. La conseguente perdita di valore della lira rispetto all’euro ridarebbe competitività all’industria italiana e favorirebbe particolari attività, come, ad esempio, il turismo. Darebbe poi la possibilità, è questa è la tesi più azzardata, di ricontrattare il debito pubblico trasformandolo l’euro in lira.

Siamo di fronte ad un tema attraente ma al tempo stesso di difficilissima trattazione se si ha voglia di andare oltre i luoghi comuni. Temiamo che la necessità imposta dalla comunicazione finiscano col ridurre il confronto sull’euro ad una volgarizzazione dei vantaggi prevalenti sulla spiegazione degli effetti negativi che l’abbandono dell’euro provocherebbe.

Proviamo a tracciare alcune considerazioni sul tema con particolare riferimento all’economia siciliana. Ecco un primo problema: dall’istante in cui la decisione iniziasse a maturare, in conseguenza di un risultato delle elezioni europee, ad esempio, che premiasse oltre la previsione i “grillini” ed i “leghisti”, i movimenti politici cioè che sull’uscita dell’euro imposteranno il loro programma politico, ci sarebbero massicce fughe di capitali all’estero tali da portare una seria difficoltà, se non al collasso, lo Stato e il sistema bancario.

Quest’ultimo sarebbe assalito dai “correntisti” che vorrebbero salvare i loro euri da una riconversione forzata, mettendoli, magari, sotto il materasso. Uscire dall’euro significa infatti adottare una moneta alternativa nazionale che sarà svalutata, in termini di potere d’acquisto, intanto rispetto allo stesso euro e poi alle altre monete (almeno, con riferimento a precedenti esperienze, del 50%). Chi ha euri in tasca proprio per evitare questa perdita di valore (conversione forzosa) potrà portarli all’estero. Ma chi, è il caso siciliano, non li ha? Avere una moneta svalutata, come si insegna nei corsi di Economia, favorisce le esportazioni ma aumenta il costo delle importazioni. Il sistema industriale del Nord fortemente trainato dall’export avrebbe certo da guadagnare. Mentre in Sicilia si piangerebbero lacrime amare per il rincaro della benzina e quindi dell’intera filiera che va dai trasporti ai beni di consumo.

Perché si dovrebbe abbandonare l’euro? Per non sottostare – si dice – a regole che strangolano l’economia con il pareggio di bilancio ed il rapporto tra debito pubblico e PIL. Se fallisse però la ristrutturazione del debito pubblico entreremmo nel modello Grecia: default (e quindi riduzione drastica della spesa pubblica a partire dagli stipendi), rinegoziazione del debito umiliante e quindi innalzamento alle stelle dei tassi d’interesse sui titoli dello stato con ulteriore crescita del debito. In sostanza, una situazione generale di impoverimento alla quale sfuggirebbero i grandi capitali. Mentre rimarrebbero pesantemente colpiti tutti coloro che godono di un reddito fisso a partire dai pensionati.

Ora c’è un ulteriore argomento del quale non si parla a proposito dei vantaggi e svantaggi collegati all’uscita dall’Euro. I primi non sarebbero distribuiti equamente tra Nord e Sud, i secondi colpirebbero maggiormente il Sud e quindi la Sicilia. Diamone una prima dimostrazione. Viene dato per scontato che uscire dall’Euro provocherebbe, nel migliore dei casi sia pure per un periodo provvisorio, gradi sensibili d’impoverimento. Che in una situazione come quella siciliana assumerebbero il carattere “d’impoverimento dell’impoverimento”. E’ assai difficile prevedere un’ulteriore situazione di disagio per le famiglie a rischio povertà concentrate come è noto nel Mezzogiorno.

Gli economisti che pontificano sull’uscita dall’euro hanno in mente un modello economico stilizzato che non tiene conto dei divari. Destinati ulteriormente ad aumentare. Quindi con prevedibili rotture di coesione sociale, trasferimenti in massa di capitale umano, spopolamento di aree pur una volta fertili. Diciamolo a chiare lettere. Gli studiosi di fronte ad un’ipotesi come quella dell’uscita dall’euro non hanno in mano uno schema previsionale perfetto. Si tratta di una situazione che si è verificata solo in altri paesi (Argentina) con caratteristiche produttive però assai diverse dall’Italia. Chi predica dogmi in certo senso improvvisa. Chi ignora l’esistenza di due Italia, nella questione, mette in mostra ignoranza nell’analisi. Sarebbe bene che le Università e i centri di ricerca, a partire da quelli siciliani, in occasione delle elezioni europee, fornissero imparziali ma rigorosi materiali di conoscenza. E’ follia declinare l’economia con lo stesso furore anti-casta con cui oggi si contestano le istituzioni.

 

 


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