"Così catturammo Riina" - Live Sicilia

“Così catturammo Riina”

Parlano gli uomini che arrestarono il boss
di
3 min di lettura

Ultimo non è tornato a Palermo. Motivi di sicurezza hanno costretto l’ufficiale dei carabinieri, che il 15 gennaio del 1993 guidò il gruppo Crimor nella cattura del boss Totò Riina, a disertare l’appuntamento con il Festival della legalità che si è aperto questa sera al Palauditore. Tutti presenti, invece, i componenti della ”squadra”, con i loro nomi in codice: Arciere, Vichingo, Omar, Oscar, Pirata, Nello, Barbaro, Aspide, Ombra. Tutti tranne Ultimo, al secolo Sergio De Caprio, condannato a morte da Cosa Nostra, intervenuto soltanto in videoconferenza per ricordare quel giorno di 17 anni fa e per consegnare simbolicamente una targa alla figlia del Maresciallo Vito Ievolella, ucciso da sicari mafiosi il 10 settembre del 1981. Delusione tra i vecchi compagni di quella missione entrata nella storia della lotta alla mafia, trascinando dietro anche una velenosa scia di polemiche e processi. ”Ma comprendo bene le ragioni di Sergio” annuisce ‘Omar’, portavoce dei reduci del gruppo investigativo presente a Palermo. Tocca proprio a Omar descrivere le emozioni di un ritorno a Palermo, 17 anni dopo il D-day. ”E’ cambiata, ed è cambiata in meglio – racconta Omar – oggi si parla di mafia, si scende in piazza a protestare, si fanno nomi e cognomi dei mafiosi e dei loro complici. Prima era tutto nascosto. Sono convinto che la cattura di Riina sia stata uno spartiacque: abbiamo scalfito per sempre la leggende dell’impunibilità mafiosa”.
Il filo della memoria scorre velocemente, mentre le band al Palauditore cominciano a sincronizzare strumenti e acustica in attesa delle performance del festival. Omar ha lasciato l’arma: ora si occupa di coaching, in pratica aiuta la gente e le aziende a lavorare in gruppo e per il gruppo. E’ l’eredità di cinque anni trascorsi a Palermo sulle tracce dei boss mafiosi. ”Quando hanno ucciso Giovanni Falcone, Ultimo ci ha quasi sfidato a catturare Riina e insieme abbiamo deciso di provarci. Siamo arrivati a Palermo dopo un paio di giorni, senza che nessuno ce lo avesse chiesto o ordinato. Abbiamo deciso da soli”. Invisibili, mimetizzati sul territorio, con l’unico obiettivo di stanare la preda. ”Ci siamo allenati a pensare e a vivere come mafiosi – racconta Omar – e forse siamo diventati più bravi e cinici di loro”. Al successo di via Bernini sono seguiti anni difficili, di sospetti e di processi. ”Mi addolora molto quello che ha subito Ultimo – dice Omar – e quella decisione di non perquisire il covo di Riina, giusta o sbagliata che sia stata, l’abbiamo presa tutti insieme”. Proprio quel ritardo – ingiustificato per i magistrati della Procura di Palermo – costò a Ultimo e al suo superiore, il generale Mario Mori, l’accusa più infamante: avere favorito Cosa Nostra. Rinviati a giudizio, entrambi verranno assolti. E anche Mori questa sera ha voluto essere presente all’appuntamento con gli uomini della ”squadra” che il Ros mise in campo per battere il capo di Cosa Nostra. La festa della legalità ha l’obiettivo di raccogliere fondi da devolvere all’associazione di volontariato che porta proprio il nome di Ultimo: le somme raccolte saranno destinate a una casa famiglia del quartiere romano Prenestino, dove saranno ospitati ragazzi difficili, i figli dei carcerati, ”i piu’ deboli… gli ultimi”. E forse proprio per questo motivo De Caprio scelse quel nome in codice, divenuto poi un simbolo nella lotta alla mafia.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI