Palermo, i manifesti della discordia: "Bisogna trovare chi è stato"

La mafia e i manifesti su Cuffaro e Forza Italia: no all’archiviazione

I manifesti della discordia
Secondo il Gip, bisogna individuare gli autori

PALERMO – Il caso non può essere archiviato. Il giudice per le indagini preliminari Fabio Pilato ordina un supplemento di indagini sui manifesti affissi per le strade di Palermo nei giorni delle ultime elezioni amministrative.

C’erano le scritte “Make mafia great again” con i loghi e i colori che riportano ai simboli della Democrazia Cristiana che diventa “Democrazia collusa” e di Forza Italia trasformata in “Forza mafia”.

“La famiglia di Cosa Nostra”

I manifesti – che vari post su Fb attribuivano al collettivo artistico “Offline corporation” – prendevano di mira il partito di Totò Cuffaro, la Dc Nuova e Forza Italia. Fu anche usata una foto di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri con in braccio un bebè con il volto di Roberto Lagalla e la frase “La famiglia di Cosa nostra”.

Il pubblico ministero Eugenio Faletra aveva chiesto l’archiviazione. Forza Italia e la Dc di Totò Cuffaro “hanno contato esponenti coinvolti in indagini per mafia” e quindi i cartelloni satirici del collettivo Offline sarebbero rientrati nel legittimo “diritto di critica politica”.

“No all’archiviazione”

Di avviso opposto l’avvocato Marco Traina, che ha presentato una querela per conto della Dc. Secondo il legale, era evidente il contenuto diffamatorio. Chi ci sia dietro il collettivo è rimasto finora ignoto. Strano, ha sostenuto il legale, visto che gli autori dei manifesti sono stati intervistati da alcuni giornalisti.

Nuove indagini

Un tema che il gip Fabio Pilato fa proprio: “Le indagini sulla individuazione degli autori si sono limitate alla semplice visione delle immagini, senza il compimento di alcuna altra attività investigativa volta a ricercare i responsabili per gli altri episodi peraltro connotati da similitudini ed analogie operative, senza contare che a diversi approdi sono arrivati i giornalisti che sono riusciti a intervistare gli autori del fatto”.

Di manifesti ne furono successivamente affissi altri. Il pubblico ministero ha sei mesi per le nuove indagini.


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