Così va in fumo il "Modello Sicilia" - Live Sicilia

Così va in fumo il “Modello Sicilia”

Passa la legge sulla preferenza di genere. E così va in fumo il "Modello Sicilia". O meglio, la sua illusione.

PALERMO – E alla fine, dopo una concitata e un po’ teatrale seduta dell’Ars, all’ora in cui i migliori inciuci prendono vita nel Palazzo, il “modello Sicilia” andò in fumo. O meglio, ad andare in fumo è stato il suo travisamento, quella trasposizione quasi mitologica che al di là dello Stretto in tanti s’erano bevuti, chi per superficialità chi per interesse personale. Ossia l’illusione della possibilità di un rapporto politico organico, di un’alleanza stabile con tutti i crismi tra il centrosinistra e il Movimento a 5 Stelle. La chimera, inseguita invano a Roma da Pierluigi Bersani, si è rivelata tale. Perché l’essenza del “modello Sicilia”, quello vero, sta proprio nella estraneità dei 5 Stelle al sistema e alla loro disponibilità a votare “di volta in volta” con il governo. Che significa anche la libertà di non votare. Proprio come è accaduto ieri sera, quando a Sala d’Ercole si è consumato uno strappo plateale tra Rosario Crocetta, il governatore “più grillino dei grillini” e i deputati pentastellati.

Paradossalmente, la rottura è maturata su una legge progressista, di rinnovamento e su un tema molto compatibile con la piattaforma del movimento di Grillo, ossia la preferenza di genere. Per far passare la legge, Crocetta non ha disdegnato di baciare il rospo, con un patto dell’ultimo momento stretto con gli odiati berlusconiani, protagonisti di una piroetta degna di Baryshnikov. Dopo aver sventrato i timpani all’uditorio per ore con interventi drammatici in Aula, alla fine il centrodestra (esclusi i lombardiani, che ieri sera hanno fatto la figura dei campioni di coerenza) ha stretto l’accordo con la maggioranza, con tanto di salamelecchi in Aula. Crocetta ha portato a casa il risultato, a cui teneva molto, sacrificando il feeling con i grillini, come certi playboy attempati che si destreggiano a giorni alterni tra due fidanzate che non si possono vedere a vicenda.

Ha visto così la luce la legge sulla doppia preferenza di genere. Una riforma animata dalla buona intenzione di accrescere la rappresentanza femminile nei consigli comunali. Sui rischi che questa legge comporta, abbiamo già detto. Il ritorno, de facto, al sistema della preferenza multipla, archiviata vent’anni fa perché divenuta utile strumento per il controllo del voto, comporta indiscutibilmente dei pericoli. Amplificati dalla norma che prevede, nel caso in cui sulla scheda ci siano i nomi di due maschi, di conservare la prima preferenza senza annullare il voto. Un dettaglio questo che rischia di permettere un controllo del voto a livelli condominiali. Sarebbe bastato prevedere la nullità della scheda in questo caso per scoraggiare i furbi. Ieri all’Ars se n’è parlato, ma i promotori del ddl hanno spiegato che in questa circostanza il presidente di seggio non dà lettura della seconda preferenza, e quindi non c’è rischio di controllare il voto. Basterà questo? Ce lo auguriamo, ma le preoccupazioni restano.

Così come sono rimaste quelle dei grillini. La loro proposta dello spoglio unico avrebbe inferto un colpo molto duro alla pratica del controllo del voto. Ma va riconosciuto che i tempi per riorganizzare i seggi in modo così rivoluzionario non c’erano, visto che l’indizione dei comizi è alle porte. E qui andiamo al secondo peccato originale della legge, ossia quello di avere cambiato le regole del gioco a una manciata di ore dalle elezioni. Meglio sarebbe stato pensarci prima, o rimandare il tutto a giugno. L’Ars ha scelto la via della fretta, speriamo che il parto non porti i proverbiali gattini ciechi.

Un’ultima nota a margine. Grazie alla legge approvata ieri sera sicuramente avremo consigli comunali più rosa, un passo avanti sulla strada dei diritti civili. Capicorrente e notabili locali con il minimo sforzo potranno raddoppiare la loro presenza nei consigli e siamo certi che non si lasceranno sfuggire l’occasione. Spetterà ai siciliani  e alle siciliane sfruttare al meglio lo strumento che la legge offre. Eleggendo donne capaci (e in Sicilia ce ne sono tantissime) in grado di rappresentare e migliorare le proprie comunità. Perché, per capirci, tra un’assemblea con sole tre donne che si chiamano Nilde Iotti, Tina Anselmi ed Emma Bonino e una con quindici Nicole Minetti, forse è preferibile la prima. A meno che non si debba organizzare una cena elegante.

twitter @salvotoscano1


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