Covid, già chiuse 303 imprese etnee: "Dpcm, è il colpo mortale" - Live Sicilia

Covid, già chiuse 303 imprese etnee: “Dpcm, è il colpo mortale”

I numeri di Unimpresa-Assoesercenti Catania. Lo scenario è drammatico.
L'ALLARME
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3 min di lettura

Le misure contenute nel nuovo Dpcm sottoscritto il 25 Ottobre dal Presidente del Consiglio Conte potrebbero rappresentare un colpo mortale per un settore già in gravissima crisi.                                               

È questo il grido d’allarme lanciato da Unimpresa-Assoesercenti Catania.                                                                  Una punizione – secondo il Direttore di Unimpresa-Assoesercenti Catania Salvo Politino – per il settore di cui fanno parte ristoranti, pizzerie, pub e bar, già gravemente devastato dal precedente lockdown.      

La mortalità delle imprese catanesi

                                                                                                                                            Basta esaminare i numeri del Centro Studi di Unimpresa Catania: in provincia di Catania sono già 303 le imprese dei Pubblici Esercizi che hanno abbassato la saracinesca, di cui 112 nel capoluogo.

Un dato che, se comparato ai dati relativi allo stesso periodo dello scorso anno, appare in diminuzione; da un’attenta analisi emerge però come il numero di imprese del settore dei pubblici esercizi iscritte nel 2020 si sia dimezzato rispetto al 2019.        

Una categoria – afferma il Responsabile di Unimpresa sezione ristoranti Roberto Tudisco – quella dei ristoranti che con questo DPCM viene ancora una volta penalizzata nonostante i grossi investimenti effettuati dalle imprese per rispettare le norme igienico-sanitarie e per garantire il distanziamento sociale all’interno dei locali, gravando ancor di più nelle spese di gestione a dispetto dei minor ricavi.

Lockdown camuffato

Lo stop della somministrazione a partire dalle ore 18 rappresenta, di fatto, un lockdown camuffato soprattutto per ristoranti, pizzerie, pub e American Bar che registrano dopo le ore 19 il 90% degli introiti giornalieri.                                                                                                             Per il Responsabile di Unimpresa sezione Bar Antonio Prestipino la chiusura di bar e ristoranti alle 18 è insensata e assurda. Penalizza un settore che in questi mesi ha speso di tasca propria per rispettare i protocolli e per mettere i locali in sicurezza.

La paura dei commercianti

La tutela sanitaria di ogni cittadino è la priorità, ma coniugarla con scelte che non distruggano l’economia è la vera sfida.  Per Daniela Infurna delegato Unimpresa per i pubblici esercizi dei Centri Commerciali, la categoria è fortemente penalizzata  dagli attuali bassi flussi di presenze nei centri commerciali, nonché dalla chiusura domenicale imposta alle ore 14.00, che di conseguenza penalizza l’opportunità di gestire il turno del pranzo, trasformandosi in un vero e proprio giorno di chiusura.   

A seguito di ciò gli operatori si trovano a dover fare i conti con dei ricavi molto esigui, che si esprimono in una perdita circa del 90%, condizione impossibile per la sopravvivenza.

Tale condizione è aggravata dall’impossibilità di applicare delle scelte strategiche, come la scelta arbitraria di una chiusura momentanea, essendo vincolati dalle regole del contratto d’affitto di ramo d’azienda che impongono di rimanere aperti nonostante le condizioni dei ricavi portino ad un conto economico fallimentare.

Nuovi contratti nei centri commerciali

Occorre che le società di gestione dei centri commerciali, a tutela della salvaguardia delle aziende e dei posti di lavoro, rivedano i contratti di affitto per garantire le aziende e i dipendenti.        

“Servono indennizzi”

“In questo momento difficile – conclude – il Direttore Politino -non si può addossare tutto il peso dei contagi da Covid-19 su una categoria, come quella dei pubblici esercizi, che con queste nuove misure e restrizioni vedrà aumentare il numero delle saracinesche chiuse. Queste imprese devono essere indennizzate in misura commisurata al danno e gli interventi di sostegno devono essere erogati con immediatezza.

Non si possono disperdere le risorse verso chi non ha subìto danni e le stesse devono servire al ristoro e al sostegno dello sviluppo e della ripresa. Oltre ai numerosi imprenditori del settore occorre fare i conti con i numerosi lavoratori che rimarranno a casa, aspettando una cassa integrazione che mai arriverà. A Catania e provincia hanno già chiuso 303 operatori del settore”.

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