Covid, i dati catanesi al ribasso: “Ne togli per lo meno 200...”

Covid, i dati catanesi al ribasso: “Ne togli per lo meno 200…”

Le intercettazioni che vedono protagonista la dirigente regionale Maria Letizia Di Liberti, finita ai domiciliari
L'INCHIESTA
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CATANIA –  Togliere, mettere, aggiungere. Non è una ricetta, è il teorema dei numeri che emerge dagli atti dell’inchiesta della procura di Trapani sulla ‘gestione’ del caricamento dei dati relativi al Covid-19. Un teorema grottesco se si pensa che dietro ogni numero si nasconde la vita di una persona. Persone che hanno contratto il virus, persone ricoverate in ospedale che stanno combattendo contro la malattia, persone che purtroppo hanno perso la battaglia. E così dopo l’intercettazione sulla direttiva dell’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza “di spalmare” un po’ le cifre sui morti di Biancavilla, altre conversazioni gettano ombre sulla “veridicità” dei dati relativi all’emergenza sanitaria nella provincia etnea. Anche se l’ormai ex esponente della giunta Musumeci assicura che non c’è stato alcuna falsificazione.

I dati galoppanti

Il mese di novembre è stato un periodo pesantissimo per la provincia etnea. Decine di morti (anche di giovani), ricoveri, ambulanze in fila davanti ai Pronto Soccorso. Contagi galoppanti con posti letto che scarseggiavano.

Molte volte nei dialoghi captati dai carabinieri gli indagati pronunciano il nome del professor Guido Scalia, il riferimento del laboratorio del Policlinico di Catania dove sono processati la stragrande maggioranza dei tamponi molecolari. 

È l’11 novembre quando Emilio Madonia, il dipendente della società che si occupa dei flussi dei dati Covid, parlando con la dirigente regionale Maria Letizia Di Liberti “esterna la sua preoccupazione” del numero elevato di “soggetti positivi” che, da un calcolo approssimativo e sulla scorta dei dati da lui ricevuti sino a quel momento (1.300 + altri 300), si assestava intorno ad almeno 1.600 casi”. 

“Ci lasciamo il centinaio…”

Ma in questo conteggio manca Catania, perchè Scalia – spiega Madonia – non sarebbe riuscito a trasmettere i dati per un problema tecnico. “E quindi su Catania non ne abbiamo neanche uno?”, domanda la dirigente finita oggi ai domiciliari. “No… su Catania ne abbiamo… ne ho un centinaio..Però.. ovviamente… “, risponde. A quel punto la Di Liberti suggerisce di aggiungere i 100 positivi che già erano arrivati e di non preoccuparsi dei dati mancanti di Scalia “perché i numeri – annota il gip – sono già alti”. “E va be… ci lasciamo il centinaio …e .. se non li mandano niente… già sono tutti… Con tutto questo numero elevato.. immagina…!”, sono le parole captate dai carabinieri. 

“Ne togli per lo meno 200…”

Il giorno dopo, una volta risolto il problema tecnico, Catania invia i dati. Ma questo volta il problema – per la Di Liberti – sarebbe il numero troppo elevato in quanto “sono quelli di ieri sommati a quelli odierni”. La dirigente “ritiene opportuno non comunicarli assieme”. “Catania… sono: tutti quelli di ieri.. più oggi?”, chiede a Madonia.  “Catania… Esatto! Esatto!..  C’è il recupero.. di… “, risponde il dipendente. La dirigente allora esclama: “Ma non glieli possiamo dare tutti insieme!”. Madonia spiega che  “Scalia.. praticamente ne ha mandati 500..solo Scalia!”. Di Liberti commenta: ”.Fai… quelli di ieri…”. Madonia ipotizza: “Eh.. che li ha mandati insieme.. non so quali… nepossooo…. metterne.. un tot..” Un assist quasi perfetto per il funzionario che decide: “Ne togli per lo meno 200..”. “200?”, chiede Madonia. “Vediamo un poco…”, asserisce la dirigente. 

La forbice anche per i posti di terapia intensiva

La forbice non sarebbe stata usata solo per alleggerire il carico di positivi, ma dalle intercettazioni sembrerebbe stata presa anche per i dati sui ricoveri delle terapie intensive. E anche la mappa catanese sarebbe stata – per così dire – manipolata al ribasso. 

il 14 novembre Di Liberti chiama Roberto Gambino (dipendente dell’Asp di Palermo) per chiedere conferme sui dati dei posti letto in terapia intensiva di Catania. Il dato statistico sarebbe stato però superiore a quello riferito dalla dirigente: da 5 infatti il numero lievita a 7. E anche stavolta scatta la direttiva al ribasso. “Scusami, ma terapia intensiva avevamo detto più 5 no più 7”, esordisce la dirigente. Il dipendente tenta quasi di giustificarsi: “Lei mi ha detto di …inc… tutte le terapie intensive di Catania, ed erano più 1, più…..”. “E non sono 5, da 77 a ottanta……”, dice Di Liberti. Gambino la corregge: “No, sono 7, sono 7, sono 7”. La funzionaria regionale è lapidaria: “Ah no, e allora fai una cosa, portale a 5”. Due posti di terapia intensiva scompaiono con un colpo di spugna. 


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