PALERMO – Il Tribunale di Torino ha condannato a 7 anni di carcere l’ex patron di Blutec, Roberto Ginatta. Era imputato per bancarotta e malversazione di 16 milioni di euro assegnati da Invitalia, l’agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa partecipata al 100% dal ministero dell’Economia, per il rilancio dell’ex fabbrica Fiat di Termini Imerese.
Il finanziamento sarebbe stato sprecato, così sosteneva l’accusa, fra spese non ammissibili, costi fantasma e strani movimenti bancari. Sotto sequestro finì anche una villa a Sestriere.
Il collegio, presieduto da Paolo Gallo, ha assolto gli altri due imputati: il figlio di Ginatta, Matteo Orlando, e Giovanna Desiderato. C’è poi la stangata dei risarcimenti danni in favore delle parti civili: 16 milioni alla Regione Siciliana, 41 milioni alla Bluetec, oggi in amministrazione straordinaria, 25 mila euro ciascuno alle segreteria, nazionale e provinciale, della Fiom Cgil, 6 milioni alla curatela fallimentare della Metech. Nel caso di Invitalia la somma sarà quantificata e liquidata in un altro giudizio.
Blutec spa, oggi in amministrazione straordinaria, doveva fare ripartire l’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese. Ed invece arrivò il sequestro, poi esteso alla Metec spa, capogruppo di Blutec, di cui Roberto Ginatta (già amministratore di Blutec) era il legale rappresentante.
Secondo la ricostruzione dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo Blutec avesse distratto 16,5 milioni di euro di finanziamenti pubblici, erogati per sostenere la riconversione del polo industriale termitano. L’obiettivo, secondo gli inquirenti, non era il bene dello stabilimento e dei lavoratori, ma quello personale.
L’inchiesta e il processo furono trasferiti da Palermo a Torino per competenza territoriale.
“Rispettiamo la sentenza ma non la condividiamo e sicuramente presenteremo appello – commentano gli avvocati Michele Briamonte e Nicola Menardo dello studio Grande Stevens, legali di Roberto Ginatta – I gradi di giudizio sono tre, non siamo dunque neppure a metà strada di questo lungo percorso e siamo certi che alla fine il fallimento del progetto Termini Imerese si rivelerà per ciò che è: figlio di una politica industriale schizofrenica e dell’inadeguatezza delle istituzioni che dovevano contribuire a realizzarlo”.
“Rimane la sensazione – concludono i legali – che Roberto Ginatta sia stato il capro espiatorio ideale da dare in pasto all’opinione pubblica per alleggerire gravi responsabilità altrui”.