“L'Ars sta danneggiando i siciliani | Dimettermi? Sono un combattente” - Live Sicilia

“L’Ars sta danneggiando i siciliani | Dimettermi? Sono un combattente”

Intervista al presidente Crocetta. Da Fiumefreddo a Ingroia, con uno sguardo alle prossime elezioni.

Il governatore
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PALERMO – Ha scoperto il piacere delle lettere aperte. Dopo quelle inviate, poche settimane fa, al “suo” assessore Alessandro Baccei, il governatore Rosario Crocetta ha scritto anche all’Ars: “La chiusura di Riscossione e il no alla fusione tra Cas e Anas sono gravi errori, ripensateci”. Il presidente, del resto, è sempre più solo. E a Palazzo dei Normanni sembra ormai un corpo estraneo: un fronte trasversale di deputati ha buttato nel cestino le sue riforme. Una corsa a ‘scaricare’ l’ex sindaco gelese. “Questa è una cosa che trovo terrificante”.

Cosa trova terrificante?

“Che si anticipi di quasi un anno lo scontro politico. E che questo scontro esploda mentre stiamo discutendo la Finanziaria. Avevo sempre chiesto: parliamo di elezioni dopo il 30 aprile. Io rispetto la parola data. Altri non lo fanno…”.

Non era prevedibile, invece, che le tensioni e i disaccordi emergessero proprio in questa occasione?

“Ma non su temi di primaria importanza come quelli che stiamo trattando. Non è possibile agire in questo modo, trasformando tutto in una eterna campagna elettorale. Ci sono degli adempimenti da portare a termine, a prescindere dai giochi delle maggioranze e delle opposizioni. Io mi sto autocensurando, perché gli altri non lo fanno?”.

Allora proviamo a restare nel merito di questa Finanziaria. Dalla commissione bilancio le sono arrivate diverse brutte notizie, l’altra sera…

“Ma anche qualcuna buona. Penso ad esempio alla norma per l’assistenza ai disabili. I deputati hanno fatto un buon lavoro, migliorando la proposta avanzata dall’assessore Baccei”.

Lei parla dell’ipotesi di alzare le tasse. Ora la proposta è di Baccei? Non era sua?

“La fonte delle entrate è l’assessore a individuarla. Ma Baccei ha fatto bene a presentare quella proposta, così almeno se ne è parlato e si è trovata una soluzione migliore”.

Va bene, la norma sui disabili le piace. Ma su quella che prevede lo stop alla fusione tra Cas e Anas e quella che spinge Riscossione Sicilia verso la liquidazione lei ha deciso persino di scrivere ai deputati, chiedendo di tornare indietro…

“Andiamo con ordine. Se non si compie la fusione tra Cas e Anas, i danni saranno enormi. Verrebbe bloccato, di fatto, il completamento della rete autostradale siciliana. Era una operazione perfetta: Cas ha le concessioni su alcune tratte, ma non ha i soldi, Anas non ha le concessioni ma ha somme da investire. Stiamo parlando di decine di miliardi”.

E perché secondo lei i deputati l’hanno bocciata? Forse perché quella riforma avrebbe comportato anche l’introduzione di nuovi pedaggi?

“Se è così, l’errore è doppio: non sarebbe aumentata alcuna tariffa. Anzi, nel caso ad esempio della Palermo-Catania questa è impedita persino dalla legge”.

Presidente, la previsione di nuovi pedaggi è contenuta nell’accordo tra Cas e Anas.

“Ma solo nel caso in cui la rete stradale offra delle alternative alle autostrade. Non è il caso della Sicilia. Se l’Ars insiste, vorrà dire che dovremo tenerci strade che in qualche caso risalgono all’epoca borbonica”.

Possibile che l’Ars abbia deciso di bloccare quel progetto anche come ‘ripicca’ nei suoi confronti?

“Questo sarebbe ancora più incomprensibile. Molti di quei deputati mi considerano politicamente morto. E allora perché compiere queste scelte che non fanno altro che danneggiare i siciliani?”.

Lei parla di “scelte”. Perché in effetti le decisioni che lei non ha gradito sono diverse. Accennavamo alla norma che prevede dal primo luglio la liquidazione di Riscossione Sicilia.

“Anche in questo caso l’errore è evidente. Con l’accordo tra la Regione e lo Stato, si è deciso anche che le risorse riscosse nell’Isola non vadano più a Roma, ma possano entrare direttamente nel bilancio regionale. Con lo scioglimento di Riscossione, si finirebbe per dare a un ente nazionale il compito di incassare le somme e solo in un secondo momento queste potranno essere girate alla Sicilia. Le sembra conveniente?”.

Sarà. Ma in tanti, a cominciare proprio dai lavoratori di quella società, da mesi chiedono il passaggio delle funzioni di Riscossione al nuovo ente nazionale che dovrà sostituire Equitalia.

“Ma anche questo passaggio è tutto da vedere. Per portarlo a termine serve infatti un accordo con lo Stato. E se l’accordo non si concludesse positivamente? E se non fosse vantaggioso per la Sicilia? Noi nel frattempo decidiamo di chiudere l’azienda, mettendo anche a rischio tutte le operazioni di rottamazione delle cartelle?”

Ma in commissione Bilancio attendevano notizie proprio da lei. Nell’ultima audizione aveva assicurato che prima del 6 aprile avrebbe dato informazioni certe sul contenzioso con Monte dei Paschi di Siena, che sembra diventato oggi il problema principale di Riscossione. Ma poi, di novità non è arrivata nessuna.

“Per quello che so, Monte dei Paschi di Siena è intenzionata a chiudere una transazione con noi. Al momento siamo in disaccordo sulle cifre. Il contenzioso in ballo, dovuto alla fuoriuscita della banca da Serit, per noi equivale a circa 130 milioni. Noi saremmo disposti ad accettare non meno della metà di quei soldi, per proseguire il dialogo. Loro vogliono riconoscere non più del trenta per cento. Ma se noi delegittimiamo una società in piena fase di transazione, finiamo per creare un danno. E inizio ad avere il sospetto che non sia casuale”.

Che vuol dire?

“Non vorrei che qualcuno voglia difendere interessi esterni alla Sicilia. Per essere più preciso: non vorrei che qualcuno fosse interessato a fare un favore a Monte dei Paschi di Siena”.

Si è chiesto invece se, tra le motivazioni alla base di quella scelta, può esserci anche il burrascoso rapporto tra l’amministratore unico Fiumefreddo e l’Assemblea regionale? E le chiedo: secondo lei l’amministratore di Riscossione Sicilia ha operato bene in questo senso, ossia nei rapporti con le altre istituzioni?

“Il problema è che non si può buttare il bambino con l’acqua sporca. Se l’amministratore non è amato dai deputati, non per questo devono essere danneggiati i siciliani. Per quanto mi riguarda, io, in quanto socio unico dell’azienda, sono vincolato al solo diritto civile. Non rispondo politicamente delle dichiarazioni o delle prese di posizione”.

È lei che nomina l’amministratore unico.

“E allora? Io non devo mica farmi prendere dall’emotività. E se dovessi cacciare tutti quelli con cui sono in disaccordo… Del resto, gli amministratori vanno e vengono. Certo, gli scontri e le polemiche politiche non facilitano le cose. Ma io devo guardare soltanto a come funziona l’azienda”.

Anche su questo punto, i dubbi dell’Assemblea sono tanti: da anni, ben prima dell’avvento di Fiumefreddo, la società riceve finanziamenti pubblici per ripianare i bilanci sempre in rosso. E stando agli ultimi dati ufficiali della Corte dei conti, non c’è stata nemmeno questa svolta nella capacità di riscuotere.

“Il problema di Riscossione è strutturale, ed è legato proprio al contenzioso con Monte dei Paschi di Siena di cui le parlavo. Per quanto riguarda i dati sulla riscossione, questi sono più che raddoppiati nel 2016 e nel 2017, e oggi sono di gran lunga superiori anche a quelli di Equitalia”.

Sono dati di cui dispone solo lei, presidente. Ufficialmente non c’è nulla.

“Li ho illustrati nel corso di una audizione proprio in Commissione Bilancio”.

Glielo chiedo un’altra volta: lei non pensa che dietro quelle decisioni ci sia anche un sentimento di ostilità nei suoi confronti? Che quelle scelte siano il segno di un fallimento politico? Che l’Ars, insomma, abbia voluto puntare i ‘suoi uomini’. Penso anche all’Aran, di cui si è decisa la chiusura, e che oggi è guidata dal marito del Segretario generale e sua fidata collaboratrice Patrizia Monterosso?

“Se fosse così, sarebbe ridicolo. Non capisco cosa ci sia di strano a nominare persone di cui mi fido personalmente. Prima di me, le nomine erano il frutto di una spartizione politica. Oggi non è più così. E se ho scelto Fiumefreddo o Ingroia, non è certo per un tornaconto politico. Ma solo perché il primo, per me, è l’uomo giusto per portare avanti un progetto di difesa di Riscossione. L’ex pm invece mi sembra adatto a mettere fine agli sprechi nel settore dell’informatica”.

Non è un po’ surreale dire che a mettere fine agli sprechi è un amministratore come Ingroia recentemente indagato per peculato?

“Guardi, preferisco non parlare. E poi, una cosa è essere indagato, altra cosa è essere condannato, dobbiamo andarci un po’ cauti”.

Prendiamo atto della sua svolta garantista, presidente.

“Garantista lo sono sempre stato invece. Ed è meglio che lo siamo tutti. Basta pensare a quello che è successo all’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, prima massacrato e poi assolto”.

Lei in passato ha lamentato il fatto di non poter contare su una maggioranza solida. E che per questo, molte delle cose che aveva in mente, non le ha potute realizzare. Adesso, all’Ars sembrano tutti contro di lei. Ha mai pensato che si sia arrivati al punto nel quale l’unica scelta sensata, per lei, una volta approvata la Finanziaria, sia quella di dimettersi?

“Dimettermi? (ride, ndr) Non intendo far finire la Sicilia in un baratro. Ci sono ancora tante cose da fare. Penso agli investimenti del Patto per il Sud, bisogna far partire bene la nuova programmazione europea. Del resto, se non avessi avuto questo senso di responsabilità, mi sarei dimesso anche in passato. Ma vede, io sono un combattente. E un combattente muore sul campo di battaglia e non a causa di qualche congiura di palazzo. Anzi, le dico di più: io, insieme al centrosinistra siciliano, vincerò anche le prossime elezioni”.


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