Crollo di via Castromarino, fissata l'udienza in Cassazione

“No all’archiviazione”: crollo di via Castromarino, fissata la Cassazione

"Lacune investigative nel processo"

CATANIA – Il crollo di via Castromarino arriva davanti alla Cassazione. Dopo le indagini sul cedimento strutturale, avvenuto in concomitanza con i lavori di una talpa meccanica per la realizzazione della metropolitana di Catania, le vittime del crollo si oppongono alla possibilità che il procedimento venga archiviato senza che sia emerso nessun responsabile. La ricostruzione della vicenda giudiziaria e le diverse perizie.

Il crollo di via Castromarino

La disavventura di via Castromarino inizia nella notte tra il 19 e 20 gennaio 2020, quando nel cortile interno di un edificio in cui vivono 10 famiglie si apre una voragine. Nello stesso giorno, la ditta Cmc di Ravenna sta eseguendo dei lavori di trivellazione con una talpa meccanica per la realizzazione della metropolitana di Catania, tratto Stesicoro – Aeroporto.

Lo stesso giorno del crollo il palazzo viene sequestrato e parte un procedimento penale a carico di ignoti. La procura di Catania affida a un tecnico una consulenza per risalire alle cause del crollo dell’edificio.

La prima perizia

Tutto l’iter processuale e delle consulenze tecniche è ricostruito in un documento stilato dall’avvocato Giuseppe Lipera di Catania, che rappresenta alcune delle famiglie coinvolte nel crollo. Il primo consulente, si apprende nel documento di Lipera, produce due documenti nelle settimane a ridosso del crollo in cui prima individua gli “immmobili che non hanno subito conseguenze dal crollo”, e poi sulle “condizioni per il dissequestro del cantiere e la regolare ripresa delle lavorazioni, nell’urgenza di ridare al cantiere una situazione di stabilità e sicurezza”.

Questa urgenza, sostiene l’avvocato Lipera, è “del tutto estranea all’accertamento delle cause del crollo” ed è eccessiva “rispetto alle esigenze di tutela delle persone offese dal disastro che per pura casualità non è stato una carneficina”.

La conclusione del primo tecnico è che il cantiere può essere restituito alla normale operatività, con alcune raccomandazioni alla ditta per evitare che si verifichino di nuovo dei crolli.

I due indagati e le conclusioni della prima perizia

La procura nel frattempo iscrive nel registro degli indagati due persone: l’ingegnere Giuseppe Pavoni, direttore tecnico della società Systra Sotecni, concessionaria dei lavori del tratto di metropolitana interessato dai lavori, e l’ingegnere Antonino Pulejo, responsabile per la ditta Cmc. In seguito a questa iscrizione la Cmc presenta un ricorso per accertamento tecnico preventivo al tribunale civile di Catania, e il tribunale nomina un secondo consulente tecnico.

Negli stessi giorni accadono due cose. Prima: a settembre 2020 lo stabile di via Castromarino subisce un secondo crollo. Seconda: nell’ottobre dello stesso anno il primo consulente del tribunale deposita la sua perizia definitiva, in cui scrive che “lo sprofondamento osservato si è verificato in conseguenza di cause di natura geologica, imprevedibili in sede di progetto e non identificabili in sede di avanzamento dei lavori”.

Queste conclusioni sono accolte dal Pm catanese, che sempre in ottobre chiede l’archiviazione del procedimento penale davanti al Gip, sostenendo che non sarebbero emersi “profili di rimproverabilità in capo agli indagati, né tantomeno elementi che facciano ritenere la sussistenza dei reati contestati”.

La seconda perizia

Il secondo consulente, quello nominato dal tribunale civile, continua nel frattempo il suo lavoro e a febbraio del 2021 presenta le sue conclusioni. Nel documento, citato nella nota dell’avvocato Lipera, si legge che il dissesto dello stabile di via Castromarino “risulta univoco e direttamente correlato al cedimento in fondazione avvenuto per l’apertura della voragine contemporaneamente alle operazioni di scavo della galleria con la TBM-EPB da parte della CMC di Ravenna”.

In più, prosegue il secondo consulente, “non sono emerse altre condizioni di dissesto che possono aver innescato il crollo”, né possono essere esclusi ulteriori problemi di fondazione, che potrebbero coinvolgere anche altri pezzi dello stesso edificio.

A quel punto la Cmc acquista l’edificio, per poi demolirlo.

La richiesta di archiviazione e il ricorso

Il processo nel frattempo va avanti e di rinvio in rinvio si arriva all’aprile 2023, quando il Gip di Catania dispone l’archiviazione per l’assenza di segnali che facessero presagire lo sprofondamento del terreno, che poi ha provocato il crollo parziale.

A questa decisione si oppongono le famiglie rappresentate da Lipera, che scrive: “Il procedimento penale ha presentato sin dalla sua iscrizione anomalie e lacune investigative”, e poi aggiunge “In altre parole, ad oltre 3 anni di distanza il procedimento penale sarebbe giunto ad una conclusione: che nessuno avrebbe colpe“.

Sulla base di queste argomentazioni è stato presentato un ricorso in cassazione contro l’archiviazione, che sarà trattato il prossimo tre ottobre.


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