Da Riscossione a Sicilia e-Servizi | La voragine delle spa mangiasoldi - Live Sicilia

Da Riscossione a Sicilia e-Servizi | La voragine delle spa mangiasoldi

Le società di Fiumefreddo e Ingroia al centro delle polemiche. Ecco i numeri delle partecipate.

PALERMO – Alcuni passi avanti, nella gestione Fiumefreddo, sono stati compiuti. Ma anche, imprevedibilmente, qualche passo indietro. E se Ingroia ha tagliato alcuni costi, Sicilia e-servizi è una macchina che consuma ancora tanta benzina. Per non parlare delle altre aziende regionali, dall’Ast alla Seus. Partecipate che fanno parte di quel gruppo di spa “mangiasoldi” che Crocetta avrebbe dovuto chiudere e che invece, nella migliore delle ipotesi, ha riempito di fedelissimi.

I conti di Riscossione

La nuova puntata dell’eterna lite tra l’amministratore unico di Riscossione Siclia e l’Assemblea regionale è esplosa sui temi della mafia e della massoneria. Sui timori dello stesso Fiumefreddo e le rivendicazioni dei deputati. Poco o nulla, invece, al di là del mega-finanziamento da 130 milioni in tre anni previsto in bilancio, si è detto della società. Dei suoi conti, dei progressi e delle difficoltà. E così, una risposta più aderente possibile alla realtà va cercata altrove. Nei numeri, ad esempio, pubblicati dalla Corte dei conti, in occasione dell’ultimo giudizio di parifica.

Parole non proprio lusinghiere. “Nel corso del 2015 – scrivono ad esempio i magistrati contabili – Riscossione Sicilia spa non ha raggiunto l’obiettivo previsto dalla convenzione, ovvero l’incremento del 5 per cento rispetto alle somme riversate all’erario nel 2014”. La Corte parla di “scarsa incisività dimostrata nell’azione coattiva”, e di “pesanti perdite dei bilanci societari nell’ultimo quinquennio” che hanno portato il patrimonio della società “da una consistenza di 40,7 milioni di euro alla data del 31 dicembre 2010 a 9,2 milioni al 31 dicembre 2015”. Per i magistrati contabili, insomma, non “si registra in atto alcuna inversione di tendenza, nonostante la Regione sia intervenuta con rilevanti interventi finanziari già nel 2014”. Ma non solo. “Il permanere del disequilibrio finanziario della Società”, si legge ha indotto il legislatore regionale ad intervenire anche autorizzando la “spesa di 13,2 milioni di euro per la ricapitalizzazione della società”.

Non solo ombre però. La Corte, già nell’ultimo rendiconto evidenziava “gli interventi di contenimento sui costi di gestione” che per alcune voci, sopratutto le spese per i servizi, “hanno fatto registrare significativi decrementi”. Non solo, i magistrati contabili parlano anche di “sforzi sul versante dell’organizzazione aziendale” per adeguare il più possibile la società alle necessità legate alla difficile attività di riscossione. Soprattutto nei confronti dei cosiddetti “grandi evasori”: lì Riscossione ha recuperato complessivamente 22 milioni tra il 2014 e il 2015. Ma il dato complessivo, come detto, nel 2015 ha fatto segnare un calo delle riscossioni complessive del 13,2 per cento. Anche se l’amministratore unico Fiumefreddo annuncia numeri assai diversi per il 2016. Resta però l’impressione di una azienda con enormi difficoltà strutturali. E così, la partita politica e amministrativa si gioca anche su questo piano: investire ancora per potenziare l’azienda, o decidere di trasferire queste funzioni all’Agenzia nazionale che dovrà prendere il posto di Equitalia? Sarà uno dei temi caldissimi della prossima finanziaria.

Il caso Ingroia

Dove rischia di finire anche il “caso Ingroia”: l’indagine per peculato a carico dell’ex pm oggi a capo di Sicilia e-servizi. Il capogruppo di Forza Italia Marco Falcone parla già di “ombre sulla corretta e prudente gestione di una società che avrebbe dovuto chiudere e che invece, rimessa in bonis, sta operando malgrado il giudizio non particolarmente benevolo della stessa Corte dei conti”. Il riferimento di Falcone è indirizzato, da un lato, alla retromarcia di Crocetta che aveva inizialmente “liquidato” l’azienda inviando lì proprio Ingroia e poi aveva deciso di renderla nuovamente operativa. Dopo, tra l’altro, la costituzione di un Ufficio regionale per l’informatica, che avrebbe dovuto “internalizzare” il servizio.

Ma proprio da quell’Ufficio, che ha il compito di vigilare su e-Servizi, un anno fa sono giunte critiche alla gestione dell’azienda. Dopo una verifica dei “prezzi di mercato”, infatti, l’allora dirigente generale Maurizio Pirillo arrivava alla conclusione che “il budget complessivo di spesa/fatturato non può essere 7.466.251 euro bensì euro 5.751.900,00 ed entro detti limiti verranno liquidate le fatture 2015 per le attività svolte che dovranno essere riepilogative con prospetto di dettaglio per singolo sistema o presa in carico gestita”. Quella società costava troppo, insomma, spiegò il dirigente. Che poi stabilì anche il taglio del finanziamento all’azienda. Decisione che mandò Ingroia su tutte le furie. “Chi vuole la guerra l’avrà”, disse l’ex pm. Che però recentemente è finito dentro una indagine relativa alle spese sui rimborsi per le missioni e la stessa indennità di amministratore unico. Un “caso” che si aggiunge alla vicenda relativa alle assunzioni in Sicilia e-servizi, per la quale si è giunto a un pieno proscioglimento sul piano penale, mentre però è ancora in piedi una indagine della Corte dei conti: quelle assunzioni, secondo i pm, compiute in violazione del blocco vigente in Sicilia, avrebbero provocato un danno all’erario. Accuse che Ingroia ha respinto al mittente sempre con grande decisione.

Spa mangiasoldi e fedelissimi

Se Riscossione Sicilia e Sicilia e-servizi sono state recentemente al centro di polemiche roventi, non “pesano” certamente di meno, sul bilancio regionale, altre società partecipate. Tutte quante contraddistinte da alcuni elementi comuni: non sono mai stati chiuse, come annunciato da Crocetta all’atto del suo insediamento, e sono guidate da fedelissimi del presidente. La Corte dei conti, in particolare, spiega che i costi solo per il personale della spa regionali ammontano a circa 275 milioni di euro l’anno. Oltre un miliardo di euro in questa legislatura. Questi stessi costi, però. Sono concentrati per “oltre il 90 per cento” su appena quattro società. Oltre a Riscossione, si tratta di Seus, Sas e Ast. Uno scioglilingua degli sprechi. A capo di ciascun acronimo, un fedelissimo di Crocetta: Massimo Finocchiaro a capo dell’azienda dei trasporti, il gelese Sergio Tufano alla guida della Servizi ausiliari e l’ex componente dell’ufficio di gabinetto Gaetano Montalbano al vertice della società che gestisce le ambulanze e il servizio del 118. Il 90 per cento del miliardo speso in questa legislatura è sulle spalle di amministratori vicini al governatore. Il risultato? Nel settore delle partecipate, ricorda la Corte dei conti “i dati mostrano casi di mancato rispetto del limite di spesa storica”. I controlli? Semplice: sono stati “a lungo trascurati”.


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