PALERMO – “Sono tranquillo, le dico che non potrò mai essere indagato”, dichiarò Giuseppe Faraone a Livesicilia la scorsa estate, quando il suo nome venne fuori dalle carte del blitz Apocalisse. Ora Faraone – consigliere comunale, ex assessore provinciale e mancato deputato regionale nella lista Crocetta – non è solo indagato, ma pure arrestato.
Fa parte dell’elenco delle persone raggiunte da una misura cautelare nella seconda tranche dell’inchiesta sulla mafia di San Lorenzo e Resuttana. Per lui l’accusa è di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Avrebbe fatto da intermediario per la messa a posto in un cantiere dove il cartello di Libero Futuro era soltanto di facciata. Almeno così sostengono i carabinieri del Nucleo investigativo, perché il direttore tecnico dell’azienda si sarebbe guardato bene dal denunciare gli uomini del pizzo, andando contro i principi dell’associazione antiracket di cui diceva di avere sposato il progetto. Di recente l’uomo ci ha ripensato e si è chiuso il cerchio investigativo sul geometra appassionato di politica.
Pino Faraone, 69 anni, ex assessore alla Provincia di Palermo – tra il 2008 e il 2010 aveva la delega ai Beni culturali, polizia provinciale e controlli ambientali – oggi è consigliere comunale di Palazzo delle Aquile. Eletto nel 2012 nella lista Amo Palermo con 896 voti, è poi transitato nel gruppo Megafono-Drs. Nello stesso anno Faraone tentò anche la corsa all’Ars nella lista di Rosario Crocetta. Fu il primo dei non eletti con 2085 preferenze. Non entrò a Sala d’Ercole solo perché per lista “Movimento politico Crocetta presidente” scattò un solo seggio a Palermo. Deputato all’Ars lo fu per pochi mesi, dal novembre 2001 al gennaio 2002. Era subentrato a Gaspare Vitrano, eletto come lui nella Margherita, che fu accusato di avere presentato una falsa richiesta di aspettativa dal lavoro per motivi politici per evitare l’ineleggibilità. Vitrano fu condannato in primo grado e assolto in appello. E Faraone fu costretto a fare le valigie. La politica è sempre stata il suo mestiere. Aveva iniziato a lavorare nel 1988 come geometra e capo dell’ufficio tecnico dell’Esa, l’Ente sviluppo agricolo. Nel 2000 andò in pensione per fare il politico di mestiere. Di partiti né ha cambiato parecchi: giovane socialista passò poi all’Udc, dal 2000 al 204 è stato segretario provinciale dell’Udeur, quindi di nuovo nell’Udc e poi nel Ccd, nel 2006 si candidò con l’Mpa alle regionali e racimolò 3.768 preferenze. Infine la nuova esperienza con la lista di Crocetta.
Nelle carte dell’inchiesta Apocalisse il suo nome fa capolino assieme a quello del direttore tecnico della società Siess Srl di via Alcide De Gasperi, che si occupa di segnaletica stradale, nonché socio e amministratore della società Se.Ba.R. Snc, in via Ugo La Malfa, che commercia all’ingrosso macchine, accessori e utensili agricoli. Tre giorni dopo il blitz del 26 giugno scorso, il Comitato Addiopizzo ha sospeso la Siess che aveva aderito alla campagna di consumo critico “Pago chi non paga”. Agli atti dell’indagine c’è la telefonata di Onofrio Terracchio, uno dei 91 arrestati: “Eh buona sera, un amico suo sono zio Ni… senta una cosa, zio Nino. Veda di andare a trovare i cristiani bello presto”.
L’impresa stava realizzando la nuova sede della sua azienda in viale Regione Siciliana. E nel cantiere aveva piazzato il cartellone di Libero Futuro. “Le indagini hanno evidenziato il tentativo degli indagati di avviare un contatto – scrivono gli inquirenti – mediante Giuseppe Faraone, già assessore alla Provincia di Palermo con deleghe ai Beni culturali, monumentali e artistici, alla Polizia provinciale ed ai controlli ambientali, nonché consigliere comunale di Palermo dal maggio 2012”.
La parola “indagati” è riferita ad Onofrio Terracchio e, soprattutto, all’uomo a cui questi faceva da autista. E cioè, Francesco D’Alessandro, anche lui arrestato nel blitz di giugno con la pesante accusa di avere assunto nel 2011, dopo avere finito di scontare una condanna per mafia, la reggenza della famiglia di San Lorenzo. I due avevano cercato di parlare a quattrocchi con l’imprenditore. Lo avevano cercato invano a casa, nel cantiere di viale Regione Siciliana ed erano andati pure a bussare al citofono in via De Gasperi. “… figghiò ci vuoi scendere… amunì – diceva D’Alessandro a Terracchio – cerchi il signor Nino e… gli dici vogliono un appuntamento con lei”. Terracchio ci provò, senza successo: “… no mi ha risposto al citofono una signora… gli ho detto il signor… si l’ufficio è questo… gli ho detto ora appena lei dice così sicuramente si ricorda. Gli ho detto ma quando lo posso trovare? Dice no… no guardi… non glielo so dire”.
Il 31 dicembre 2012 entra in gioco Faraone. D’Alessandro riferiva a Terracchio che “Faraone ci ha parlato che io… volevo parlare con quello di là sempre, figghiò. Con quello di via Alcide De Gasperi là… dice… neanche gli auguri mi ha fatto questo cornuto… e questo… gliene ha fatto vuscari… ohu… i soldi glieli ha fatti vuscari con la pala, no così. Con la pala”. Gli inquirenti spiegano così le ultime frasi: “Dal tenore della conversazione si comprendeva quale fosse il legame tra l’imprenditore e il politico Faraone, quest’ultimo infatti era stato presidente della commissione viabilità e l’uomo era titolare di aziende che si occupavano di segnaletica stradale”.
Il 7 gennaio 2013 Terracchio e D’Alessandro erano di nuovo in macchina. “… da Pino dobbiamo andare?”, chiedeva Terracchio. Risposta: “… si, vediamo se è qua dice che mi deve dire una parola”. Nel frattempo la macchina stava raggiungendo via Ausonia. Terracchio: “Parrì, a me quello l’altra sera mi ha detto di fargli danno… ma come si ci fa, che se questo se questo se n’è andato dagli sbirri vero, facciamo danno”. D’Alessandro: “No dagli sbirri non ci va”. A quel punto la macchina era già ferma davanti al civico 104 di via Ausonia. “Prima di scendere dall’auto, D’Alessandro – si legge nelle carte – telefonava a Faraone Giuseppe e, nell’ambito della telefonata gli riferiva di trovarsi presso il suo ufficio”. Si tratterebbe dei locali che ospitano la Commissione urbanistica, al Polo tecnico di via Ausonia, di cui il consigliere comunale è componente dal 2012.
Al ritorno dall’incontro D’Alessandro mostrava soddisfazione: “… ora a baffone (è il soprannome di Silvio Guerrera, anche lui finito in manette ndr) lo faccio… lo faccio diventare folle, gli dico che quello è apposto, glielo ha detto ieri a lui… ma io a Cardillo dice… non sono apposto dice che… ha quattordici anni che sono là … dice che fa non lo so quello che devo fare?”.
Che ruolo aveva avuto Faraone nella faccenda? “Nessun ruolo – tagliò corto il diretto interessato-. Le confesso di essere sorpreso e sgomento. Non possono negare di conoscere D’Alessandro. Siamo entrambi di San Lorenzo ed è capitato di prendere un caffè al bar. Ho conosciuto Arnone per motivi di lavoro, ma non lo vedo da anni. Non capisco cosa vogliano dire. Io non ho mai fatto incontrare nessuno. Se mi chiede se conosco D’Alessandro non posso certo negarlo, ma non avrei avuto alcun interesse a fare da mediatore. Per questo le dico che non posso e non potrò essere indagato. Se mi dovessero convocare spiegherò tutto”. E la convocazione per Faraone arriverà presto. Nelle prossime ore si svolgerà l’interrogatorio di garanzia perché il politico è uno degli arrestati della seconda parte dell’inchiesta Apocalisse che ha azzerato la mafia di San Lorenzo e Resuttana.
Intanto, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha immediatamente disposto, d’intesa con il segretario generale, l’adozione di ogni provvedimento a carico del consigliere comunale Giuseppe Faraone. Il sindaco ha altresì disposto che l’avvocatura comunale provveda alla costituzione di parte civile nel procedimento che è appena iniziato.
La nota del Comune
“Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha disposto, d’intesa con il segretario generale, l’adozione di ogni provvedimento a carico del consigliere comunale Giuseppe Faraone, per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il sindaco ha anche disposto che l’avvocatura comunale provveda alla costituzione di parte civile nel procedimento che è appena iniziato”. “L’inchiesta antimafia contro alcuni clan palermitani,- afferma una nota di palazzo delle Aquile – per fatti che risultano estranei all’attività dell’amministrazione comunale, hanno visto l’importante collaborazione dei cittadini”.
La nota di Salvini
Matteo Salvini annuncia “querele a pioggia” dopo l’intensificarsi, in questi ultimi giorni, “di notizie false, diffamatorie e senza alcun fondamento pubblicate con il solo scopo di danneggiarci”. E’ quanto si legge in una nota della Lega Nord sottolineando che nel mirino del segretario leghista ci sono, al momento, due eventi specifici: l’associazione al movimento NoiconSalvini, fatta da alcuni media, del consigliere comunale di Palermo Giuseppe Faraone arrestato per mafia oggi a Palermo e il presunto utilizzo di una canzone di Nino D’Angelo da parte di NcS. “Abbiamo predisposto già querele – dice Salvini, che è il presidente di NcS – nei confronti di chi si ostina a dare spazio a false notizie il cui ricavato andrà in beneficenza. Per quanto riguarda la vicenda Faraone specifico che non lo conosco, non so chi sia, non fa parte di NcS. Il problema Faraone è tutto di Crocetta”. “Altrettante querele sono pronte per chi continuerà a sostenere o scrivere – conclude Salvini – di un improbabile utilizzo di canzoni di Nino D’Angelo da parte di NcS”.
*Aggiornamento ore 20.58
Il governatore Rosario Crocetta ha inviato una nota al presidente del Consiglio comunale di Palermo con la quale comunica che Giuseppe Faraone, arrestato per estorsione, “eletto nelle file della lista civica Amo Palermo non è mai stato autorizzato né all’utilizzo del logo del movimento il Megafono né alla composizione di un gruppo consiliare associato alla lista Noi con Salvini”. “Proprio tale associazione al movimento di centrodestra Noi con Salvini conferma – scrive Crocetta – l’assoluta distanza delle posizioni politiche del signor Giuseppe Faraone rispetto ai valori fondanti del movimento il Megafono”.