Dalle banche ai Santapaola: tutto sul colletto bianco arrestato -

Dalle banche ai Santapaola: tutto sul colletto bianco arrestato

Andrea Pappalardo, direttore di Cofisan: inchiesta della polizia

CATANIA – Da mediatore finanziario di grido, alle banche dove finivano alle pratiche che sarebbero servite ai Santapaola. L’epopea del direttore del consorzio Cofisan Andrea Pappalardo, celebrato dalla stampa locale e nazionale, si infrange sull’ultima operazione della polizia, coordinata dal Pm Francesco Puleio. Macellai spacciati per “contabili”, dichiarazioni dei redditi inventate. Un notevole giro di soldi tra “compiacenti” funzionari di Unicredit: così attività imprenditoriali non ancora iniziate ottenevano finanziamenti “covid”. Ecco i particolari.

Pappalardo, il “mago” dei crediti

Prestiti, finanziamenti, tutti lo conoscevano come il ‘mago dei crediti. Da direttore generale del consorzio Cofisan era in grado di garantire soldi “alle migliori condizioni”. Non solo garanzie, Andrea Pappalardo controllava anche l’erogazione dei fondi. Tanto che sotto la sua guida, il consorzio Cofisan era diventato uno dei principali a livello nazionale.

La scalata raggiungeva l’apice nel 2019, mentre la guardia di finanza annotava il suo nome tra gli indagati del procedimento sulla Banca di sviluppo economico. Arrivava anche il rinvio a giudizio. Contemporaneamente, però, erano al lavoro le cimici della polizia, stavano seguendo il flusso di soldi che finiva nelle tasche dei parenti di Gabriele Santapaola, ex rapinatore e fratello del noto “Coluccio”. Centinaia di migliaia di euro di fondi covid gestiti da “un’organizzazione” ed è a questo punto che veniva fuori il nome di Pappalardo: avrebbe fatto il salto di qualità, dialogando direttamente con un funzionario di Unicredit, oleando bene un meccanismo che funzionava quasi perfettamente.

Le accuse

Andrea Pappalardo avrebbe assicurato l’erogazione di finanziamenti a valere sui fondi covid favorendo “l’affermazione sul territorio dell’associazione di stampo mafioso Santapaola – Ercolano”. Sarebbe stato “consapevole” del supporto economico fornito al clan con la sua attività “illecita” e i proventi sarebbero stati “direttamente destinati” al gruppo mafioso, scrivono gli inquirenti. Un sistema collaudato, il direttore del consorzio Cofisan si sarebbe avvalso di “funzionari compiacenti e professionisti”, commercialisti, informatici per fare entrare nel sistema dei “finanziamenti” facili, i clienti.

Coinvolti funzionari di banca

Fondi garantiti dallo Stato per l’emergenza covid, le pratiche che passavano da Pappalardo venivano dirottate a funzionari di banca che ricevevano “retribuzioni indebite”. Soldi per oleare un meccanismo in grado di far erogare finanziamenti e fondi anche quando non dovuti.

Come nel caso della pratica di Giancarlo Mirabella, predisposta “al fine di agevolare soggetti riconducibili al clan Santapaola Ercolano”.

La polizia registra le telefonate tra Paolo D’Angelo, responsabile della filiale Unicredit di Paternò, e Pappalardo: i due parlano di una maggiorazione di compenso per la pratica della Service Security Srl, della quale erano stati risolti alcuni problemi. “Va bene Paolo – dice il direttore Cofisan – il lavoro va pagato sempre”. La quota che spettava al funzionario era del ‘20% Cofisan”.

Il cerchio magico

L’intermediario era in strettissimi rapporti con commercialisti e funzionari di banca e riusciva a far erogare finanziamenti anche quando impossibili, come nel caso della pratica “Grazia Laudani”, che presentava alcune “irregolarità”. Al momento della presentazione della richiesta, emergeva infatti che la richiedente presentava la dichiarazione dei redditi col “modello unico”. In pratica stava chiedendo un finanziamento per un’attività non ancora iniziata. “Eh… – diceva uno dei collaboratori di Pappalardo – questa devi avere un occhio di riguardo, perché te la pago io”. “Ho capito chi è – rispondeva il direttore Cofisan – allora…niente…fai cinque, va bene?”. Con l’accordo sul prezzo, tutti i problemi trovavano soluzione.

Documenti falsi

Ma c’è di più. Pappalardo avrebbe commissionato la preparazione della documentazione contabile falsa per alcune pratiche: dichiarazioni dei redditi, versamenti Iva degli ultimi tre anni. Dalle intercettazioni emergerebbe “l’attività criminosa di Pappalardo nel settore dei finanziamenti e prestiti bancari”. Contemporaneamente, la polizia monitora il flusso dei fondi covid, con decine e decine di migliaia di euro che vengono accreditate nei conti correnti. E se ne vanta telefonicamente: il direttore Cofisan ammette tranquillamente di aver creato un bilancio falso per una società e di aver ottenuto i fondi.

A Giuseppe Di Carlo, funzionario Unicredit di Corso Sicilia, Pappalardo chiede di aumentare gli importi del finanziamento.

Qualcuno si preoccupa, Alessandro Mirabella, altro funzionario di banca, teme che qualcuno possa indagare su di lui. I fondi accreditati per pagare i fornitori, in alcuni casi spariscono improvvisamente. Mirabella contatta Pappalardo: “È successo un bordello! Ti racconto quello che è successo perché questa è una manovra che finirà malissimo, però la gente si identifica con te, perché sei tu che la porti la pratica, quindi…se un domani saltano me e dicono <chi è stato ? Andrea!>”.

Le altre intercettazioni

“Tu fai il commercialista – dice il funzionario Unicredit Mirabella – tu fai la mediazione…io voglio fare la pratica la porto in banca e a me mi devi dare mille euro… gli dici cosi alle persone? Poi, tu, che cosa ne fai dei tuoi soldi … questo è un discorso tra me e te, non è che gli dici… io gli devo dare i soldi…”. Pappalardo lo tranquillizza: “Ma che fa, scherzi! Dai…”. A quel punto Mirabella racconta cos’è accaduto dopo l’erogazione di uno dei tanti finanziamenti covid: “Cosa ha fatto questo qua? Ha preso i soldi e li ha girati a bonifici di sette, ottomila euro pagando diecimila euro contanti. Siccome c’è il conto aperto on line, oggi, incidente, mi ha chiamato. Mi ha chiamato Lucia quasi piangendo . Dice < Alessandro, cosa devo fare?>. Le ho detto < Lucia, fammi vedere, non lo so!> Ora … chi spacchio è questo che ha girato settemila, ottomila ad altri conti su Viale Africa?”.

Le preoccupazioni per Santapaola

Il direttore di Cofisan viene intercettato anche mentre chiede a Michele Pilato, se la pratica “Bertollo” fosse riconducibile allo stesso “soggeto”, cioè Gabriele Santapaola, “manifestando – annotano gli investigatori – preoccupazione per le indagini in corso”.

Ascoltando le telefonate, la polizia capisce che Santo Bertollo era “soggetto prestanome a disposizione di Santapaola” e la sua pratica era stata bloccata a causa dell’apertura di troppi conti correnti online dal carabiniere Paolo Marragony: tutti nella stessa filiale del viale Africa.

Gli altri falsi

Accade di tutto, Papalardo contatta Pilato ricordandogli di istruire “bene” Salvatore Bianchi, che nella pratica appariva come “contabile”, ma in realtà era un “macellaio”. E ancora, per giustificare lo svuotamento del conto corrente di Giancarlo Mirabella, Pappalardo pensa, insieme a Pilato, all’emissione di “fatture false”. Il direttore di Cofisan sarebbe stato in grado anche di condizionare l’assegnazione delle richieste di finanziamento a determinati funzionari, in alcuni casi D’Angelo.

I falsi producevano un flusso di soldi per i componenti dell’organizzazione: Mirabella, scherzando, raccontava che con “10 pratiche” avrebbe potuto acquistare una costosa cucina “Lube”. A conti fatti, incassavano circa 2.500 euro a pratica.

I rapporti del gruppo

Quando non viene “deliberata” la pratica “Bianchi”, gli investigatori monitorano i rapporti del “gruppo”: D’Angelo informa Pappalardo. Pilato informa Santapaola, che consiglia di affidare gli incartamenti al carabiniere Marragony. Altra pratica, altro giro di telefonate. Pappalardo apprende che la pratica “Di Mauro” è andata a buon fine “grazie alla documentazione falsa allegata”, annota la Procura. E quando il governo Conte delibera la proroga degli aiuti, Pappalardo esorta Pilato a fare, entro fine anno, il maggior numero di pratiche possibili. Ma la polizia, stava registrando tutto.

Interviene Unicredit

“UniCredit sta collaborando attivamente con le Forze di Polizia – sottolinea a LiveSicilia il gruppo bancario – e le Autorità competenti, fornendo elementi emersi da un’indagine interna esistente focalizzata sui medesimi soggetti e che è ancora in corso”.
“Tali comportamenti – conclude Unicredit – che esulano dallo spettro di valori su cui si fonda la banca non saranno tollerati. Queste persone sono state sospese in attesa dell’esito di queste indagini”.


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