Dall'utopia al Cencelli |così si archivia la rivoluzione - Live Sicilia

Dall’utopia al Cencelli |così si archivia la rivoluzione

I giorni di Battiato e Zichichi sembrano lontanissimi. Il Crocetta bis vede la luce secondo i logori riti della vecchia politica, manuale Cencelli alla mano. Ma alla Sicilia serve che il balletto del rimpasto non duri troppo

PALERMO – Cominciammo con le meccaniche celesti del Maestro Battiato. È bastato un anno per finire a “che fa, Bartolotta ve lo prendete voi?”. Per raccontare la parabola della rivoluzione crocettiana bastano forse queste due fotografie. Sbiadito il ricordo del battesimo di quella giunta superstar, con tanto di fisico di vaglia e raffinato cantautore, archiviati i propositi ambiziosi di spazzare via vecchi schemi aprendo le stanze del potere a ingovernabili vip della scienza e dell’arte, la fase due del governo Crocetta si apre nel rispetto di riti e schemi vecchi se non obsoleti. Una sorta di grande seminario sul manuale Cencelli, tanto a te tanto a me, con perle degne di una commedia all’italiana come quelle lette sui retroscena di qualche quotidiano.

Come quello, ad esempio, che ha raccontato di un Crocetta indaffarato a piazzare “in adozione” ai partiti della maggioranza i suoi “vecchi” assessori. Con la Stancheris, già promossa da assistente ad assessore, il governatore c’è riuscito senza troppi problemi, appioppandola al “suo” Megafono. Più simpatici i retroscena narrati a proposito di Mariella Lo Bello, la sindacalista Cgil proposta all’epoca da Crisafulli e Capodicasa che oggi pare non ci tengano più ad averla in giunta, e Nino Bartolotta, che in squadra entrò in quota a una corrente ormai estinta, quella “Innovazioni” di Francantonio Genovese e Nino Papania sommersa dalle burrascose onde delle inchieste giudiziarie. Tra i tanti retroscena apparsi sui giornali s’è persino letto della proposta avanzata da Crocetta alla corrente Pd Areadem (quella di Giuseppe Lupo) di prendere in carico Bartolotta, roba da farti immaginare l’assessore messinese come un personaggio di Dickens o di Hector Malot in cerca di famiglia, un Dolce Remi con tanto di arpa, cani e scimmia al seguito. E proposta analoga sarebbe arrivata, sempre secondo certe ricostruzioni apparse sui giornali, ai partner della coalizione perché prendessero in carico la Lo Bello.

C’è anche questo nella trattativa che porterà alla nascita del secondo governo Crocetta e che oggi vivrà uno snodo cruciale. Insieme ai consueti (e consunti) calcoli e rituali della politica di sempre. I partiti sono infine riusciti a imporre a un governatore in difficoltà le forche caudine del rimpasto con tutte le sue paludate dinamiche. Crocetta, da combattente, ha tenuto il punto per come ha potuto, sforzandosi di limitare il numero degli sfratti (tanto maggiore il numero degli assessori da cambiare, tanto più implicita sarà la bocciatura della prima compagine di governo).

Ma il quadro politico, rispetto all’inizio della legislatura, è molto cambiato. La maggioranza di Crocetta si è trasformata in una sorta di corriera che a ogni fermata raccatta in giro per la Sicilia transfughi e convertiti, con un trasformismo che all’Ars ha assunto dimensioni francamente imbarazzanti. Si è perso ormai il conto deI numero di deputati che hanno saltato il fosso, tradendo il mandato dei propri elettori, per confluire in questa sorta di gigantesco refugium peccatorum in cui si è trasformata la maggioranza di governo (in cui sono fioriti addirittura partiti che sembrano avere come mission quella collezionare i cambiacasacca). È questo il contesto politico in cui matura questo rimpasto, e qualsiasi eufemismo non può cancellare la brutalità di questa desolante verità.

Della rivoluzione resta forse un’eco lontana. Lontana come appaiono gli immaginifici e indimenticabili monologhi di Zichichi su Archimede e le nuvole o i visionari propositi del Maestro de La Cura. Oggi, accanto a una preoccupante voragine nei conti che potrebbe far calare il sipario da qui a breve sulla legislatura, restano il Cencelli e l’agenzia di smistamento assessori da adottare. E tanta voglia – nell’interesse di una Sicilia sempre più traballante – che il balletto del rimpasto non duri troppo a lungo (così come ha promesso il governatore) e che, battezzato al più presto il nuovo governo reclamato dai partiti, ci si rimetta da subito a parlare di cose concrete.


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