All’apparenza sembrava quasi tranquilla. Ricordava pochissimo di quanto le era capitato. E soprattutto non intendeva pensarci su troppo. Era distratta da altro. Molto distratta. Assente.
Si era lasciata alle spalle qualcosa di talmente ordinario da apparirle, a tratti, impossibile. Ora lo voleva solo dimenticare. Metterlo fra parentesi. Per poi magari cuocerlo a fuoco lento. Trasformarlo in gas, in aria.
Francesca in quei momenti preferiva essere così. Distaccata, non pensante, non vedente.
Francesca sapeva di non poter fare diversamente. I suoi tirannelli emotivi non glielo consentivano.
D’altronde lei aveva funzionato sempre a intermittenza. Una lunga pausa seguita da uno sbotto. Dove, allora sì, tutto diventava di un chiarore abbagliante, di un nitore assoluto. Ma si trattava di frazioni di tempo. Di momenti particolarissimi. Francesca ne era ben consapevole. Quasi le vedeva quelle situazioni speciali, in rapida successione, una dopo l’altra. Bagliori molto simili a rivelazioni, bracieri che sfavillavano: potere e imperio.
Ma l’assoluto di quegli attimi però lo pagava a lungo. A quelle straordinarie vivacità seguivano infatti interminabili bonacce. E Francesca vi si ravvoltolava. Erano lunghe stagioni di scirocco. Era soprattutto un ininterrotto senso di opacità. Francesca a quel punto preferiva deambulare. In piedi, seduta, di nuovo in piedi. I pensieri non avevano proprio corso, le emozioni neppure.
Si galleggiava, per l’appunto.
Francesca era così, da sempre così. Una creatura a tenuta stagna, una personcina dal passo di lumaca. Lei si era abituata a questa condizione ed essere presente a se stessa le sembrava quasi un regalo: un babbo natale dell’anima.
Francesca insomma conosceva solo lunghe mezze misure e rarissime tracimazioni.
Francesca al solito anche quel giorno non sentiva e non vedeva pressoché nulla. Poi il botto, il bagliore. Tante, troppe immagini tivu. Chiarissime, ma come illuminate da una luce sinistra, quasi nera. Nitide e affannose insieme. Erano luci proprio innaturali. Meglio allora la sua condizione ordinaria, ovvero quella sua calma, non incrinata né incrinabile.
Francesca lo intuiva, quel fuori da lei non le apparteneva, peggio le bruciava, in tutto il suo orrore, le residue riserve su cui poteva ancora un po’ far conto.
Così Francesca decise che era meglio staccare la spina.
Dal mensile I love Sicilia del maggio 2007