Un anno dal caso Villa: 'Senza il vaccino Davide sarebbe vivo'

Un anno dal caso Villa: ‘Senza il vaccino Davide sarebbe vivo’

La morte dopo il vaccino AstraZeneca. L'anniversario e il ricordo di Davide Villa nelle parole del fratello Fabrizio
COVID, LA TRAGEDIA
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Cosa ti resta, Fabrizio?
“Sai, mi restano tante cose. Io e Davide, da bambini, eravamo appassionati di Goldrake. Adesso immagino di vederlo passare, quando guardo il cielo in certe giornate terse, come se lui fosse Goldrake, l’eroe a cui, in effetti, somigliava moltissimo”.

Si amano ancora, di un amore invincibile che supera la crudeltà del distacco, Fabrizio (a sinistra) e Davide Villa. E come potrebbe essere diversamente? Sono fratelli, anche se non possono più toccarsi. Il primo è un fotografo di fama internazionale, circonfuso di una celebrità meritata che non ha scalfito di un grammo la sua gentilezza. Il secondo era un poliziotto, uno di quelli che ti trovi sempre con qualunque tempo, che corrono con la disperata e magnifica ossessione di salvare tutti. Davide è morto dopo la vaccinazione con AstraZeneca, giusto un anno fa. La famiglia si è opposta all’archiviazione chiesta dalla Procura di Messina, in un’altra parte del giornale sono spiegate nel dettaglio questa e altre tragiche vicende. Qui siamo in uno spazio consacrato all’umanità, dove nessuna persona è un numero: il luogo dei ricordi, delle mani sul petto, dei commiati che mai si sarebbero attesi, nella storia di due fratelli per sempre.

Fabrizio, quali sono le immagini che ti vengono in mente, pensando a Davide?
“Due, soprattutto. La prima è il ricordo vivido delle ultime trenta ore di agonia. E ho dentro un gigantesco senso di colpa”.

Perché?
“Perché sono il fratello maggiore e non sono riuscito a salvarlo, non ho potuto fare niente, ero impotente”.

L’amore è, per definizione, impotente.
“Lo so, ma questo non mi offre alcun sollievo, purtroppo. E’ come se fosse il giorno dopo. Il sei marzo passerà un anno, ma è come se fosse ieri”.

La seconda immagine?
“Quando Davide è nato. Io ero felicissimo, non stavo più nella pelle, avevo sei anni. Da bambini siamo stati compagni di giochi, di avventure di infanzia. Siamo stati due fratelli fortunati”.

Ma tu eri il più grande…
“E avevo un senso profondo di responsabilità e di protezione. Qualche volta lui voleva venire e io cercavo di lasciarlo a casa. Interveniva la mamma: Davide viene con te e stai attento”.

Bambini insieme. Fratelli inseparabili.
“Anche davanti alla televisione. In quegli anni erano di moda i cartoni animati degli Ufo Robot. Noi andavamo pazzi per Goldrake e un po’ anche per Jeeg. Ricordi la sigla di Goldrake?”.

E chi potrebbe dimenticarla? Va’, distruggi il male e va’.
“Ecco, appunto. Poi Davide, Goldrake, lo è diventato sul serio. Ha incarnato lo spirito eroico, rappresentando la dignità dell’uniforme. Era la quintessenza del senso del dovere e della solidarietà. Infatti, si è arruolato prestissimo in polizia”.

Ma anche tu sei un fotografo sulle barricate.
“Io mi occupo di cronaca, è vero. E se ti trovi nella mischia ti colpisce il lato sociale e umano delle storie che racconti. Non puoi dimenticarlo”.

Perché Davide si è vaccinato?
“Per il suo senso del dovere che, come ti dicevo, non lo abbandonava mai. E perché accudiva la mamma. Per proteggersi e per proteggerla”.

Tu sei vaccinato?
“Certo, io ho fiducia nel vaccino e nella scienza, sul piano generale. Ciò non toglie che una tragedia come quella di mio fratello e di altre persone sfortunate non può essere tolta di mezzo con un’alzata di spalle. Ci sono famiglie che hanno subito un lutto incalcolabile”.

L’indifferenza è una spina nel fianco del dolore.
“Sì, e ci sono aspetti che non mi sono piaciuti, per usare un eufemismo. Si è detto che Davide aveva patologie pregresse, era sano: aveva soltanto un problema di apnee notturne. E, in ogni caso, tantissime persone convivono con una malattia che non le ammazza, fino a quando non le ammazza qualcos’altro. E non è vero che poteva scegliere il vaccino, per la sua categoria professionale quello era il momento di Astrazeneca”.

Quei giorni, dunque.
“Il 18 febbraio del 2021 si cominciano a vaccinare le forze dell’ordine a Catania. Io devo fare qualche foto, penso che magari lo becco. Gli telefono. Davide mi dice che si vaccinerà il 19 e così sarà. Non ci siamo incrociati. Sarebbe stata una foto indimenticabile”.

E poi?
“Davide inizia a stare male: mal di testa, febbre e ovviamente attribuisce la cosa agli effetti collaterali previsti. C’è un blitz, non si tira indietro anche se non sta per niente bene. Torna a casa distrutto, stanchissimo, come non era mai accaduto. Dopo una settimana va dal medico di famiglia”.

Che succede allora?
“Il nostro medico è scrupoloso e lo sottopone a una ecografia. La vena porta, quella del fegato, risulta bloccata. Davide deve andare al pronto soccorso, mi chiama. Io sto scattando delle foto per l’eruzione dell’Etna mollo tutto e, lo accompagno, lui resta in pronto soccorso per qualche giorno. Mi manda messaggi preoccupati: non si capisce niente, è una situazione nuova, i medici sono sconvolti. La situazione precipita. Un braccio e una gamba si paralizzano. Lo trasferiscono in terapia intensiva al San Marco. Io lo incontro quando esce dall’ambulanza”.

Siamo all’epilogo.
“Sì, Davide muore il sei marzo, stessa ora, stesso giorno e stesso mese della morte di nostro padre, sette anni prima. Se ne va, mentre con una mano stringo la sua e l’altra è poggiata sul suo petto”.

Cosa credi che sia accaduto?
“Io so soltanto che vogliamo la verità, perché è giusto. E credo che, se non avesse fatto il vaccino AstraZeneca, Davide sarebbe ancora vivo e noi due non staremmo conducendo una intervista”.

Hai vissuto la morte di un fratello.
“Avevo messo in conto che potevo morire sotto le bombe in Bosnia, o nelle altre guerre che ho documentato. Non avevo mai messo in conto che mio fratello potesse morire. Sono il maggiore”.

Lui è sempre con voi.
“Questo sì. Mia figlia aveva paura del vaccino ed è comprensibile che sia così, dopo avere subito una sciagura del genere. L’ho accompagnata all’hub. Lei ha avuto una crisi di panico, poi si è voltata. Sulla parte dell’hub c’era l’immagine di Jeeg Robot. Un sorriso le ha rischiarato il volto, si è tranquillizzata”.

E’ stato Davide?
“Credo di sì”.


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