“Io gli ho telefonato. ‘Veramente – mi ha detto – questi pigliano cazzi per lanterne’. Gli ho detto: ‘Guardi mi farebbe piacere se una sera andiamo a cena con il generale. A questo punto essendo coindagati non ce lo possono negare'”. A parlare, riferendo al generale dei carabinieri Mario Mori una conversazione avuta, secondo gli inquirenti, col senatore del Pdl Marcello dell’Utri, è l’ex braccio destro di Mori, Giuseppe De Donno. Mori e De Donno sono sotto processo per favoreggiamento alla mafia e hanno ricevuto la scorsa settimana l’avviso di chiusura indagini nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.
In una delle tante intercettazioni depositate agli atti del procedimento, l’ex vicecapo del Ros – accusato di essere una delle menti della trattativa che, in cambio di concessioni a Cosa Nostra, avrebbe mirato alla fine delle stragi – e De Donno discutono proprio dell’inchiesta. Dalla conversazione emergono, oltre ai giudizi dei due ufficiali sull’operato della procura, i loro rapporti con il senatore del Pdl. De Donno, in più passaggi si dice “molto felice” per l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna del politico deciso dalla Cassazione. Ma i due indagati, accusati di minaccia e violenza al Corpo politico dello Stato, non sembrano nutrire particolari preoccupazioni per la nuova inchiesta in cui sono coinvolti. Che Mori stigmatizza come “un tentativo (dei magistrati, ndr) che ha una sua fase ascendente di sopravvivenza professionale”. Citando un articolo sul Riformista dell’ex dirigente del Pci Emanuele Macaluso, poi, Mori dice: “Continua a fare battaglie a nostro favore”. E De Donno commenta: “Io credo che veramente tutti hanno capito come è la storia”.
Sempre nei dialoghi depositati dalla procura di Palermo, c’è un altro colloquio fra Mori e De Donno, ritenuto interessante per gli inquirenti. “Io non conosco la signora Agnese però perché dovrebbe inventarsi questa cosa su Subranni? Per cui presumo che probabilmente Borsellino l’abbia pure fatta sta battuta con la signora… però bisogna vedere che cazzo intendeva lui… cioè ho tanto l’impressione che mò vogliono mettere in mezzo a Subranni come a Contrada, vogliono trovare un altro capro espiatorio a cui scaricare tutta la storia”. Così De Donno commenta, non sapendo di essere intercettato, le “rivelazioni” della vedova del giudice Borsellino, Agnese Piraino Leto, che ha raccontato ai pm lo sfogo del marito che, poco prima di morire, le avrebbe confidato che il generale Antonio Subranni, comandante del Raggruppamento, era “punciuto” (affiliato a Cosa nostra, ndr).
Ma De Donno, che parla della vicenda l’8 marzo scorso sia con un ufficiale dei carabinieri, Raffaele Del Sole, che con il generale Mario Mori, di una cosa è certo: Subranni non li avrebbe mai ostacolati (“Subranni ha scoperto i corleonesi e poi che fa, dopo si è pentito? S’é punciuto?”, si chiede De Donno). E non sarebbe lui “l’amico” che avrebbe tradito Borsellino, ma forse “Carmelo Canale” (un esponente dell’Arma molto vicino al giudice processato e assolto dall’accusa di mafia, ndr).
A raccontare la confidenza sul “tradimento” subito da Borsellino sono stati due magistrati, Alessandra Camassa e Massimo Russo. “Può darsi che sia vera sta storia – dice De Donno a Mori – però il punto è: chi gliel’ha detto a Borsellino? Ai magistrati non dice il nome e parla di un amico carabiniere. Però l’amico carabiniere potrebbe essere Canale”. “E certo”, risponde Mori. “Eh, amico era più Canale che il generale Subranni. Quindi che abbia saputo qualcosa su Canale? E questo chiaramente, visto i rapporti con Canale, può averlo sconvolto”, ribatte De Donno.