Deve pagare per danno d'immagine | il poliziotto che tradì lo Stato - Live Sicilia

Deve pagare per danno d’immagine | il poliziotto che tradì lo Stato

Ignazio D'Antone in una foto d'archivio

Ignazio D'Antone, ex dirigente della Criminalpol, ha scontato dieci anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Ora dovrà risarcire lo Stato per danno d'immagine.

Il risarcimento
di
2 min di lettura

PALERMO- Un dirigente della polizia colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa. La sua condanna è stata uno schiaffo all’immagine del ministero dell’Interno. Dopo avere finito di scontare dieci anni di reclusione lo Stato presenta il conto a Ignazio D’Antone, ex dirigente della Criminalpol di Palermo. Il danno d’immagine è stato quantificato dalla sezione d’appello della Corte dei conti in 150 mila euro. La sentenza è definitiva.

D’Antone ha provato a difendersi, sostenendo che è passato troppo tempo. Avrebbero dovuto contestargli il danno di immagine nel momento in cui la notizia del suo processo è diventata pubblica o, al massimo, quando arrivò il rinvio a giudizio. Poi, i suoi legali hanno contestato pure che la sentenza di primo grado non avrebbe individuato in che cosa si sarebbe concretizzato il danno all’immagine patito dal ministero dell’Interno. Niente da fare. La Corte dei Conti ha accolto la ricostruzione della procura contabile.

D’Antone è uscito dal carcere nel giugno scorso. L’ex numero 3 del Sisde fu inserito, al pari del suo amico Bruno Contrada, tra gli sbirri in combutta con i mafiosi ai quali, negli anni Ottanta, fece arrivare soffiate per mandare a monte importanti blitz. Mentre la mafia uccideva Boris Giuliano, Ninni Cassarà e Beppe Montana alcuni poliziotti strizzavano l’occhio ai boss. Oggi D’Antone ha 72 anni. Uscito dal carcere militare di Santa Maria Capua Vetere è tornato nella sua casa romana, da dove si è proclamato ancora una volta innocente, ricordando il suo passato, fianco a fianco, al giudice Giovanni Falcone

Eppure i pentiti Salvatore Cancemi, Salvatore Cucuzza, Francesco Di Carlo e Angelo Siino lo accusarono di aver mandato all’aria un blitz della polizia all’hotel Costa Verde di Cefalù nel 1984, dove era in corso il ricevimento per il matrimonio del figlio del boss della Kalsa Tommaso Spadaro. D’Antone ha scontato, al netto della riduzione per buona condotta, più di otto anni di carcere. Ora deve sborsare 150 mila euro per chiudere, definitivamente, il conto con lo Stato.

 

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI