“La situazione è molto grave. A novembre scorso pensavamo che cominciasse a esserci una prospettiva diversa, di ripresa e di fiducia, che poi la fiducia è il sentimento che sposta tutto. C’è stata la recrudescenza della pandemia, il caro dei carburanti, la guerra…”.
Dopo i puntini sospesi, anche se la chiacchierata è telefonica, riesci a intuirla perfettamente l’espressione di Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo e vicepresidente nazionale. E la immagini pervasa da uno sconforto che, tuttavia, non cede alla resa intimata dal momento storico. Si lotta, dunque. Negozio per negozio. Saracinesca per saracinesca. Scontrino per scontrino. E la speranza è che, prima o poi, questo sopravvivere a denti stretti delle categorie più flagellate conosca un ristoro, uno slargo di sole.
Un oroscopo non proprio benevolo…
“Giudichi lei. Il caro energia, la spinta inflazionistica, il Covid e una tremenda guerra in Ucraina che ci travolge su diversi aspetti… E mi limito a un elenco sommario. Siamo distrutti per la sofferenza che vediamo, vicino a casa nostra. Siamo cancellati da una congiuntura drammatica. E siamo, purtroppo, inermi”.
Qual è il livello delle perdite del fatturato per il commercio?
“Rispetto al 2019, in questi primi mesi del 2022 siamo circa a meno cinquanta per cento. Le persone si sono indebitate e devono pagare, hanno scadenze pesanti. I consumi calano, ma la macchina dei costi continua a girare a pieno regime e non lascia scampo per molti”.
Cosa può fare la politica?
“Le nostre proposte, le idee di Confcommercio, sono note. Bisogna mettere mano alla crisi energetica, ridurre le percentuali dell’Iva che sono le più alte d’Europa, aiutare i consumatori e di conseguenza anche noi, con incentivi e proposte. Cose da mettere in campo subito. Non domani, ieri”.
Altrimenti?
“Non so quanto si potrà resistere con l’acqua alla gola. Ci sono padri di famiglia che non dormono da mesi per l’angoscia, ci sono uomini e donne perbene, impegnati, che lavorano, che hanno sempre lavorato, e che trovano difficoltà, perfino, a mettere il classico piatto di pasta a tavola. Il livello di preoccupazione è grande. Per fortuna, i nostri iscritti sono tutti responsabili”.
Viviamo una fase epocale, non crede?
“Sì, noi verremo studiati nei libri di storia come quelli che hanno affrontato prove impossibili. Una specie di castigo biblico per come ce l’hanno tramandato, ecco che cosa stiamo sperimentando: una carestia moderna. Dobbiamo uscirne insieme e bisogna tutelare quelli che non possono fermarsi. Quelli che, con ogni tempo, devono alzare la saracinesca”.
A Palermo si terranno, a breve, le elezioni comunali. Cosa può fare un sindaco?
“Prepararsi bene alla sfida che, nella nostra città, sarà ancora più dura. Organizzarsi e organizzare, non subire le avversità. Avere le idee chiare e non dimenticare nessuno. Comportarsi, insomma, come quelli che dicevo, quelli che devono produrre. Ci vogliono capacità, competenza e sensibilità. Chiediamo servizi che non siano da terzo mondo, anche perché li paghiamo esattamente come se fossimo a Milano”.
Una sfida alla politica?
“Un invito. Anzi, le dirò di più. Vorrei i politici in azienda. Vorrei che venissero da noi, nelle imprese, per qualche tempo e per rendersi conto di come funziona una macchina che deve comunque essere in regola. E vorrei organizzare dei corsi di formazione, degli stage, per i dipendenti pubblici. Sarebbe uno scambio importante”.
Chi regge la baracca, alla fine dei conti?
“Tanta gente bellissima e umile che non fa grandi proclami, che, magari, non si presenta alle elezioni, che va avanti come può e spera. Sono queste persone il volto pulito di Palermo, della Sicilia e dell’Italia