Francesco Puleio ha evidenziato con dovizia di argomentazioni ineccepibili il contesto nel quale si inseriscono le riforme della Giustizia, sia quelle attuate con la cosiddetta riforma Cartabia, sia quelle annunciate dal ministro Nordio.
Ad abundantiam, ed ad sustinenda onera, al lettore va rassegnato anche quanto segue.
L’idea che sta alla base della riforma è che reati come il sequestro di persona, le frodi informatiche, i furti pluriaggravati, le lesioni personali dolose, la violazione di domicilio, e numerosi altri siano reati che offendono unicamente interessi “individuali, di natura privatistica” e, tutto sommato, fatti di scarsa rilevanza, mentre invece si tratta di reati che, oltre a coinvolgere beni di rango costituzionale (come la libertà personale, l’incolumità fisica, l’inviolabilità del domicilio, la proprietà privata), hanno anche un riverbero su interessi collettivi e cioè il generale pacifico godimento di tali beni ed esercizio di tali diritti.
Già da subito è stato rilevato, sul territorio nazionale, da parte di chi ha potuto sperimentare i nuovi magnifici orizzonti tratteggiati dalla Cartabia quanto segue : arresti non convalidati perché, anche a fronte di condotte gravi poste in essere da soggetti plurirecidivi, non vi è stata la possibilità materiale di individuare la persona offesa o contattarla tempestivamente per chiederle se fosse sua intenzione sporgere querela (persone offese straniere, non raggiungibili, non individuabili). Il furto di una bicicletta o di qualsiasi bene, che non abbia un elemento identificativo che consenta di risalire con immediatezza al proprietario, viene di fatto depenalizzato, perché, posta la generale sostanziale impossibilità di risalire agli autori del reato in un momento successivo (oltre 90% dei furti viene archiviato perché ignoto l’autore del reato), da oggi non sarà possibile neanche procedere all’arresto in flagranza. Si sottolinea che dal 2016 al 2020 sono stati denunciati “quasi sei milioni di furti”, il che in effetti appare una buona spia della “marginalità” del fenomeno…
Stesse considerazioni si potrebbero fare per moltissimi altri reati, ad esempio per le crescenti e sempre più allarmanti frodi informatiche e truffe on line, che finiranno con il minare ancor di più la fiducia verso l’utilizzo di tali mezzi di commercio o comportare costi enormi riversati sull’utenza, a fronte del continuo sollecito per l’utilizzo della moneta elettronica rivolto ai consumatori…
La procedibilità a querela, si dice, consentirà, una definizione del processo mediante condotte riparatorie e percorsi riparativi. Posto che in numerosissimi casi non vi sarà querela per la generale (e sempre più giustificata) sfiducia verso il sistema penale nel suo complesso, ciò che evidentemente sfugge agli accademici e a chi da troppo tempo si è discostato dalla giurisdizione è che quando la commissione di determinati reati è seriale, il risarcimento per quei limitatissimi casi in cui viene individuato il responsabile del reato rappresenta un rischio calcolato assolutamente conveniente. Già con l’introduzione dell’art. 162 ter c.p.(che ha in comune la stessa logica e verosimilmente la stessa paternità della Cartabia) si è di fatto consentito a truffatori o ladri seriali di estinguere quei reati per i quali erano stati individuati come responsabili (l’1%) attraverso la semplice restituzione del maltolto (e un modestissimo indennizzo ulteriore, richiesto dalla giurisprudenza, ma non dal legislatore).
Si punta alla riduzione dei procedimenti, ma ciò dovrebbe avvenire eliminando le ridicole e insulse violazioni che ledono interessi puramente formali o beni la cui tutela dovrebbe essere rimessa all’Autorità amministrativa, e non sacrificando i beni che sono alla base stessa di qualsiasi sistema penale, in qualsiasi parte del mondo ed in qualsiasi epoca: la libertà individuale, l’incolumità fisica, il patrimonio.
Non si comprende, tra l’altro, che più diventa palese e notoria l’assenza di effettività del sistema sanzionatorio maggiori sono i reati commessi (i veri cari concetti di prevenzione speciale e generale). Come ben sanno coloro che hanno qualche anno di esperienza con il diritto penale, non è affatto insolito imbattersi in soggetti che sono stati già definitivamente condannati 30, 40 o 50 volte: mi chiedo in quale paese del mondo ciò avvenga!
Infine, last but not least, ma vi immaginate, alle nostre latitudini (dove abitualmente si rivolge l’invito a “cercarsi un amico“), cosa accadrà al momento in cui la parte offesa dovrà valutare se presentare o rimettere una querela…?
Meditate gente, meditate !