Dialogo con un giovane - Live Sicilia

Dialogo con un giovane

Un ragazzo di 19 anni mi ha chiesto se esiste la "buona politica". Voi cosa gli avreste risposto?

PALERMO – Stavolta il mio commento su quanto sta accadendo nei palazzi della politica siciliana, purtroppo il solito desolante spettacolo, è il seguente dialogo con un giovane di appena 19 anni, lo chiameremo Giovanni, che mi ha rivolto recentemente questa domanda: “Pippo, tu scrivi spesso di buona politica, ma cos’è veramente la buona politica? Esiste davvero? A me piacerebbe impegnarmi, però mio padre dice che per fare politica bisogna avere i scagghiuna”, cioè, per i forestieri, essere privi di scrupoli.

Già, cos’è la buona politica e se esiste davvero, una bella domanda che mi pongo quotidianamente, soprattutto in terra di Sicilia dove scontiamo da tempo immemorabile gli effetti della cattiva politica, delle collusioni tra mafia ed esponenti delle istituzioni, delle azioni irresponsabili, o dell’immobilismo, di una casta preoccupata unicamente di conservare potere, privilegi e ricche indennità, magari vantando un’autonomia speciale con la spocchia e la faccia di bronzo di chi si ritiene puro e bravo. In una Sicilia dove alle parole non corrisponde ciò che realmente si pensa, si è capaci di litigare brutalmente per mesi e un secondo dopo tutti amici perché si è riusciti ad “appattare la settanta” nel gioco della composizione e ricomposizione della mappa del potere. In una Sicilia dove gli elettori hanno votato il peggio e poi, sentendosi traditi nelle loro private aspettative, esprimono la rabbia con l’antipolitica di maniera, pure appresso ai leghisti, o l’astensionismo un po’ vigliacco.

Complicato spiegare a un giovane cos’è la buona politica e se ha riconosciuta cittadinanza da qualche parte che non sia il cervello bacato dei noiosi e antipatici idealisti. Rischi di apparire non credibile, velleitario o, nella migliore delle ipotesi, un povero sognatore destinato alla marginalità. “Ti faccio io una domanda Giovanni – gli dissi – qual è secondo te il più grande complimento che si possa fare a un politico secondo il pensiero prevalente?”. “Non saprei – mi rispose perplesso – di essere onesto?”. “No, Giovanni, di essere furbo, furbo nel tutelare le convenienze personali, degli amici, del partito o corrente d’appartenenza, uno che sa organizzare il consenso con ogni mezzo, se sbrigativo o, addirittura, immorale poco importa, uno che rinuncia a pensare con la propria testa in cambio di incarichi e prebende, che riesce a fiutare dove spira il vento e, se necessario, cambiare casacca. E sai qual è invece, sempre secondo il pensiero prevalente, la critica più pungente? Mi dirai, di essere un disonesto. No, Giovanni, di essere un ingenuo, uno che vive di fumo, intendendo per fumo valori, principi, cura degli interessi generali, mentre l’arrosto sta altrove, uno che si ostina a preferire la libertà ai trenta denari.

Adesso, tenterò di spiegare come io intendo la politica. Per me è una missione, come il sacerdozio. Conseguentemente, il politico che tradisce la sua missione, servire la comunità, è come il sacerdote che tradisce gli ordini sacri e, per me credente, ne dovrà rispondere a Dio. Un’esagerazione? Non credo proprio. Il sacerdote aiuta gli uomini a salvarsi per l’eternità, il politico dovrebbe aiutare gli uomini a vivere meglio nel presente, assicurando l’affermazione dei diritti, del merito, della legalità, riducendo le ingiustizie, le diseguaglianze e impedendo ogni forma di sopraffazione dell’uomo sull’uomo in nome del dio denaro. E’ buona politica scegliere avendo come unico riferimento i bisogni della gente, mediare sugli strumenti mai sui valori, avere una visione che coinvolga le future generazioni mettendo nel conto l’impopolarità e l’incomprensione di chi guarda, egoisticamente, esclusivamente all’immediato. Buona politica è sobrietà, anche e soprattutto nello stile di vita, rinuncia ad ogni privilegio, è freno alle ambizioni personali irragionevoli, è avere senso della misura, rispetto delle persone, dell’ambiente, del tempo, è consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti. E’ dare spazio ai giovani. Un buon politico ottiene il consenso come frutto di una fatica costante per la collettività e non come corrispettivo dei favori elargiti a chi pascola nel suo recinto”. “Quindi, mio padre ha ragione?” esclama Giovanni con un’espressione sconfortata. “Io lo so, caro Giovanni, che le vicende della vita sembrano dare ragione ai politicanti e non a coloro che lavorano alla fucina della buona politica, ma è uno dei pochi casi in cui preferisco avere apparentemente torto per non essere condannato dalla mia coscienza. Sai, se ognuno decidesse di non consentire a nessuno di uccidere la speranza che è in lui non ci sarebbe più posto per meschini faccendieri, mediocri personaggi, falsi profeti travestisti da politici, e sarebbe tuo padre ad accorgersi, con sua soddisfazione, di avere torto. In definitiva, il nostro destino dipende da noi caro Giovanni, solo da noi. Se saremo in tanti a crederci, quelli con “i scagghiuna” prima o poi perderanno e vinceranno coloro che hanno a cuore, animati da passione civile autentica, il bene comune”. Chiedo ai deputati nazionali, regionali e dirigenti di partito siciliani: voi cosa avreste risposto a Giovanni?

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