Bagheria, Casteldaccia e Altavilla | Flamia racconta 30 anni di omicidi - Live Sicilia

Bagheria, Casteldaccia e Altavilla | Flamia racconta 30 anni di omicidi

La stagione del terrore insanguinò le strade di una fetta della provincia di Palermo. Molti di quei delitti sono rimasti irrisolti. Ora, però, ad aprire uno squarcio arrivano le dichiarazioni di Sergio Flamia, il nuovo pentito di Bagheria.

PALERMO – Il “Triangolo della morte”. Fu la cronaca, allora, a imporre la macabra definizione. Fra Bagheria, Casteldaccia e Altavilla Milicia i morti ammazzati si contavano a decine. Era la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. La stagione del terrore insanguinò le strade di una fetta della provincia di Palermo. Molti di quei delitti sono rimasti irrisolti. Ora, però, ad aprire uno squarcio arrivano le dichiarazioni di Sergio Flamia, il nuovo pentito di Bagheria.

Flamia oggi ha 51 anni. La mappa del potere al momento del suo arresto – i carabinieri del Comando provinciale di Palermo gli misero le manette nel maggio scorso – lo piazzava al vertice del clan di Bagheria. Braccio destro del presunto capo, Gino Di Salvo, la sua carriera criminale, però, sarebbe cominciata molto prima. Prima ancora di diventare factotum di Bernardo Provenzano e, più di recente, del capomafia di Bagheria, Pino Scaduto. Affonderebbe le radici proprio negli anni del “Triangolo della morte”.

Ecco perché oggi Flamia conosce i segreti di una quarantina di omicidi. Molti dei quali per avervi partecipato in prima persone. Alcuni perché gli sarebbero stati riferiti da altri mafiosi. E di cose da raccontare di quella lunga stagione di sangue ce ne sono parecchie. Nel 1982 cadono sotto il piombo dei killer, a Bagheria, Cosimo Manzella e Michelangelo Amato. Erano entrambi di Casteldaccia dove, pochi mesi dopo, in una villa fu freddato Gregorio Marchese. A distanza di alcuni giorni stessa sorte toccò, ma a Villabate, a Salvatore e Pietro Di Peri. Poi, nell’ordine, a Mario Prestifilippo, considerato un sicario della cosca dei Greco della borgata palermitana di Ciaculli. In mezzo, gli omicidi della madre, della sorella e della zia del pentito Francesco Marino Mannoia.

Di alcuni delitti ha parlato anche un altro pentito Gaetano Grado, oggi sotto processo assieme a Totò Riina. Il dibattimento, alle battute finali, si concentra tra gli altri sugli omicidi di Francesco Baiamonte (Casteldaccia, 1989), Antonino Asptti (Casteldaccia, 1989) e Pietro Messicati Vitale (Bagheria, 1988). Anche su questi Flamia potrebbe raccontare la sua versione.

E poi ci sono gli omicidi di cui ha già parlato il pentito di Ficarazzi, Stefano Lo Verso, che ha raccontato di avere saputo che “lui (Flamia ndr) aveva commesso diversi delitti in compagnia di Onofrio Morreale… quando ci fu alla Matrice che uccisero Nino il Carabiniere, Scaduto, dice che fu Sergio Flamia… e altri omicidi fra cui il Comparetto mi diceva che avevano ucciso un tale una volta, si trovavano alla Punta Guglia, c’era un negozio di ottica dice, e il Morreale si abbracciò con questo titolare del negozio di occhi… di ottica, e il Comparetto dice: ah se sapessi, dice, di tuo suocero, chi lo ha ucciso! Ho detto: perché? Dice: perché, suo suocero non fu mio padrino dice, con Sergio? Però dove è stato l’omicidio non lo so e chi è questo soggetto io non lo so, so che è il suocero che è morto, di questo, di questo che aveva l’ottica alla Punta Guglia”.

Flamia continua a riempire verbali. Nella località segreta dove è stato trasferito sta ricostruendo trent’anni di mafia. Trent’anni di lotte per il potere, di faide e sangue.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI