Un uomo solo - Live Sicilia

Un uomo solo

Alla luce dell'ennesimo risultato negativo, in casa rosanero parte la scontata caccia al colpevole. Calciatori, pubblico, scelte errate in campagna acquisti, tutto si riduce all'operato di un tecnico che, senza dubbio, non ha indovinato la stagione giusta sulla panchina del 'Barbera'.

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PALERMO – Tutto si compie sull’ultimo flebile colpo di testa. Consigli si affloscia e para col sorriso del colpaccio. L’arbitro fischia. C’era una volta il calcio a Palermo. C’era Javier Pastore e dicevano che non era buono. C’era Edinson Cavani e il lungimirante e spettabile pubblico lo fischiava. C’era Guidolin e quando perse con l’Inter mormorarono: “Unnu vosi vincere u’scudetto”. Ora c’è Gasperini, solo soletto, sommerso dai fischi, nel gelo del ‘Barbera’. C’è un’ipotesi di squadra che potrebbe chiedere la sponsorizzazione del tonno Rio Mare, a buon diritto, visto che si taglia con un grissino. C’è un presidente che ha costruito un tesoro per dissiparlo e darlo via. Sarà una fine strategia imprenditoriale, purtroppo noi che di economia ne sappiamo niente e che avremmo difficoltà con le divisioni a due cifre proprio non cogliamo il recondito lampo di genio. Però non dubitiamo di Zamparini: mandare via i campioni e comprare i brocchi deve essere l’espediente suggerito da qualche libro di finanza. Gradiremmo una copia a casa col mitico Giacomino per la traduzione.

Ma l’immagine dello sfacelo è sul prato, nella camminata lenta di un uomo che ondeggia verso il tunnel. Gli toccano le forche caudine della curva, in quello che potrebbe essere uno degli atti finali con l’anima rosanero addosso. Dispiace per noi e dispiace per Gasperini che è un mister galantuomo, colto in un momento tremendo. Sul suo destino si sono incrociate due strade senza uscita. La tragedia della morte vicina dei genitori, dolore vero, non il dispetto del gol mancato. Nessuno ne accenna col dovuto stile, forse perché pensiamo che i signori del pallone, pieni di soldi come sono, non abbiano diritto alla sofferenza delle persone semplici. E c’è il piccolo dramma di un Palermo lanciato verso il ritorno in B dopo un’epoca d’oro, talmente luccicante, da farci dimenticare il sapore che ha la discesa nel purgatorio.

Cosa ci raccontano i piedi di Giampiero che corrono lenti verso il loro destino? Che questa squadra non era sua. Non lo è mai stata. Lui l’ha presa per un giro di giostra, per quelle sfide che ti spingono a tornare nel calcio che conta e che canta con tutta la voglia di rivalsa di uno che è stato considerato prima il reuccio incontrastato della tattica di un mirabile Genoa, poi lo scemo del villaggio nerazzurro. Gasperini è salito sul pullman di Zampa, col solito biglietto di andata garantita, senza certezza del ritorno. Ed è affondato sulla tolda, in silenzio. Guardate l’umile Atalanta, rabbiosa nel contendere ogni centimetro. Guardate Colantuono, ossesso oltre il novantesimo. Gasp non ci ha messo il sangue. E’ rimasto congelato nell’impotenza.

Comunque vada il suo triste passo di arrivederci o di addio verso il tunnel narra la fine. Non tanto per la probabile retrocessione, a meno di graditissimi miracoli. Ma perché è stata data ai cani una ricchezza inestimabile: quel mecenatismo intelligente che regalava alle latitudini rosanero campioni e bel gioco, sempre criticati da ineffabili tifosi. Si resti o si tolga il disturbo, sarà difficile respirare la quota di partite ad alto livello, da eguali o quasi, con gli squadroni del Nord. Accadeva un tempo.

E qui c’entra l’ombra, l’ospite non esplicito che ha accompagnato il mister sotto i fischi della Sud. Maurizio Zamparini ha deturpato il capolavoro che aveva creato con la svendita dei gioiellini di famiglia. In fondo siamo pari. Zampa toglie ciò che ha regalato. Lo ha scippato alle parole della gente, ai sogni. Appena fuori dallo stadio si chiacchierava con rassegnazione di traffico e di lunedì, non di Garcia, né di Gasp, né di Boselli. E’ la nuova normalità. C’era una volta il calcio a Palermo.


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